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La Bielorussia chiude alle adozioni internazionali

Fumata nera dalla missione tecnica in Bielorussia. I rappresentanti della Commissione Adozioni Internazionali sono rientrati ieri da Minsk, portando cattive notizie

di Sara De Carli

Fumata nera dalla missione tecnica in Bielorussia. I rappresentanti della <b>Cai</b> sono rientrati ieri da Minsk, portando cattive notizie. La missione ha incassato la formalizzazione ufficiale di ciò che si temeva da tempo: il paese «considera definitivamente chiuso il capitolo delle adozioni internazionali». <b>Tatiana Kovaliova</b>, vice Ministro dell’Istruzione della Bielorussia ha dichiarato che non c’e’ nulla da fare per le adozioni e che <b>il blocco è voluto dal presidente Lukashenko in persona.</b> <b>Conseguenze sulla cooperazione umanitaria</b> Il resoconto ufficiale della missione, pubblicato sul sito della Commissione adozioni internazionali, ha toni molto duri: si rammenta che l?Italia ha più volte sollecitato – senza risposta – un incontro per verificare l?attuazione del protocollo ratificato in marzo; si rileva come in questi mesi il riesame delle 150 pratiche depositate prima del 12 dicembre 2005 si sia concluso negativamente per tutte meno tre, sulla base di motivazioni generiche, «spesso in contrasto con la realtà dei fatti e comunque inconferenti con i contenuti del Protocollo e della stessa Convenzione dell’Aja»; si sottolinea come le poche procedure approvate a livello locale siano poi state bloccate dal vertice politico senza addurre alcuna motivazione. «La parte italiana», recita il comunicato, «nell’esprimere il più vivo disappunto per l’arbitraria interpretazione del Protocollo e per l’attuazione meramente formale dello stesso, ha sottolineato che ciò manifesta la volontà della Bielorussia di non attuare la Convenzione de L’Aja anche nei rapporti con l’Italia, non tenendo fede agli impegni assunti». Questo, dice il comunicato, «avrà sicuri riflessi sulle relazioni bilaterali, innanzi tutto sul piano della cooperazione umanitaria, che deve sempre svolgersi nel pieno rispetto dei diritti dei minori». «Non si poteva far finta di niente», spiega Daniele Cabras, capo di Gabinetto del Ministero per la Famiglia, rientrato ieri da Minsk insieme alla vicepresidente della Commissione adozioni internazionali, Daniela Bacchetta. «La cooperazione tra i due paesi è già intaccata, poiché il mancato rispetto di un accordo incrina i rapporti di collaborazione. Questo è evidente, e lo sanno anche loro. Per quel che riguarda poi le azioni concrete da mettere in campo, spetta alla commissione e al ministro decidere. A questo punto non possiamo mandar lì gli enti a vuoto, a perdere tempo e denaro, non possiamo illudere le famiglie». <b>Le famiglie</b> «Andremo su, per dirglielo di persona». Così Luca Migliorato commenta a caldo la notizia della chiusura delle adozioni in Bielorussia. Lui e la moglie sono una delle coppie in attesa di adottare il ragazzo che da anni ospitano con i programmi di accoglienza. «Non so cosa gli diremo, ne devo ancora parlare con mia moglie, certo una cosa del genere non si può dire al telefono». ?Che faranno, come Coordinamento famiglie adottanti? «Non sappiamo, settimana prossima incontreremo la delegazione italiana per sentire come è andata», dice. «Poi aspetteremo la presa di posizione ufficiale del Governo italiano: il primo passo spetta a lui». Nulla di impulsivo, quindi. Il primo pensiero di Migliorati va anzi, con preoccupazione, alle minacce che si leggono tra le righe del comunicato della Cai: «Condividiamo la linea, ma qualsiasi azione deve avere come obiettivo principale il bene dei bambini. Interrompere i rapporti di cooperazione umanitaria sarebbe un secondo danno ai bambini, che dei nostri aiuti invece hanno bisogno». <b>Gli enti</b> Anna Benedetta Torre è la presidente di Ariete onlus, uno dei sette enti autorizzati in Bielorussia. Ha in carico 40 pratiche con questo paese, ferme da tempo. Il suo commento è spiazzante: «Finalmente!», dice. «Gli enti conoscono il Paese e hanno chiaro da tre anni che Lukashenko non voleva le adozioni. Abbiamo sbagliato anche noi: dovevamo essere più duri tempo fa. Mi dicevano: per il bene dei bambini, tentiamo ancora. Ma onestamente non so se per i bambini questi tre anni di illusioni siano stati meglio?». Che sarà ora? La frase conclusiva del comunicato della Cai è un po’ sibillina? «Siamo stati convocati per il 30 gennaio. Immagino che la Cai voglia confrontarsi con gli enti e il coordinamento delle famiglie adottanti per decidere cosa fare. Io, da parte mia, restituisco l’autorizzazione per operare nel Paese». <b>La rete dell?accoglienza</b> Giuseppe Carboni, presidente di Cittadini del mondo e console onorario della Bielorussia in Sardegna, sottlinea che «sarebbe ingiusto abbandonare due volte i bambini: chi paga per l’interruzione della cooperazione? La Bielorussia o i bambini?», si chiede. Per Antonio Bianchi, di Avib, questa è l’occasione per «far capire che l’accoglienza non equivale a una porta per l’adozione. La cooperazione umanitaria è fatta dall’accoglienza: in questo momento noi dobbiamo rafforzare il nostro impegno».


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