Leggi

Aborto chimico. L’incognita del ricovero

Pillola Ru 486. A febbraio arriva.

di Sara De Carli

Legge 194, art. 15: «Le Regioni, d?intesa con le università e con gli enti ospedalieri, promuovono l?aggiornamento del personale sanitario (?) sull?uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell?integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l?interruzione della gravidanza».

Dal 19 febbraio anche in Italia si potrà scegliere come abortire: con un intervento chirurgico o con una pillola. Per quella data è infatti atteso il parere dell?Aifa – Agenzia italiana del farmaco, che dovrebbe dare l?ok alla procedura di mutuo riconoscimento per la commercializzazione della Ru486. Si tratta di un aborto chimico, provocato dall?assunzione di due pillole diverse, a distanza di due giorni: prima il mifepristone e poi una prostaglandina che provoca le contrazioni e l?espulsione dell?embrione. L?Aifa dirà quasi certamente di sì, ma poi dovrà esprimersi anche su questioni più tecniche, a cominciare dalle modalità di somministrazione. Una per tutte: quale prostaglandina scegliere? Il protocollo francese infatti opta per un farmaco antiulcera (che la stessa casa produttrice, la Searle, ha sconsigliato di usare come uterotonico), ma la legge italiana vieta l?uso di farmaci off-label, con scopi diversi da quelli per cui sono registrati.La Ru486 è una tecnica più moderna e più sicura? Il fronte è spaccato. C?è chi giura di sì e chi ricorda invece le 16 donne morte nel mondo per infezioni collegate: l?England Journal of Medicine, per cui questa procedura è dieci volte più rischiosa di quella chirurgica, e il Consiglio superiore della sanità, che ha detto che i rischi si equivalgono solo se tutta la pratica abortiva avviene in ospedale. La maggior parte delle donne coinvolte nella sperimentazione, avvenuta in Toscana e in Piemonte, hanno invece firmato per uscire dall?ospedale dopo aver preso la prima pillola. Proprio questo è il punto critico: la legge 194 prevede che l?Ivg sia praticata presso un ospedale (art. 8). E il ministro Livia Turco, in una recente intervista, ha assicurato che sarà così anche con la Ru486. Un?uscita salutata con favore da Eugenia Roccella, giornalista in prima linea contro l?aborto chimico: «Il ministro è sensibile alla tutela della salute delle donne. È un punto di grande valore: questo tipo di aborto è facile sul piano culturale, ma difficile su quello della sicurezza delle donne e su quello psicologico». Del tutto contrario invece Silvio Viale, ginecologo torinese padre della sperimentazione, che vorrebbe per la Ru486 un day-hospital, esattamente come accade per l?aborto chirurgico: «Il ministro fa molta confusione, ma non credo voglia imporre il ricovero coatto», dice. «Il ricovero non è previsto in nessun Paese, né è richiesto nella revisione della procedura fatta l?anno scorso dall?Emea. Il medico somministra i farmaci in ospedale ed esegue i controlli, un di più di sicurezza che non è previsto per l?aborto chirugico. L?Ivg è qua: l?espulsione è una conseguenza dell?intervento medico e avviene con una dinamica analoga all?aborto spontaneo. Ha mai sentito qualcuno chiedere il ricovero per quelli?».


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA