Cultura

Don Vitaliano: in che cosa credo. Così ribelle, così fedele

Cita a memoria le confessioni di S. Agostino, ammira incondizionatamente il Papa, si professa devoto di Maria.

di Ettore Colombo

“Non so se l?obbedienza sia una virtù. Di sicuro credo che quantomeno debba essere dignitosa. ?In piedi?, come diceva don Tonino Bello. Ma è un voto, quello dell?obbedienza, e io lo rispetterò”. Parola di don Vitaliano Della Sala, parroco di Sant?Angelo a Scala, provincia di Avellino, seicento anime abbarbicate sulla montagna e oggi in rivolta perché il superiore di don Vitaliano, Tarcisio Nazzaro, abate di Montevergine (la diocesi di cui fa parte Sant?Angelo è detta infatti ?abbaziale?), vuole privare il paese del suo parroco. Ce l?hanno da dieci anni, don Vitaliano. Stavano per preparargli una grande festa per celebrare l?incontro tra il pastore di anime e i suoi fedeli, singolari ed eccentrici entrambi. E ora sono scesi in piazza per difenderlo: vecchine, pensionati, impiegati del Comune, vigili urbani, sindaco post diccì e locale esponente di An. «Non create rotture, non uscite dalla comunione con la Chiesa, accogliete don Luciano e collaborate con lui volendogli bene come ne avete voluto a me. Non sradichiamoci da Cristo». Firmato, don Vitaliano della Sala, mica don Camillo. O, peggio, Peppone con la sottana da prete. Don Vitaliano è timido, gentile. Poi, certo, non ha un momento libero: ora lo chiama padre Alex Zanotelli («Salutami tua sorella»), ora lo vuole intervistare il New York Times, ora riceve la solidarietà di operai, no global, politici, ma i suoi pensieri fissi e principali sono ancora, e come sempre, per i suoi parrocchiani ?normali?. Solo quando può si dedica all?altro gregge, quello dei no global. Certo, vero è che non ne manca di tempo libero, a Sant?Angelo a Scala (anche se oggi ne ha meno). Forse, però, pensiamo per un attimo, abbiamo sbagliato persona e abbiamo intervistato un omonimo di don Vitaliano Della Sala, il ?prete rosso? che partecipò al Gay Pride nell?anno del Giubileo (?i femminielli? se li portò fino in chiesa). Che andò fino in Chiapas e chiese al subcomandante Marcos di farlo ?zapatista ad honorem?. Mah. Che fece sventolare la bandiera della Cuba di Castro sotto embargo sulla sua parrocchia. E vabbé. Che porta al collo una sciarpa con i colori della pace (ma siamo sicuri che è peccato?). Che è andato al G8 di Genova (con le tute bianche, in prima fila, e ce lo ricordiamo ancora: aveva paura, come tutti) e a Firenze (tutto bene), a Belgrado e in Iraq, a protestare contro le guerre passate e venture (faceva male?). Invece è proprio lui che abbiamo intervistato, non un suo sosia: don Vitaliano Della Sala, 38 anni, nativo di Mercogliano, provincia di Avellino. Prete di campagna, prete cattolico. Per scelta, per fede e per impegno. Vita: Don Vitaliano – scusa se ti do del tu, ma pare usi, tra compagni? quando hai sentito la chiamata? don Vitaliano: A dieci anni, la prima volta. Anche prima, forse. Mi piaceva l?idea. Poi mi sono chiesto se ero nel giusto, se la sentivo davvero la vocazione. Mi sono risposto di sì. Poi, certo, potrei aggiungere con una battuta che non volevo fare il militare? Nel senso che ero e sono un uomo di pace. E di Dio. Vita: Inizi difficili, travagliati, però, i tuoi? Ti hanno persino cacciato dal seminario? don Vitaliano: Vero: ero insofferente dell?autorità. Sono stato espulso dal seminario di Benevento per indisciplina, poi riammesso a quello di Napoli ed espulso anche da lì. Gli studi teologici li ho completati presso la Pontificia Università Lateranense. Nel 1992, finalmente, sono stato ordinato sacerdote e mi hanno mandato apposta in una sede ?scomoda?, quella di San Giacomo Apostolo a Sant?Angelo a Scala. Le prime proteste che feci pubblicamente, suscitando grande scalpore, furono contro gli sprechi del terremoto in Irpinia. Vita: Ecco, parliamo un po? della tua vita in parrocchia. Perché tu fai vita di parrocchia, vero? don Vitaliano: Guarda, tu sei simpatico, ma la trovo un po? offensiva la domanda. Chiedi pure ai miei compaesani. Oppure fidati di quello che ti dico: non ho mai saltato una messa domenicale in dieci anni, tranne che durante le vacanze. Il resto dell?anno i miei parrocchiani sanno che mi trovano sempre al mio posto, in chiesa: ogni settimana, per esempio, non solo porto i sacramenti, ma la messa in quanto tale la dico a casa di una donna ammalata. Lei non può muoversi per andare da Cristo e allora è Cristo che va da lei. Svolgo una vita normale, a Sant?Angelo: confesso, battezzo, celebro funerali e seguo le processioni. Dalle mie parti sono molto devoti alle reliquie di San Silvestro Papa. Solo il catechismo preferisco che siano delle maestre, laiche, a farlo ai bambini. Io ci gioco, ma a insegnare sono più brave loro. Però fino all?anno scorso sono stato cappellano dell?Azione cattolica. E tutti erano contenti della mia opera. Anche quando hanno ospitato i ragazzi dei centri sociali non si sono mica spaventati. Hanno detto: vogliamo conoscere, prima di giudicare. E si sono trovati bene tutti. Ora ospito in parrocchia una famiglia di immigrati serbi. Vita: Senti, non vorrei proseguire sull?offensivo, ma tu ci credi davvero nei dogmi di fede della Chiesa? don Vitaliano: Ci mancherebbe altro! Sono un prete cattolico e credo a quanto ho appreso e mi dice la mia fede. Verginità di Maria, transustanziazione, Trinità e tutto il resto sono verità rivelate, dogmi, per me. Dopodiché mi piacerebbe poter discutere di più dell?impegno sociale della Chiesa cattolica, che spesso manca. Ma tra tutti i dogmi e precetti ?canonici? mi piace ricordare quello della verginità della Madonna e del celibato dei preti: un fatto necessario e un vero atto di libertà. Per me non è affatto un peso, una rinuncia, anzi: credo che sia davvero impossibile fare il prete, da sposato. Poi, certo, vorrei che fosse una libera scelta. E tante altre cose vedo, all?interno della mia Chiesa, ma vorrei avere lo spazio e il tempo per parlarne, per discutere. E invece mi ritrovo messo da parte. Sai, l?idea di non poter più dire messa mi angoscia e alla sospensione a divinis nemmeno voglio pensare. Vita: Mi citi i passi del Vangelo che ami di più? E non venirtene fuori con la storia della cruna dell?ago? don Vitaliano: Guarda, quello di domenica scorsa, naturalmente: Matteo, 25. «Dare da bere agli assetati», eccetera. Ma anche un altro passo mi ha sempre colpito, quello in cui Pietro non vuole che Gesù gli lavi i piedi (Giovanni, 13). Pietro non vuole scoprire la parte più sporca di sé, ma Nostro Signore non gli chiede solo un gesto di umiltà, ma anche un gesto di coraggio: «Io sono come te», gli dice. Sai, ci vuole tanto coraggio, non solo tanta umiltà, per mostrare i propri difetti. Per mostrarsi se stessi. Vita: Letture del momento. Bibliche, intendo… don Vitaliano: Le riflessioni sulla pace di don Tonino Bello, in questo periodo, mi fanno pensare molto. Ma anche un libro di un biblista, Alberto Maggi, dei Servi di Maria, sulle preghiere e sulle beatitudini. E poi Sant?Agostino, il mio preferito. Nelle Confessioni, al capitolo III, a un certo punto racconta della morte di suo fratello e dice «Beato chi ama Te, Signore. Il nemico è in Te, l?amico è in Te, tutto è in Te. Non si perde mai una persona cara se si hanno tutti cari. Bisogna amare gli altri in Te, in Colui che non si è mai perduto». è di una forza, di un?umanità, quel passaggio, eccezionale, stupenda. Vita: Cosa pensi del magistero del Papa, di Giovanni Paolo II? don Vitaliano: è un Papa eccezionale, che ha combattuto con la stessa forza i regimi comunisti dell?Est e il capitalismo feroce dell?Ovest: un personaggio grandissimo. Il dialogo con gli ebrei, i musulmani, le altre religioni che ha compiuto sono state parole e gesti altamente profetici e di pace. Su alcuni temi, certo, come la sessualità, vorrei che si aprisse un dibattito, nella Chiesa, vorrei poter discutere. E poi, sulla pace come sull?accoglienza dei fratelli immigrati abbiamo bisogno di non essere lasciati soli, noi preti e vescovi di frontiera, dall?intera Chiesa italiana. Chiesa che fa tanto, su questi temi, ma che deve far in modo di tradurre le parole in atti. Basterebbero gesti comuni, quotidiani. Vita: Quanto Dio e quanto Gesù c?è, don Vitaliano, a Sant?Angelo? E in un centro sociale? E nel mondo? don Vitaliano: A Sant?Angelo Scala tantissimo e la cosa che più ferisce me e i miei parrocchiani è dire che io li ho usati. Cercherò di spiegarlo al mio vescovo, l?abate di Montevergine, che mi ha tolto la parrocchia. Ma cercherò anche di aiutare questo nuovo giovane parroco che arriva qui dall?Argentina e che ha bisogno di essere accolto bene. Nei centri sociali, ti sembrerà strano, ma a volte lo incontro spesso Dio, se ne parla e mi chiedono di parlarne spesso, in tante occasioni. Il mio amico Casarini, ad esempio, è uno con cui discuto spesso di teologia, ed è anche preparato, sul tema, sai?. Ma metà del movimento no global è cattolica, per estrazione o per scelta, felice di esserlo. Non mi sembra che l?altra metà la condanni o la allontani per questo. E poi, sai come si dice, no? Dio parla anche dove non si parla di lui. Nel mondo, invece, non so, ma io ci parlo spesso con Dio, specie in macchina, nei miei lunghi viaggi. Mi ci confronto, a volte mi ci arrabbio anche. Ma non perdo mai la fede. Vita: Peccati? don Vitaliano: Riconosco tanti errori, come l?eccesso di protagonismo, a volte, e anche altri eccessi, anche fatti se per difendere idee e cause giuste. Sono un uomo, non solo un prete, e sbaglio anch?io, certo. Ora però scusami, ma devo andare: ho un impegno a pranzo. Vita: Ecco, lo sapevo: dovrai vedere qualche sovversivo o qualche leader di Rifondazione? don Vitaliano: A dire la verità, come tutte le settimane, vado in convento, a mangiare. Con le monache di clausura. Le sue colpe Don Vitaliano Della Sala fin dai primi anni di seminario ha avuto un tenore di vita tutto suo molto particolare: sempre insofferente di ogni norma, di ogni disposizione e di ogni regolamento. (?) Mescolando sacro e profano, viene il sospetto che in lui vi sia una doppia personalità che si manifesta in una sorta di alienazione del giudizio e nell?assenza di coscienza religiosa. (?) Si è costituito paladino di un tipo di Chiesa alternativa alla Chiesa gerarchica che offende pubblicamente nei numerosi centri sociali notoriamente d?ispirazione comunista (più precisamente di Rifondazione: di qui la sua amicizia con l?onorevole Bertinotti e del rappresentante dei no Global di Napoli, signor Caruso). (…) Pertanto la rimozione urgente dall?ufficio di parroco è un provvedimento ormai inevitabile per il bene delle anime, per la pace nell?unità e per il suo stesso ravvedimento. L?Abate Ordinario della diocesi di Montevergine, sua Eminenza Tarcisio Giovanni Nazzaro osb. La lettera di don Vitaliano ai parrocchiani Non sradicatevi da Cristo Carissimi, dieci anni sono una parte consistente della vita di un uomo e anche di una comunità. Questo tempo che il Signore ci ha dato di vivere insieme, ha segnato indelebilmente la mia vita. (…) Mi avete accolto fino a farmi diventare uno di voi, ma soprattutto avete accolto Gesù Cristo. E questo è ciò che conta veramente, e mi dà il conforto di sapere che i primi dieci anni del mio sacerdozio non sono trascorsi inutilmente. Di fronte all?incontro con Cristo, e lui resta sempre, la mia persona non conta assolutamente nulla. Obbedisco al nostro Abate Ordinario, lascio la parrocchia al mio successore, conservando vivo più che mai il mio sacerdozio, pronto a spenderlo nel modo e nel posto in cui sarò chiamato a farlo. La mia obbedienza è e sarà sempre in piedi. Farò comunque ricorso canonico a un provvedimento che mi sembra ingiusto, utilizzando i mezzi che la Chiesa mi autorizza a usare. Non altri. Non è in mio potere, né voglio, imporvi nulla, tuttavia vi esorto ad accettare la decisione dell?Abate. Ad accogliere don Luciano e a collaborare con lui, senza animosità, con lealtà e franchezza, con dignità, volendogli bene come avete voluto bene a me; e vogliate bene anche all?Abate di Montevergine. Non serve a nulla e a nessuno creare rotture perciò vi scongiuro di non uscire mai dalla comunione con la Chiesa. Io amo la mia Chiesa, l?ho detto tante volte e ve lo ripeto ora che la sua mano dura si abbatte su di me. L?amo perché è di Cristo. La voglio migliore, sempre più fedele a Cristo, non a se stessa. Ma non ne voglio un?altra. Non c?è nulla di definitivo in questa vita; se mettiamo le radici in un posto dobbiamo poi poterci sradicare. Solo non sradichiamoci da Gesù Cristo. Continuiamo a seguirlo, anche quando la nostra sequela ci porta a soffrire, a essere incompresi e combattuti dagli altri. Abbiamo imparato a testimoniare la nostra fede senza paure, senza servilismi, senza idolatrie. Spero che mi ricordiate con affetto, senza fare di me né una vittima né un eroe, ma semplicemente un prete, uno di voi. ?Smetto di servirvi ma non smetterò mai di amarvi?. Vi abbraccio. don Vitaliano Della Sala, 1dicembre 2002


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