Formazione

Infermieri: quelli stranieri in Italia sono 20mila

Rappresentano quindi il 6% del totale

di Redazione

Sono almeno 20 mila gli infermieri non italiani che lavorano in ospedali e case di cura del nostro Paese. Quasi il 6% del totale, suddivisi in 13 mila comunitari o neo-comunitari e circa 7 mila extracomunitari. Questi i numeri che emergono dall’inchiesta sugli infermieri stranieri nella Penisola, pubblicata sull’ultimo numeri di Popoli, mensile internazionale dei Gesuiti. “Gli infermieri del Sud del mondo lasciano sguarniti i sistemi sanitari locali – evidenzia il mensile – Da noi trovano il benessere, ma a volte anche sfruttamento e illegalita’”. Per far marciare a regime il nostro sistema sanitario, inoltre, mancherebbero all’appello almeno 50 mila infermieri. Che l’Italia cerca di recuperare attraverso la formazione universitaria e, appunto, il ‘reclutamento’ all’estero. “La necessita’ e’ cosi’ radicata che la cosiddetta Bossi-Fini, la legge sull’immigrazione in vigore, prevede un canale d’ingresso preferenziale, creato ‘ad hoc’ proprio per gli infermieri. La legge inserisce gli infermieri in una categoria di stranieri privilegiata, classificandoli tra i cosiddetti fuori quota (come i calciatori super-pagati e i manager delle aziende giapponesi): immigrati, cioe’, considerati fondamentali per il funzionamento del sistema-Italia e che, per questo, godono della prerogativa di ottenere il permesso di soggiorno senza sottostare alle incerte procedure del decreto flussi annuale”. In pochi anni questo canale privilegiato ha portato in Italia 20 mila infermieri stranieri. Piu’ numerosi nelle regioni del Nord rispetto a quelle del Sud, a volte raggiungono quote importanti come a Trieste, dove il 10% degli infermieri e’ di nazionalita’ slovena. O in grandi strutture private come nell’ospedale San Raffaele di Milano, che conta il 18% di infermieri non italiani.


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