Volontariato
Cooperazione & politica: l’appello del Cipsi
Il coordinamento di ong ha mandato ai responsabili dei programmi elettorali una lettera in cui si chiede attenzione per la cooperazione internazionale.
«In questo importante momento di stesura del programma per le prossime elezioni di aprile, mi rivolgo a te per ribadire l?importanza di un programma elettorale chiaro, semplice, attorno a pochi punti-problemi essenziali che pesano sui cittadini italiani. Un programma che non può però trascurare la dimensione internazionale del nostro Paese, con una precisa garanzia di coerenza nelle politiche e nelle relazioni internazionali, che trovi nella cooperazione lo strumento fondamentale di tutela della dignità umana, dei diritti fondamentali di ogni cittadino e dei beni comuni dell?intera umanità». Comincia così la lettera del Cipsi, uno dei tre principali coordinamenti di ong italiane ai responsabili dei programmi elettorali.
Secondo il Cipsi, un programma elettorale che non presenti un preciso impegno di cooperazione internazionale, «fondato sui valori della solidarietà, sarebbe indice di una proposta politica chiaramente insufficiente oggi a governare un Paese come l?Italia. La solidarietà – cooperazione – è infatti strumento di promozione della partecipazione alla vita civile e politica della collettività: un tassello fondante della democrazia pluralistica».
Il CIPSI ? Coordinamento di Iniziative Popolari di Solidarietà Internazionale ? dall?inizio degli anni ?80 ha svolto un?azione di coordinamento delle iniziative di solidarietà e di cooperazione internazionale realizzate dalle 45 associazioni associate. «Non un semplice luogo di elaborazione e gestione di progetti e di aiuti, quanto piuttosto sede di analisi, attraverso il dialogo ed il confronto con oltre 200 partner di oltre 60 Paesi, di ricerca ed approfondimento delle cause politiche, sociali ed economiche che stanno alla base dell’ingiustizia planetaria» si legge nella lettera. «Riteniamo oggi sia giunto il momento di superare la dimensione del fare ed affrontare le radici dei problemi, senza cadere in quel efficientismo tipico di chi riduce la cooperazione internazionale solo ad un trasferimento di risorse e di tecnologia dal Nord al Sud. Per questo riteniamo che il primo motivo di crisi della politica internazionale e della cooperazione italiana oggi sia dovuto ad una perdita stessa di identità».
«La sfida che siamo ?urgentemente? chiamati a vincere» continua l’appello, «non sta soltanto nell’emanazione di una nuova legge che tenga conto dei cambiamenti avvenuti, ma consiste anche nel rilanciare in modo nuovo la cooperazione internazionale. Una nuova legge infatti, per quanto completa, non sarà sufficiente se la cooperazione non viene ripensata nelle sue radici e nella sua quotidianità. E? indispensabile tener conto dei cambiamenti avvenuti, non soltanto a livello internazionale nella nuova configurazione del mondo, ma anche nella percezione stessa del ruolo dei singoli e molteplici attori in campo. Si pensi, ad esempio, a tutto il settore di quella che viene chiamata ?cooperazione decentrata?, oppure alla ridefinizione del ruolo delle ONG ?Organizzazioni Non Governative?.
Riteniamo, per questo, indispensabile una nuova cultura delle relazioni internazionali, modificando anche a livello legislativo la legge per la cooperazione ? in legge per le relazioni internazionali tra i popoli».
«La cooperazione e la solidarietà internazionali devono essere considerate oggi come cartina di tornasole di quella che potremmo definire una rinnovata giustizia internazionale. Non devono condizionare solo la politica estera, ma anche la politica interna e la politica commerciale. Un asse trasversale di coerenza politica. Ma ciò significa mettere in crisi le scelte economiche e politiche, prendendo atto che la crescita non è vero che sia neutrale, la panacea di tutto! Significa superare il binomio sviluppo-sottosviluppo. Il vero problema del mondo di oggi non è la miseria, ma la ricchezza!
La storia ci dice che troppo spesso attraverso la cooperazione internazionale ed il cosiddetto ?aiuto pubblico allo sviluppo? non solo non si sono risolti i problemi, ma si è peggiorata la situazione. Aiuto e cooperazione sono divenuti, di volta in volta, continuazione della dominazione coloniale, promozione delle imprese e dei modelli produttivi europei e nazionali, occasione per disfarsi del surplus agricolo ed alimentare, creazione di dipendenza politica, ulteriore impoverimento dei poveri. ?Le politiche di sviluppo, concretamente, hanno svalutato e soppiantato le forme di produzione per la sussistenza e le forme di scambio locale, per imporre l?imperativo dello ?sviluppo?. Hanno gettato le basi di un?economia di mercato orientata alla crescita, che significa dipendenza economica della società, moltiplicazione dei bisogni, una maggiore dipendenza individuale e sociale dalla produzione, dal reddito monetario e dal consumo, in una competizione di tutti contro tutti che alza le possibilità di arricchimento solo per alcuni, mentre condanna alla miseria tutti gli altri?. In una parola ?sviluppo e cooperazione? sono divenuti una immensa e programmata fabbrica di miseria. Con una colpa in più, quella di ingannare i più poveri e i più deboli, mostrando loro i lustrini di un modello di società che, nei fatti, premia soltanto i ricchi».
«La cooperazione, se vuole davvero essere se stessa, deve essere attenta non tanto alle strutture o alle infrastrutture, ma alle persone, ai loro diritti, alla loro libertà» conclude il Cipsi. «La libertà infatti, non è operare ciascuno secondo i propri interessi, ma agire ciascuno affermando le proprie idee, esercitando con pienezza i propri diritti, con piena osservanza di quei limiti che ai nostri diritti derivano dall?esistenza dei diritti altrui. I nostri diritti trovano pienezza solo nell?armonizzazione dei diritti di tutti gli esseri umani. Questo è il significato ed il valore di: Solidarietà. Non un gesto, non un aiuto, non un bene, non un progetto? ma equa condivisione e partecipazione ai beni comuni e al soddisfacimento di tutti i diritti fondamentali».
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.