Welfare

Diritti umani, i leader mondiali chiedano scusa

Pubblicato il rapporto Amnesty 2008: «Il mondo è sempre più insicuro e ineguale». E non mancano alcune critiche alle nuove misure sulla sicurezza del Governo

di Chiara Santomiero

Promesse infrante
Sessanta anni di fallimenti in materia di diritti umani: è questo il bilancio impietoso contenuto nel Rapporto annuale 2008 presentato oggi da Amnesty International, che ha chiesto le scuse dei leader mondiali per un risultato davvero deludente, insieme all?impegno a colmare il divario tra promesse e azioni dei governi.

A 60 anni dall?adozione della Dichiarazione universale dei diritti umani ? denuncia Amnesty – la tortura è ancora presente in almeno 61 paesi, processi iniqui vengono celebrati in 54 paesi e in 77 paesi non è consentita la libera espressione delle proprie idee. Il Rapporto, che riguarda 150 paesi, evidenzia che nel 2007 sono state eseguite almeno 1252 condanne a morte in 24 paesi e in altri 45 sono registrati prigionieri di coscienza. Legislazioni discriminatorie contro le donne sono presenti in almeno 23 paesi, in 15 paesi contro i migranti e in 14 paesi contro le minoranze.

Un mondo più insicuro
Secondo Amnesty, “in un mondo che è sempre più in pericolo, insicuro e ineguale”, la minaccia più grave al futuro dei diritti umani è la mancanza di una visione condivisa da parte dei governi che vengono esortati a stabilire un nuovo modello di leadership, basato proprio sui principi della Dichiarazione universale dei diritti umani.
Se Russia e Cina ? soprattutto in occasione delle prossime Olimpiadi di Pechino ? dovranno guadagnarsi il rispetto della comunità internazionale consentendo una più ampia libertà d?espressione e dando prova di maggiore tolleranza verso il dissenso politico, agli Usa è chiesto di respingere senza equivoci l?uso della tortura e della detenzione senza processo giustificati come strumenti di lotta al terrorismo e all?Unione europea di fare luce nella rendition di sospetti terroristi dal proprio territorio e di pretendere dai suoi Stati membri lo stesso rispetto dei diritti umani che richiede agli altri Stati del mondo.
Per quanto riguarda l?Italia, mentre si lamenta la persistente lacuna nel codice penale di uno specifico reato di tortura – frutto della mancata attuazione della Convenzione Onu in materia -, così come di norme più rigorose per impedire l?esportazione di armi verso paesi in cui vi sono bambini soldato, “temiamo ? ha dichiarato Daniela Carboni, direttrice dell?Ufficio campagne e ricerca della Sezione italiana di Amnesty international ? che il clima di razzismo e le leggi o proposte di legge contrarie agli standard internazionali sui diritti umani, la stiano trasformando in un Paese pericoloso?.

Un movimento globale
Il Rapporto di Amnesty non rinuncia alla speranza di un cambiamento affidato soprattutto alla maggiore consapevolezza dell?opinione pubblica mondiale, dalle rivendicazioni degli avvocati pakistani alle proteste dei monaci birmani, ai 43,7 milioni di persone che il 17 ottobre 2007 si sono alzate in piedi per chiedere un?azione contro la povertà. “Il potere della gente di generare speranza ? conclude il Rapporto ? è molto attivo nel 60° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani. La consapevolezza si sta diffondendo a livello globale. I leader mondiali la stanno ignorando, a loro rischio?.

Maggiori informazioni:
www.amnesty.it

Scarica allegati:
Intervento Presidente Amnesty, focus sui Peaesi


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