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Sfilata galeotta sul palco dell’Ariston

Sanremo. "Codice a sbarre", la casa di moda nata in un carcere femminile ha curato il look di Francesco Tricarico. Testimonial? «E' stato lui a cercarci..». In edicola con VITA!

di Daniela Verlicchi

Temi difficili, parole semplici. È questo che piace di Francesco Tricarico. Da quel «Buongiorno, buongiorno. Mi chiamo Francesco?» di otto anni fa, sappiamo che non ama molto la sua maestra delle elementari e che riesce a mettere in musica sentimenti complicati (i suoi), chiamandoli per nome. Senza tanti giri di parole. Per questo è piaciuto a Codici a sbarre, la linea di abbigliamento disegnata da cinque detenute del carcere di Vercelli che lo ha scelto come testimonial. O meglio, Tricarico ha scelto loro. «Mi ha chiamato la manager qualche mese fa e mi ha chiesto di vestirlo per il festival Sanremo. ?Gli piace il vostro stile?: questa l?unica spiegazione che mi ha dato», rivela Caterina Micolano, che di Codici a sbarre è il direttore generale. Così nasce la collaborazione che ha portato sul palco dell?Ariston i capi di Cdsb. Dalla prima all?ultima serata. Lo stile di Codici, Tricarico l?ha scoperto il 3 dicembre scorso, all?Ondanomala di Milano, in occasione della sfilata della collezione autunno-inverno del marchio. C?era anche Gianna Nannini, sua cara amica, da anni sostenitrice del progetto Codici a sbarre. «È venuto in punta di piedi, incuriosito dal fatto che per la prima volta Gianna si era fatta coinvolgere in una iniziativa benefica», racconta la Micolano. Forse ora ha capito il perché. Da quell?incontro, è nato l?interesse di Tricarico per Codici a sbarre, complice anche il fatto che l?artista condivide il management con la Nannini. «Francesco ha un gusto sportivo, ma coerente con i canoni classici dell?eleganza.

Righe orizzontali

Righe orizzontali, ovviamente. Ma anche cotoni, gessati e abiti casual. È lo stile di Codici a sbarre, il marchio di abbigliamento nato nel 2004 da un progetto di imprenditorialità sociale in carcere. L?obiettivo era dare un?opportunità lavorativa a chi è doppiamente emarginato perché donna e carcerata. Il progetto parte in forma sperimentale nel 2002: a quattro detenute del carcere di Vercelli è affidata la parte creativa. Disegnano abiti, affiancate da uno studio di creativi locale. All?interno del penitenziario di Vercelli viene allestito anche un laboratorio dove si realizzano concretamente gli abiti. Col tempo, al progetto aderiscono diverse cooperative sociali del consorzio Armes alle quali viene appaltata parte della produzione che nel frattempo è cresciuta. Nel 2004 tutto questo diventa una vera e propria impresa e un marchio registrato. Possiede una rete distributiva e negozi in tutta Italia. Nel 2008 il marchio sbarca a Sanremo.

www.cdsb.it

Per lui, la praticità viene prima di tutto», spiega la ?stilista penitenziaria?. Uno stile che si adatta perfettamente a quello della linea che lei dirige. «Non è stato difficile vestirlo per le serate di Sanremo: ci siamo accorti da subito che era abituato a portare i nostri abiti». L?artista, infatti, veste normalmente Codici a sbarre. Per scelta, non per contratto, chiarisce la Micolano: «È un nostro supporter: non gli abbiamo chiesto di firmare un contratto per pubblicizzare i nostri abiti». Sul palco dell?Ariston però ha indossato abiti ideati apposta per lui e per la sua canzone: Vita tranquilla. Un matrimonio riuscito.[..]

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