Cultura

Quattro motivi per mettersi su quella strada

Johnny Dotti risponde alla sfida inglese: cosa cambierà.

di Redazione

  • L?aspetto positivo dell?esperienza inglese è la capacità di diversificare le forme di spesa, lasciando spazio alla persona singola. In Italia una formula di questo tipo avrebbe ancora più successo per la reputazione alta del terzo settore, confermata anche da recenti ricerche. Dare gambe di scambio economico a questo mondo che ha dalla sua una simile reputazione, vuol dire creare valore aggiunto sociale. Inoltre, per la storia che abbiamo accumulato, potremmo persino varare una mutualizzazione, cioè mettere in campo forme collettive di domande e di risposte ai bisogni. Perché il rischio vero dei voucher è quello di frantumare il rapporto tra domanda e offerta, e quindi di non creare vero capitale sociale.
  • Il modello inglese indica un cambio di ruolo della pubblica amministrazione, che fa un passo indietro e diventa il soggetto valutatore, non solo sulla base dei costi, ma del valore aggiunto complessivo. Da questo punto di vista l?Italia è indietrissimo perché la pubblica amministrazione non vuole perdere nessun controllo sulla produzione dei servizi.
  • Più si invita il non profit ad acquisire forme d?impresa, più si genera nuovo non profit, nuova socialità, nuova cultura dei diritti. Invece in Italia la paura del nuovo produce incancrenimenti di ogni forma, com?è accaduto per i recenti decreti delegati per l?impresa sociale.
  • L?esperienza inglese propone anche la questione del ruolo politico del terzo settore. La prospettiva è quella di soggetti politici non partitici che influenzino i decisori, determinando una diversa soggettività generale. In Italia oggi si agisce in direzione opposta. Si vuole che il non profit resti in qualche modo colluso con lo Stato. Lo spazio per la sperimentazione così è completamente chiuso. E com?è accaduto con i decreti per l?impresa sociale, non c?è nessuna incentivazione a rischiare, a immaginare nuove forme di governance che non siano quelle del solito rapporto tra datori di lavoro e dipendenti, a usare in modo diverso strumenti come il bilancio sociale.

Vedi anche:
La svolta inglese per i servizi sociali

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