Formazione

Osate la felicità e vivrete altri cent’anni

La sfida educativa secondo Alberto Fantuzzo, leader di Agesci. I ragazzi si conquistano solo con una proposta che lasci il segno. E che li renda protagonisti.

di Sara De Carli

Centouno anni, e nessuna ripartenza. Per Alberto Fantuzzo, classe 1962, neoeletto presidente dell?Agesci, la mutazione adattativa sta nel dna degli scout: «Altrimenti non sarebbero sopravvissuti così a lungo».

Vita: Presidente, come si fa?
Alberto Fantuzzo: Non si tratta di farsi prendere dall?ansia di novità: il mondo cambia a un ritmo che nessuno riesce a sostenere e tutte le proposte – di ricreazione, di divertimento o di educazione – stentano a tenere il passo. Non dobbiamo metterci in concorrenza con le proposte della società, i ragazzi vivono le loro giornate sperimentando mille cose, come si fa con il telecomando: la sfida è fare una proposta per cui valga la pena fermarsi, compromettersi. Lo fanno solo se trovano una proposta qualificata e qualificante.

Vita: Cioè?
Fantuzzo: Che sia un?esperienza che lasci il segno sulla persona umana, in modo integrale: il resto non interessa ai ragazzi. Occorre vedere l?educazione come strumento di cambiamento, avere il coraggio di parlare di felicità, non solo del ?mi piace? o ?mi fa stare bene?. I ragazzi hanno bisogno di sognare, perché senza un pizzico di utopia non cambierà mai niente.

Vita: Quali sono le nuove sfide?
Fantuzzo: Oggi più di cinque anni fa i ragazzi hanno difficoltà nei riferimenti famigliari. Gli educatori scout si fermano sull?uscio di casa, ovvio, però nel nostro lavoro dobbiamo tener conto che i ragazzi hanno più esigenze affettive, a cui è necessario dedicare un impegno maggiore. Quindi occorre valorizzare il piccolo gruppo, dalla squadriglia al clan, non tanto per far passare dei valori ma come luogo in cui sperimentare delle relazioni. Vita:Proposte concrete?Fantuzzo: Funziona bene uno strumento antico: la narrazione. Oggi siamo tutti abituati a vedere le cose da spettatori, mentre la narrazione obbliga a mettersi in gioco. Quindi campo libero a tutte le idee che sollecitino i ragazzi a raccontarsi e a raccontare cose. Un?altra leva è esplorare tutte le modalità di espressione, anche quelle non convenzionali. Se riesco ad attivare il canale espressivo giusto per ogni ragazzo, è più facile che questo trovi la sua capacità di relazione.Vita: Consigli ai capi?Fantuzzo: Il bellissimo slogan di Baden Powell: «ask the boy». L?arte del capo è il saper chiamare ciascun ragazzo per nome, riconoscendo la sua unicità e agendo sempre con il presupposto che in tutti c?è un 5% di buono.

Vita: I ragazzi oggi sembrano allergici alle gerarchie: invece da voi resistono?
Fantuzzo: La gerarchia è di servizio, non di comando. Dividersi gli incarichi rende evidente che tutti hanno un posto nella comunità: è una questione educativa, non organizzativa, che allena al fare ciascuno la propria parte nella società. Che è fondamentale, scout o non scout.


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