Welfare

Così si uccide l’agricoltura made in Italy

Cosa c’è dietro la strategia pro ogm

di Redazione

Il dibattito sulle colture transgeniche in agricoltura si sta riaccendendo e si sta soprattutto legando all?emergenza internazionale sui prezzi delle derrate alimentari. Vorrei dare un modesto contributo alla comprensione dell?argomento, affrontandolo dal punto di vista strettamente agro economico e tralasciando per il momento i temi cruciali legati alla salute umana, all?eticità e ai principi di precauzione che pur sono al centro dell?attuale dibattito sugli ogm in tutta Europa e in molte parti del mondo.

L?ipotesi di fondo, che viene accreditata con sempre maggior vigore, è l?esistenza di una stretta connessione tra necessità di sviluppo ed espansione delle colture transgeniche, soprattutto in Europa, e tre principali fattori: la crisi internazionale dei mercati agricoli (prezzo); l?aumento del fabbisogno mondiale di cibo (fame); ed il sempre miglior rapporto qualità / prezzo che le colture transgeniche di più recente generazione sembrano garantire (efficienza). In sostanza, si cerca di accreditare la tesi per cui la crescente fame ed i prezzi sempre più inaccessibili delle commodities sarebbero fattori determinanti nel convincere un?Europa ostile e conservatrice all?apertura alle coltivazioni ogm, peraltro sempre più efficienti dal punto di vista energetico, del consumo di risorse naturali e dell?impiego di pesticidi.

Una connessione pretestuosa
I mercati agricoli sono radicalmente mutati negli ultimi anni, acquisendo dimensioni e caratteristiche marcatamente globali, soprattutto nella domanda di prodotti, fortemente influenzata dalla crescita delle economie dei paesi emergenti.

L?offerta è anch?essa profondamente mutata, acquisendo gradualmente caratteristiche globali, ma rimanendo fortemente ed inevitabilmente influenzata dalla complessità dei sistemi ?locali? di produzione, dalle dinamiche socio – economiche del mondo rurale, dagli interventi dei singoli governi sui mercati nazionali, e dalle crisi ambientali che, pur di impatto globale, rimangono estremamente locali nelle sempre più tangibili conseguenze fisiche immediate.

Ritengo quindi limitativa la connessione causale tra emergenza agricola mondiale e necessità del ricorso agli ogm: questi ultimi, infatti, non fornirebbero una risposta univoca ed immediata alla strutturale rigidità dell?offerta di produzioni agricole, ancora fortemente condizionata da fattori produttivi e distorsioni di mercato che esulano dall?ambito strettamente tecnologico. Basti pensare alle conseguenze che i sussidi provocano nella maggior parte dei contesti nazionali nel condizionare o rallentare la risposta degli agricoltori all?aumento della domanda e dei prezzi delle principali commodities.

Spesso, inoltre, l?emergenza viene usata come strumento per penetrare mercati, cambiare regole del gioco o semplificare i contesti di riferimento: la vera natura della discussione in corso sugli ogm è quindi profondamente e specificamente commerciale e si traduce in una vera e propria guerra di penetrazione, di conquista di nuovi mercati, al di là delle giustificazioni di tipo sociale, etico e agronomico che vengono fornite. È una guerra di mercato combattuta con l?arma della tecnologia e della genetica.

L?Europa nella tenaglia
Se di guerra si tratta, è necessario comprendere innanzitutto perché l?Europa, con la sua superficie agricola proporzionalmente ridotta rispetto ad altri continenti, sia al centro della contesa; e che cosa ci sia a rischio, o in palio, a seconda dei punti di vista: per la coalizione guidata dal continente americano (Usa ed Argentina in testa), c?è in palio l?apertura del lucrativo ed iperprotetto mercato europeo alle proprie sementi. Ma soprattutto c?è in palio l?abbattimento delle filiere di prodotti locali di alta qualità, ad elevato valore aggiunto e protetti da regole di tutela estremamente stringenti e vincolanti. Per l?Europa, c?è a rischio un intero sistema di produzioni di qualità, quel ?genius loci? strettamente collegato alle economie territoriali e alla stabilità sociale dei singoli paesi.

Ed il ricorso agli ogm, per molti, costituisce un vero e proprio cavallo di troia per la conquista di questo ?sistema?: introducendosi nelle colture e nel territorio, scardinerebbe gli standard di qualità e indebolirebbe la stessa certificazione dei prodotti, aprendo la strada alla legittimità per ?copie? di minor valore aggiunto, di minor pregio ma di sicuro interesse economico per chi è interessato a produzioni di massa destinate ai grandi mercati emergenti. È l?Italia, in Europa, uno dei Paesi più a rischio ed è, paradossalmente, la chiave d?entrata per scardinare l?intero sistema europeo di produzioni frutto di secoli di cura, adattamento, miglioramento e indissolubile legame con il territorio.

Un modello a rischio
Ma c?è di più: l?agricoltura europea è strettamente connessa ad un ruolo diverso dell?imprenditore agricolo rispetto ad altri continenti: egli non è, infatti, solo produttore, ma conservatore del territorio, custode del paesaggio, garante dell?occupazione e della redditività della terra, in piena coerenza con la nuova impostazione della politica agricola comunitaria. E in questo, di nuovo, l?Italia mostra ulteriori caratteristiche peculiari, con un sistema fondiario che poggia su una miriade di coltivatori con una media aziendale nazionale di cinque ettari. E in un sistema così strutturato, i costi da sostenere per coordinare la coesistenza tra coltivazioni tradizionali e ogm sarebbero proibitivi per l?intera filiera produttiva.

Il principio della coesistenza, così come concepito dal legislatore europeo, dovrebbe consentire ai sistemi di coltivazione con e senza ogm di convivere pacificamente, operando al tempo stesso una netta distinzione fra i due metodi in modo da evitare ogni rischio di contaminazione e ledere i diritti di chi ha scelto di coltivare ?non ogm?. La coltivazione di piante transgeniche pone invece le aziende e le collettività di fronte a grandi sfide organizzative e gestionali.

Per quanto riguarda i produttori, la coesistenza richiede una riorganizzazione dell?intero sistema a vari livelli: una pianificazione comune della rotazione delle colture; provvedimenti speciali di tutela al momento della moltiplicazione delle sementi; la riorganizzazione del lavoro salariato (semina, raccolto), delle associazioni per l?uso collettivo dei macchinari agricoli, dei centri di raccolta, degli impianti di essiccazione ecc., per operare una chiara distinzione tra i sistemi agricoli con e senza ogm ed evitare qualsiasi contaminazione; la garanzia di purezza delle sementi e delle sostanze ausiliarie utilizzate, decisiva per garantire anche in futuro una produzione priva di ogm.

Una coesistenza impossibile
In un?agricoltura nazionale così caratterizzata e forte delle proprie tipicità e delle numerose aziende indipendenti, la coesistenza comporterebbe costi enormi. E quanto minori saranno le garanzie di tutela e gli standard di produzione, tanto maggiori saranno le spese che il singolo agricoltore dovrà sostenere per prendere i provvedimenti necessari e conservare la propria competitività. In sostanza, l?impiego di colture transgeniche imporrebbe di fatto un?accelerazione alla trasformazione delle aziende verso strutture sempre più complesse e di maggiori dimensioni, e questo mutamento di scala varrebbe anche per tutte le imprese e i servizi dell?indotto, con costi di trasformazione diretti ed indiretti estremamente onerosi e dubbi o irrilevanti benefici per il consumatore finale.

Se di ?tasche? si deve parlare, è bene impostare l?argomento al di fuori dell?emergenza e di eccessive semplificazioni, non soffermandoci unicamente su uno dei tanti fattori produttivi del sistema agricolo (la tecnologia ed il materiale genetico) ma affrontando con coraggio e visione strategica il complesso problema dei costi delle crescenti crisi ambientali, della emergente concorrenza tra destinazioni d?uso della terra, degli interventi pubblici nei mercati agricoli ed altre, cruciali distorsioni di mercato che rimangono fattori determinanti nella formazione dei prezzi delle commodities a livello internazionale.

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