Welfare
La svolta inglese per i servizi sociali
Si chiama «Personal Budget Holder». Il governo accredita sugli utenti la somma a seconda dei bisogni di assistenza. E poi i cittadini scelgono. L88% ha speso nel non profit...
Meglio i servizi sociali statali o quelli offerti dal terzo settore? Nel Regno Unito a deciderlo sono i diretti interessati. Con una preferenza chiarissima: l?88% di anziani, disabili, tossicodipendenti e di altri soggetti deboli scelgono il non profit. E non è il solito sondaggio telefonico a provarlo, ma il denaro degli aventi diritto ai servizi di welfare coinvolti nel progetto Personal Budget Holder che il governo ha lanciato in 30 comuni. Con questa formula: trasferimento del budget statale destinato a ciascun beneficiario direttamente sul suo conto corrente bancario, con diritto di spenderlo come meglio crede per curarsi. «La risposta non lascia spazio ai dubbi: appena può, la gente abbandona i servizi pubblici, centralizzati e standardizzati, e sceglie le proposte della società civile studiate sui bisogni del singolo individuo. Chi cercava prove sulle performance del terzo settore, è servito».
Parola di Peter Kyle, astro nascente del non profit inglese, che il processo di devolution dei servizi pubblici lo conosce bene. Come consulente dell?ex ministro del Terzo settore, Ed Miliband, promosso dal premier Gordon Brown a ministro dell?Ufficio di Gabinetto, ha infatti contribuito a lanciarlo. Ed oggi ne monitora la messa in pratica da un osservatorio privilegiato: Acevo, l?associazione dei leader del terzo settore, di cui è direttore del settore Strategia e impresa.
Vita: Qual è il segreto per una devolution di successo?
Peter Kyle: Riformare la logica con cui oggi vengono appaltati i servizi, cioè il semplice calcolo di convenienza economica. Bisogna introdurre nuovi criteri di decisione che consentano di stabilire chi, realmente, offre il miglior servizio per i beneficiari.
Vita: Quali criteri, per esempio?
Kyle: Primo fra tutti, il tempo speso per ciascun utente. È provato che il terzo settore dedica più tempo del privato e del pubblico ai beneficiari di un servizio. E lo fa con un approccio olistico che consente di trattare insieme i diversi aspetti di una problematica sociale. Tutto questo nel settore pubblico è impossibile: spesso se hai bisogno di una casa e di assistenza sanitaria nello stesso momento devi rivolgerti a due o più dipartimenti diversi che operano con regole differenti. Solo giudicando l?impatto sociale di un servizio, oltre che il suo costo, il non profit potrà concorrere ad armi pari per l?assegnazione di appalti.
Vita: Quanti e quali servizi dovrebbero essere gestiti dal terzo settore?
Kyle: Dare una percentuale significherebbe mettere un tetto al potenziale e alle speranze di crescita del non profit, mentre il nostro obiettivo è un altro: trovare un sistema di assegnazione dei servizi pubblici che garantisca veramente una risposta ai bisogni dei beneficiari. Il governo dichiara di avere grandi ambizioni per il terzo settore ma i suoi interventi per sostenerlo purtroppo non sono tarati sulla stessa scala di grandezza. È un problema che l?esecutivo ha deciso di risolvere: attualmente sta formando 2mila commissari perché imparino a riconoscere la peculiarità e la forza del non profit. E l?ufficio del Terzo settore sta lavorando alla definizione di nuovi standard per l?assegnazione di servizi pubblici.
Vita: Quell?ufficio ha un budget operativo di 250 milioni di sterline, briciole rispetto ad altri dipartimenti. Che peso ha realmente all?interno del governo?
Kyle: La sua forza non sta nel potere di spesa, ma nella posizione: l?ufficio si trova all?interno del Cabinet Office, che è il cuore del governo, la centrale che coordina tutti i suoi dipartimenti e da cui, prima o dopo, passano tutte le politiche e riforme legislative. Lavorare all?interno del Cabinet Office significa avere contatti diretti, e influenza, su tutti gli altri ministeri e promuovere il ruolo del terzo settore a livello trasversale.
Vita: L?ufficio esiste da 18 mesi. Finora in che modo è riuscito a promuovere il ruolo del terzo settore?
Kyle: Il dipartimento per il Lavoro e le pensioni, responsabile di quasi tutto il budget di welfare per le persone, ha lanciato un processo di devolution di servizi per centinaia di milioni di sterline da destinare a una cinquantina di enti non governativi. Alla fine del primo round di proposte, solo due charity sono state selezionate per l?appalto. L?ufficio e il ministro del Terzo settore hanno fatto una lobby personale e durissima sul dicastero del Lavoro e, nel secondo round di proposte, il 40% dei servizi in appalto sono andati al non profit.
Vita: L?ufficio del Terzo settore, che negli altri Paesi d?Europa non esiste, è un prodotto del governo laburista. Che ne sarebbe della sua mission e del suo budget se alle prossime elezioni vincessero i conservatori?
Kyle: Non credo che lo smantellerebbero. Quando è diventato leader dei conservatori, David Cameron ha dichiarato di puntare molto sul non profit. Di recente, tuttavia, il suo portavoce ha detto che il terzo settore deve superare il materialismo. Un?uscita che fa temere tagli di fondi per la società civile. E un depotenziamento o trasferimento dell?ufficio del Terzo settore. I conservatori, inoltre, sono assolutamente contrari a modificare la legge che impedisce alle charity di fare politica. Io penso, invece, che debba essere abolita.
Vita: Il non profit americano la sta, di fatto, violando: molte sigle sono scese in campo per influenzare la corsa verso la Casa Bianca.
Kyle: Penso che stiano sbagliando perché questa discesa in campo rischia di modificare la percezione che la gente ha delle organizzazioni non profit, la fiducia che ripone in loro. La ragione per cui vorrei abolire la legge è un?altra: discrimina le sigle più piccole che potrebbero voler impiegare un budget limitato a cambiare politiche sociali con diretto effetto sul territorio piuttosto che in campagne di sensibilizzazione.
Vita: Come sarà il non profit inglese tra cinque anni?
Kyle: Fiero di essere sempre più professionale. Più preparato a pianificare i suoi interventi sul lungo periodo e anche meglio retribuito.
Vita: Crede che il boom dell?impresa sociale porterà alla scomparsa delle associazioni tradizionali?
Kyle: No. Ma una cosa è certa: l?intero settore deve diventare più imprenditoriale. Il tempo in cui poteva pensare di contare solo sulla filantropia e sui fondi pubblici è finito. La società civile deve cambiare attitudine e imparare a pensare in un?ottica imprenditoriale.
Vita: In futuro le charity inglesi dovranno provare di avere un reale impatto sociale attraverso il ?public benefit test? che lei stesso a contribuito a creare lavorando sul Charities Act 2006. Pena la perdita dello status di non profit. Che effetto avrà il test sul terzo settore?
Kyle: Non ci sarà il cambiamento radicale chiesto dalla sinistra estrema, secondo cui i grandi atenei e college come Eton dovrebbero perdere lo status di non profit: non succederà, perché queste istituzioni hanno ingenti budget da investire sul sociale. Il test avrà però un impatto significativo. Perché porterà piccole sigle che lavorano sulle stesse emergenze a fondersi per avere un vero impatto sul territorio e perché elimina il diritto automatico di enti religiosi o impegnati nel campo dell?educazione a poter godere dello status di non profit e relativi benefici fisicali. Diritto che risale alla precedente legge sulle charity, vecchia di 400 anni.
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