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Adozioni ai single: «l’Europa sbaglia»

Concordi le associazioni: «È un modo sbagliato di impostare il problema». Ed elencano le vere priorità del pianeta adozioni: una banca dati europea e maggior capacità di abbinare ogni bambino alla fam

di Sara De Carli

Ha fatto scalpore l?intervista di Vita a Maud de Boer-Buquicchio, la vice segretario generale del Consiglio d’Europa, che ci ha anticipato i contenuti della nuova Convenzione europea sulle adozioni, all?esame del Comitato dei Ministri di inizio maggio. Tra le novità, apertura prescrittiva delle adozioni ai sigle e apertura di principio (su cui però i singoli stati potranno decidere liberamente) sulle adozioni a coppie omosessuali.
I politici hanno colto al balzo la palla, Isabella Bertolini (Fi), Roberto Calderoli (Lega) e Barbara Saltamartini (An) in testa. Ma cosa ne pensano i diretti interessati? Abbiamo fatto un giro di telefonate tra alcuni enti autorizzati alle adozioni e associazioni di famiglie adottive e abbiamo scoperto una posizione comune: è una discussione sintomatica del fatto che in materia di adozioni il punto di vista è sempre e solo quello dell?adulto e di un suo presunto diritto ad essere genitore. Mentre ? insistono tutti ? bisogna ribaltare la questione: guardare le cose dal punto di vista del minore e del suo diritto ad avere la migliore famiglia possibile. «Sui single la legge già oggi consente deroghe, nell?ottica dell?interesse del minore e in subordine alle coppie. Ma il Consiglio d?Europa dà indicazioni politiche, e per tali vanno giudicate: è scorretto parlare di diritto di adottare», dice Stefano Bernardi, di Enzo B.

«La Convenzione estende a tutti i soggetti la possibilità di rendersi disponibili ad adottare», precisa Antonio Fatigati, presidente di Genitori si diventa onlus, un’associazione di famiglie adottive. «Rientra nel diritto del minore avere a disposizione il ventaglio di opportunità più ampio possibile, è giusto che anche i single e i gay possano presentare disponibilità, ma è un dovere del sistema sociale far comprendere che nessuno ha il diritto ad adottare un bambino, ma ogni bambino e bambina hanno il diritto che per lui o lei si individuino le soluzioni migliori alla loro crescita. Il problema è che il sistema deve individuare quale sia la migliore famiglia a cui affidare il singolo, specifico bambino: e questo oggi non è una cosa scontata, perché lo si riesce a fare nelle adozioni nazionali, ma non nelle internazionali». Fatigati spiega infatti che il decreto di idoneità valuta le attitudini, ma non stabilisce alcun abbinamento: è quella invece la fase più delicata. «È inaccettabile che bambini stranieri oggi entrino nelle famiglie eterosessuali sbagliate e preoccuparsi per le coppie omosessuali».

Valeria Rossi Dragone, presidente del Ciai, focalizza sui single e confida che sul tema ci hanno ragionato a lungo, per non arrivare impreparati ad un?eventuale modifica legislativa imposta da Strasburgo: «La posizione del Ciai è di una non chiusura ideologica alle adozioni da parte di single, ma nella pratica sappiamo tutti che c?è in Italia come in tutta Europa una grande disponibilità all?adozione da parte di moltissime coppie eterosessuali: porsi dalla parte del bambino significa cercare la migliore soluzione possibile, e allora c?è tanta abbondanza di disponibilità tra le coppie che mi sembra difficile pensare di arrivare a fare un abbinamento con un single. Per quanto riguarda l?apertura a coppie omosessuali, bisogna anche tener conto delle indicazioni dei Paesi esteri: quelli con cui lavoriamo noi danno indicazioni piuttosto restrittive già sulle caratteristiche delle coppie eterosessuali».

«Mi stupisce questa battaglia per la libertà degli adulti, dove nessuno difende i diritti della parte più debole, che è il minore», dice Marco Griffini di AiBi. «Ogni persona può decidere liberamente il compagno con cui vivere secondo i propri orientamenti sessuali, ma questa scelta non può ricadere su un minore abbandonato, che ha già vissuto sulla sua pelle il trauma dell?abbandono. Secondo noi per diventare adulti sereni e responsabili il bambino dovrebbe avere modelli affettivi e sessuali che riflettano ruoli chiari e codificati, a maggior ragione un minore abbandonato con i problemi di autostima e ricerca della propria identità che tutti noi del settore conosciamo bene. L?Europa non ha affatto bisogno di aumentare il numero di famiglie accoglienti, ma di dare una famiglia ai moltissimi bambini abbandonati che la abitano: bisogna creare una banca dati europea dei minori in stato di abbandono, eliminare gli affidi sine die e dopo due anni di affido decidere se il minore rientra in famiglia o no, smantellare il mito culturale della famiglia d?origine. Ed è inoltre inaccettabile che uno stato membro dell?Unione europea, come la Romania, continui ad essere chiusa alle adozioni internazionali».

Leggi l’intervista all’origine della polemica.


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