Politica

Fallimenti. Doveva affiancare il servizio civile. Chi ha ammazzato la leva civica?

Nata due anni fa e gestita dai Comuni, offriva un’occasione di impegno più flessibile. Ma non è mai stata finanziata.

di Daniele Biella

Un fuoco fatuo, la leva civica. Nata a inizio 2006 come braccio destro del servizio civile, due anni dopo non se ne parla quasi più. E pensare che diversi Comuni italiani ci avevano creduto, selezionando giovani dai 18 ai 30 anni per offrire loro da due a sei mesi di servizio sociale retribuito, alla stregua dell?anno di servizio civile, appunto, ma senza sostituirlo. «L?impegno per i ragazzi durava meno mesi e c?era molta più elasticità negli orari», spiega Remigio Vignato dell?ufficio Servizio civile di Padova, l?unica città in Italia dove la leva è stata avviata. «Il servizio ha avuto successo da subito: al bando del gennaio 2006 si sono presentati in 70, soprattutto universitari», aggiunge Vignato. «Tra le varie attività i giovani potevano assistere i loro compagni diversamente abili, lavorare in musei e biblioteche comunali, effettuare interventi domiciliari coordinati dai Servizi sociali».Partito bene, quindi. E poi? «Uno scoglio legislativo inaspettato: le Finanziarie successive non davano modo di retribuire i giovani». La soluzione? «Abbiamo dovuto integrare la leva civica in quello da cui voleva differenziarsi, ovvero il servizio civile regionale, che ha a disposizione più fondi ma che elimina i ?vantaggi? di flessibilità della leva». Se a Padova è finita così, a Varese è andata peggio. «Non si è mai fatto nulla. Gli stessi intoppi giuridici non ci permettono di inserire i giovani nell?organigramma comunale, ovvero non possiamo pagarli», spiega Franco Guidari, responsabile Servizio civile del Comune, che prima di bloccare tutto aveva anche avviato una campagna informativa sul territorio. Unica alternativa realistica prima del de profundis, è che la leva civica rimanga un momento di puro volontariato. È quello che succede a Reggio Emilia, a Torino e a Scandicci, vicino a Firenze. «Sono previsti crediti formativi, e l?impegno è ridotto a 2-4 ore settimanali», spiega Giorgia Andreani, referente dell?area Socio-educativa del Comune toscano. «La media è di 30 persone all?anno». Con una retribuzione, anche modesta, è certo che i numeri aumenterebbero. Ma, per ora, tutto tace.

Info: <a href="http://www.padovanet.it/progettogiovani" target="_blank">Progetto Giovani</a>


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