Welfare

Crisi alimentare, qui Camerun

Come si vive la crisi alimentare in un Paese africano. A raccontarlo è Marco Pagani, missionario del Pime in Camerun.

di Emanuela Citterio

“Leggo che anche in Italia si parla della crisi alimentare che stiamo attraversando”. A raccontare come si vive la speculazione sui prezzi dei prodotti agricoli in un Paese africano è Marco Pagani, missionario del Pime a Yaoundè, la capitale del Camerun.

DA YAOUNDE’ (Camerun) – Al di fuori dell?Europa e degli USA, cioè in quella parte del mondo che viene denominata ?sud del mondo? la crisi alimentare ha avuto degli impatti molto forti sulla società. Gli incidenti, anzi la quasi-rivolta della fine di febbraio in Camerun, ne sono un esempio.
Qui da noi in Africa diversi sono stati i paesi dove la gente è scesa violentemente nelle strade: Tunisia, Marocco, Mauritania, Senegal, Guinea Konakri, Costa d?Avorio, Camerun, Burkina Faso, Egitto, Mozambico.
Come mai? In questi paesi poveri la maggior parte della spesa delle famiglie è rivolta all?acquisto del mangiare, e i paesi africani sono quelli che importano la maggioranza di cereali.

Petrolio
L?aumento del prezzo del pretolio ha inciso doppiamente sull?aumento dei prezzi.
In primo luogo perché sono aumentati i costi di produzione (carburanti per la macchine agricole) e i prezzi del trasporto dal luogo di produzione a quello del consumo.
In secondo luogo perché in questi anni molte delle coltivazioni di cereali sono state indirizzate alla fabbricazione dei biocarburanti, sottraendo così quantità importanti di cereali alla filiera alimentare.

Sta di fatto che nei paesi come il Camerun, dove l?equilibrio economico sociale è sempre fragile, come in tutta l?Africa del resto, si è risentita subito pesantemente questa situazione.
Ad aggravare la situazione è stata anche una certa politica economica sponsorizzata dalle grandi agenzie internazionali (Fondo Mondiale Internazionale e Banca Mondiale) e ?accettate? dai governi locali in cambio di aiuti in denaro.

Un esempio: da quando il Camerun è entrato a far parte dell?Organizzazione Mondiale del Commercio, nel 1995, le barriere doganali in gran parte sono state tolte. Questo ha fatto sì che fosse meno costoso e più facile importare riso dall?Asia che produrlo in loco, così come per i pomodori e le cipolle. Abassandosi i prezzi, i contadini camerunesi non hanno retto la concorrenza straniera.
La F.A.O. stima che il Camerun abbia importato nel 2004 ben 300.000 tonellate di riso e 240.000 di grano, vale a dire la totalità di quello che consuma.
Solo alla fine degli anni ?80 il paese importava il 15% del suo fabbisogno alimentare. Oggi siamo all?importazione del 45%.
Il Camerun produce olio di palma, che è un alimento base per la cucina camerunese. Ebbene nel 1961 importava 0,6 milioni di tonnellate, oggi ne importa 20,8 milioni! Certamente la popolazione è aumentata, ma se ne produce in loco molto meno!

Le cause interne
Ci sono anche evidentemente cause interne e non solo di congiuntura internazionale.
La prima è la poca stima per il lavoro agricolo. L?deale del camerunese medio è avere un ?bureau? (ufficio) nell?amministrazione dello Stato: stipendio sicuro. Giacca e cravatta e ?clim? (l?aria condizionata).
Tante volte mi è capitato di parlare con delle persone a cui chiedevo che lavoro stessero facendo. ?Nessuno? mi rispondevano. Poi parlando venivo a sapere che erano contadini, che avevano un campo e che lo coltivavano. Ma per loro non era un lavoro.
Lo Stato ci mette del suo. Pensate che nel 2007, cioè l?anno scorso, nel bilancio è stata consacrata all?agricoltura e allo sviluppo rurale la bellezza dell? 1,7% del bilancio, cioè gli stessi soldi dati ai servizi della presidenza della Repubblica! E questo in un paese che resta a vocazione agricola per il 90% del suo territorio.

I contadini, di fatto, sono lasciati a se stessi. Nessun sostegno territoriale, tipo i consorzi agrari. E poi la parcellizazione del territorio. Pensate che un campo qui è di circa di 1 ettaro. Come si fa a coltivare in modo che non sia solo per la sussistenza su una superfice così piccola? E questa è la situazione dell?85% dei campi.
Poi una volta che avete coltivato e raccolto, occorre trasportare il tutto là dove si può vendere…ma le strade non ci sono o sono penose, molti villaggi restano praticamente isolati dal paese durante il periodo delle piogge, che dura mesi interi….i prodotti non si possono conservare a lungo, non c?è catena del freddo e non c?è nemmeno la corrente elettrica…così anche se si produce tanto, tutto marcisce sul posto…

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