Sostenibilità

La pernice bianca, un “relitto glaciale” da proteggere

Già in serio pericolo per i cambiamenti climatici e per il degrado ambientale, viene ancora inserita tra le specie cacciabili.

di Fulco Pratesi

Tutte le specie di uccelli legate a particolari ambienti naturali risentono fortemente delle manomissioni apportate al loro delicato e ridotto habitat.Tra queste, ad esempio, i limicoli che nidificano sulle dune litoranee, sempre più aggredite dal turismo balneare, o i picchi, dato che le foreste d?alto fusto con esemplari vetusti stanno ovunque riducendosi, o gli uccelli dell?ambiente rurale, messi in pericolo dalla diffusione dell?agricoltura industriale basata su pesticidi chimici e su lavorazioni intensive.Ma a queste minacce, per una determinata famiglia di uccelli se ne aggiunge un?altra non meno grave: quella del riscaldamento globale. Per i tetraonidi (gallo cedrone, fagiano di monte, pernice bianca e francolino di monte) assieme ad altre forme di aggressione sempre più invadenti come impianti di sci, strade, lottizzazioni, gestioni forestali scorrette, l?assenza di neve pone gravi problemi.Ma, nonostante ciò, come sottolineano gli scienziati, la causa principale dell?ormai conclamata riduzione dei tetraonidi è la caccia. Già nel 1929 (!), il grande ornitologo Ettore Arrigoni degli Oddi chiedeva che almeno per due di essi (il cedrone e il francolino) si vietasse la caccia (è avvenuto solo pochi anni fa), mentre per la pernice bianca segnalava l?importanza della neve, citando un proverbio veneto: «Lassa pur che la neve la dura – la Galastrela (nome dialettale della pernice bianca ndr) sotto i mughi trova la pastura».Il cedrone e il francolino sono ormai fuori pericolo (almeno per quanto riguarda le fucilate). Ma è inaccettabile che si cacci ancora il fagiano di monte che su tutte le Alpi è calato dai circa 42mila individui a metà anni 80 a circa 32mila a fine anni 90.Ma è ancora più grave la situazione delle splendida pernice bianca, estremo e prezioso relitto di ere glaciali, per la quale tutte le Regioni alpine ancora consentono la caccia. Se alla fine degli anni 80 si valutavano 7/10mila coppie, dopo soli dieci anni se ne calcolano 5/8mila. La causa principale della diminuzione è il prelievo venatorio, seguito da uccisioni illegali, degrado ambientale, impianti sciistici e presenza di cani vaganti.È possibile che non si riesca, come si è fatto per cedrone e francolino, a vietare definitivamente la caccia a queste due rare specie già messe in pericolo per il riscaldamento del clima?


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA