Cultura

Rapporto Unicef 2008: “Quanto vale una vita?”

Sierra Leone, Angola e Afghanistan le situazioni più drammatiche. Tra i paesi in via di sviluppo sono Cuba, Sri Lanka e Siria i paesi coi massimi risultati nella riduzione della mortalità infantile

di Redazione

Il Rapporto UNICEF 2008 su “La condizione dell’infanzia nel mondo – Nascere e crescere sani” si apre chiedendo provocatoriamente “Quanto vale una vita?” e osserva che, mentre la maggior parte di noi farebbe qualunque cosa per salvare anche un solo bambino, su scala globale invece le priorità sono molto più confuse, col risultato che, in tutto il mondo, continuano a morire in media, ogni giorno, soprattutto per cause evitabili, più di 26.000 bambini sotto i cinque anni.

Più volte nel corso dell’anno passato l’UNICEF ha richiamato le cifre – ancora drammatiche ma in miglioramento – della mortalità infantile nel mondo.

Ma, come ha ricordato oggi il Presidente dell’UNICEF Italia Antonio Sclavi, presentando a Roma il rapporto alla stampa e alle autorità nazionali, in concomitanza con il lancio internazionale a Ginevra: «le sorprese che emergono dal Rapporto UNICEF 2008 sono molte, sia per quanto riguarda le cause della mortalità infantile sia per quanto riguarda i risultati ottenuti dai diversi paesi.

Per esempio, fra i paesi in via di sviluppo sono Cuba, Sri Lanka e Siria a emergere tra i paesi che hanno ottenuto i massimi risultati nella riduzione della mortalità infantile.

Per contro, Sierra Leone e Angola, insieme all’Afghanistan, continuano ad avere i più alti tassi al mondo di mortalità infantile e anche di mortalità da parto – chiara indicazione di come le conseguenze dei conflitti si protraggano per molti anni anche dopo la fine delle ostilità.»

Il successo consolidato degli interventi salvavita
Accanto agli effetti di lungo periodo dei conflitti, tra le cause della mortalità infantile emergono con nettezza le malattie delle vie respiratorie e le conseguenze dirette e indirette delle cattive condizioni di gravidanza e parto (gravidanze precoci, parti non assistiti, mancanza di servizi e personale sul territorio).

Per le “tradizionali” cause di morte dei bambini (malattie infettive, diarree) molto si è fatto, ha ricordato Sclavi, grazie alle campagne di vaccinazione promosse dall’UNICEF negli anni ’80 e ’90 e grazie alla diffusione dei sali reidratanti per via orale, arrivando così per la prima volta nella storia a ridurre la mortalità da 0 a 5 anni sotto i 10 milioni annui (9,7 nel 2006).

Ma le infezioni delle vie respiratorie e la mortalità per cause legate al parto, combinandosi con gli effetti della diffusa malnutrizione cronica e con la malaria, continuano a fare strage di neonati e bambini.Per arrivare all’Obiettivo di Sviluppo del Millennio n. 4, che prevede la riduzione di due terzi della mortalità infantile entro il 2015, servono analisi costanti delle situazioni più a rischio e nuove modalità d’intervento, più articolate, sistematiche e complesse.
La sfida è garantire che i bambini possano accedere a un’assistenza medica continuativa, sostenuta da solidi sistemi sanitari nazionali.

Conflitti e povertà, gli ostacoli che rallentano il progresso
Nonostante i passi avanti globali, si è ancora lontani dal raggiungere l’obiettivo nella gran parte del Medio Oriente e Nord Africa, nell’Asia meridionale e nell’Africa Subsahariana.

Per riuscirci, servono progressi sostanziali anche in altre aree, dall’istruzione alle forniture idriche, ma soprattutto servono due cose, come dimostra l’esperienza di vari paesi:

  • un deciso impegno politico a livello nazionale, che coinvolga i governi, i donatori e le comunità locali, con politiche sanitarie integrate e coerenti su tutto il territorio nazionale e omogeneizzando le iniziative dei diversi attori, ONG, agenzie ONU ecc.
  • un’integrazione degli interventi di base (vaccinazioni, zanzariere impregnate anti-malaria, integratori vitaminici, promozione dell’allattamento al seno e servizi base di assistenza alla gravidanza e al parto) e la loro erogazione capillare in tutte le aree anche periferiche in modo sinergico

Nell’Africa Subsahariana, dove 1 bambino su 6 muore prima del quinto compleanno, è evidente la necessità di adeguate strategie salvavita. Nel 2006, quasi la metà di tutti i decessi sotto i 5 anni si è verificata nell’Africa Subsahariana, anche se solo un quarto nei nuovi nati nel mondo sono in quest’area. Le cause? Guerre, disastri naturali, AIDS, miseria e scarse strutture medico-sanitarie indubbiamente aggravano la mortalità infantile nella regione.

Tuttavia, nonostante questi problemi, non in tutti i paesi la situazione è uguale: Stati poveri e con difficoltà enormi come Eritrea, Etiopia, Malawi e Mozambico, per esempio, sono riusciti a ridurre di oltre il 40% la mortalità infantile dal 1990 a oggi, dimostrando una volta di più che sono possibili risultati straordinari se si attuano interventi concentrati che diano priorità assoluta alla salute di madri e bambini.

«L’integrazione a livello comunitario di servizi essenziali per madri, neonati e bambini piccoli, insieme a un miglioramento sostenibile dei servizi sanitari nazionali, può salvare la vita di molti dei 26.000 bambini sotto i 5 anni che muoiono ogni giorno» ha sottolineato il Direttore generale dell’UNICEF Ann Veneman.

«Il rapporto descrive l’impatto di misure salvavita semplici ed economicamente sostenibili, quali l’allattamento esclusivo al seno, le vaccinazioni, l’utilizzo di zanzariere trattate con insetticidi, la somministrazione d’integratori di vitamina A, ciascuna delle quali ha contribuito negli ultimi anni a ridurre la mortalità infantile.»

Scarica il Rapporto:

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