Cultura

Giu le mani dalla Fao

L'emergenza fame.Monta al polemica contro l'agenzia Onu che dovrebbe combatterla

di Emanuela Citterio

Sul banco degli imputati questa volta è finita anche la Fao. I disordini ad Haiti, dove la folla affamata ha tentato di assalire il palazzo presidenziale, gli scioperi generali contro il caro prezzi dei prodotti alimentari e le tensioni in diversi Paesi africani, dal Burkina Faso al Camerun, dall?Egitto fino alla Somalia dove la manifestazione di piazza è stata repressa nel sangue, hanno portato in primo piano la stessa domanda che ci si fa nel caso di uno tsunami: era possibile prevedere? La Fao non dovrebbe avere proprio questo compito?

Nel bel mezzo di un fenomeno complesso, c?è chi ha offerto un appiglio: se c?è la crisi alimentare, ha detto il sociologo Jean Ziegler facendo scuola, la colpa è dei biocarburanti e della speculazione finanziaria. Ma secondo gli analisti è una spiegazione riduttiva: di mezzo c?è anche il costo del petrolio e una siccità come non si era mai vista negli ultimi cinquant?anni, che ha penalizzato la coltivazione nei Paesi più poveri. Di certo ci sono i dati: a fine del primo trimestre di quest?anno i prezzi del grano e del riso erano il doppio dell?anno scorso, quello del mais era aumentato di oltre un terzo. E di certo c?è il fatto che il summit della Fao, dal 3 al 5 giugno a Roma, su sicurezza alimentare, cambiamenti climatici e bioenergia, quest?anno si svolgerà in un clima incandescente come non mai.

Siluro dal Senegal«La Fao è uno spreco di denaro e va abolita». A sferrare l?attacco a un mese dal summit è stato Abdoulaye Wade, il presidente del Senegal, uno dei Paesi più colpiti dal boom dei prezzi agricoli, non fosse altro per il fatto che importa l?80% del riso che consuma. Secondo Wade, la Fao dovrebbe chiudere i battenti e trasmettere i suoi utili all?Ifad, un?altra organizzazione delle Nazioni Unite con sede a Roma ma di tipo finanziario, con il compito di erogare fondi per progetti di sicurezza alimentare.

«Quello di Wade suona molto come un attacco strumentale», afferma Pasquale De Muro, docente di Economia dello sviluppo umano all?università Roma Tre, «le sue accuse sono troppo generiche, e se si resta alle parole dette senza vedere cosa c?è dietro, non si capisce il paragone con l?Ifad, che è essenzialmente una banca. La Fao non presta soldi ma ha altri compiti: dare supporto tecnico a istituzioni e organismi che si occupano di agricoltura e fare studi e ricerche». Secondo indiscrezioni, l?attacco di Wade era diretto al presidente della Fao, il senegalese Jacques Diouf, anch?egli senegalese, che, al suo terzo e ultimo mandato, starebbe programmando un ritorno sulla scena politica del Senegal.

Ma c?è chi suggerisce di allargare la prospettiva. «Mentre gli occhi di tutti sono puntati sulla Fao, bisognerebbe guardare altrove: verso la Banca mondiale», afferma Massimo Pallottino, economista ed esperto di istituzioni internazionali. «Wade è un forte sostenitore degli agrocarburanti e neoliberista convinto. Il problema non è che cosa pensa Wade della Fao, ma che tipo di mondo ha in testa. La risposta è che è un tipo di mondo più vicino alla Banca mondiale che alla Fao». Per l?economista è in corso una redifinizione delle istituzioni internazionali e dei loro reciproci ruoli. «La Banca mondiale è riuscita, nonostante i fallimenti delle politiche di aggiustamento strutturale nei Paesi in via di sviluppo degli anni 90, a mantenere un posto centrale a livello internazionale. E sta occupando degli spazi che in realtà erano istituzionalmente mandati ad altre organizzazioni, per esempio alla Fao».

Ad aprile la Banca mondiale ha chiesto 500 milioni di dollari per affrontare l?emergenza alimentare. E per rispondere all?appello gli Stati Uniti hanno sbloccato 200 milioni. «A dare il semaforo rosso o verde sui grandi temi di rilevanza – lo si vede ora nella crisi agricola – è la Banca mondiale». «Una lotta sotterranea fra la Banca mondiale e la Fao è in corso da tempo», conferma De Muro. «La prima ha sempre cercato di fare concorrenza alla seconda». Con un problema: se la Fao funziona secondo il principio delle Nazioni Unite ?un Paese, un voto?, nella Banca mondiale i governi sono azionisti, e contano a seconda di quanto versano. «Esistono già documenti in cui la Fao scompare, o si propone l?accorpamento in un?unica agenzia di Fao, Ifad e Pam», afferma De Muro.

Sos da HaitiSe a Roma o Washington si combatte per mantenere le posizioni, nel mondo la fame resta una tragica realtà: 850 milioni le persone definite «denutrite croniche», 5 milioni i bambini che per malnutrizione non arrivano ai 5 anni. «La crisi alimentare non è cominciata pochi mesi fa, qui va avanti da anni», afferma da uno dei Paesi più colpiti, Haiti, il responsabile dei progetti di cooperazione dell?Avsi, Carlo Maria Zorzi, «è anche il risultato dell?abbandono delle campagne e della mancanza di investimenti nell?agricoltura. Ormai la maggior parte della popolazione di Haiti vive nella capitale, urbanizzata e abbarbicata sulle colline della periferia, nessuno coltiva più la terra».

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