Mondo

Bielorussia/3: le reazioni delle famiglie e degli enti

Famiglie, enti, associazioni di accoglienza: ecco le reazioni a caldo di tutte le parti coinvolte

di Sara De Carli

«Andremo su, per dirglielo di persona». Luca Migliorato commenta a caldo la notizia della chiusura delle adozioni in Bielorussia. Lui e la moglie sono una delle coppie in attesa di adottare il ragazzo che da anni ospitano con i programmi di accoglienza. «Non so cosa gli diremo, ne devo ancora parlare con mia moglie, certo una cosa del genere non si può dire al telefono».
Che faranno, come Coordinamento famiglie adottanti? «Non sappiamo, settimana prossima incontreremo la delegazione italiana per sentire come è andata», dice. «Poi aspetteremo la presa di posizione ufficiale del Governo italiano: il primo passo spetta a lui». Nulla di impulsivo, quindi. Il primo pensiero di Migliorati va anzi, con preoccupazione, alle minacce che si leggono tra le righe del comunicato della Cai: «Condividiamo la linea, ma qualsiasi azione deve avere come obiettivo principale il bene dei bambini. Non credo che le ripicche servano: interrompere i rapporti di cooperazione umanitaria sarebbe un secondo danno ai bambini, che ne hanno bisogno».

Sulla stessa linea anche i rappresentanti della rete di accoglienza. Giuseppe Carboni, presidente di Cittadini del mondo e console onorario della Bielorussia in Sardegna, «sarebbe ingiusto abbandonare due volte i bambini». «Chi paga per l?interruzione della cooperazione? La Bielorussia o i bambini?», si chiede. Per Antonio Bianchi, di Avib, questa è l?occasione per «far capire che l?accoglienza non equivale a una porta per l?adozione. La cooperazione umanitaria è fatta dall?accoglienza: in questo momento noi dobbiamo rafforzare il nostro impegno».

E gli enti? Marco Griffini, presidente di AiBi, dice: «Mi meraviglio di chi si meraviglia». Anna Benedetta Torre invece è parte in causa: è la presidente di Ariete onlus, uno dei sette enti autorizzati in Bielorussia. Ha in carico 40 pratiche con questo paese. Il suo commento è spiazzante: «Finalmente!», dice. «Gli enti conoscono il Paese e hanno chiaro da tre anni che Lukashenko non voleva le adozioni. Abbiamo sbagliato anche noi: dovevamo essere più duri tempo fa. Mi dicevano: per il bene dei bambini, tentiamo ancora. Ma onestamente non so se per i bambini questi tre anni di illusioni siano stati meglio?». Che sarà ora? La frase conclusiva del comunicato della Cai è un po? sibillina? «Siamo stati convocati per il 30 gennaio. Immagino che la Cai voglia confrontarsi con gli enti e il coordinamento delle famiglie adottanti per decidere cosa fare. Io, da parte mia, restituisco l?autorizzazione per operare nel Paese».


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