Cultura

Porporati di frontiera. Ecco i pulpiti più scomodi d’Italia

Immigrati, disoccupazione, legalità, e ora anche i no global. Da monsignor Agostino a monsignor Nogaro, dal Molise alla Sicilia.

di Ettore Colombo

Sono persone miti, gentili, spesso anziane. Ma non si tirano indietro. Portano clergyman o più spesso l?antica sottana, ma li trovi in prima linea. Su ogni fronte che si apre difficilmente latitano. Sono figure nuove e insieme antiche, con cui i media hanno iniziato a familiarizzare. L?episodio più recente a Cosenza, dove monsignor Giuseppe Agostino (74 anni, reggino) ha fatto scandalo per una veglia di preghiera in cattedrale piena zeppa di no global e rifondaroli, seduti accanto a preti e suore: l?arcivescovo ha criticato gli arresti della procura, ma soprattutto ha detto che «questi sono giovani spinti dall?attenzione per l?uomo, l?opposto di tanti coetanei che danzano sul nulla in discoteca». Prelati in frontiera Del resto, alla veneranda età di 76 anni e nel giorno della festa patronale nella sua Catanzaro, il mite arcivescovo Antonio Cantisani non si sarebbe proprio sognato di passare per il capo d?una sedizione e invece tale è stato definito direttamente dal leader della Lega Nord, Umberto Bossi per aver mobilitato i 122 parroci della sua diocesi (oltre che Caritas, missionari e Azione cattolica) e raccolto 100mila firme contro «una legislazione che viola i principi di solidarietà e i diritti umani». Il riferimento, ovviamente, era alla legge Bossi-Fini. In prima fila, sul fronte della lotta all?immigrazione come a quello della prostituzione clandestina, c?è Raffaele Nogaro, vescovo di Caserta, figura di riferimento cruciale per tutto il Sud: originario del Friuli, ha fatto venire un gruppo di suore a gestire la Casa Ruth, che aiuta le prostitute, e all?età di 70 anni ha portato coperte e tè caldo agli immigrati in coda per i permessi di soggiorno. Quelli del Prc e i ragazzi dei centri sociali sono di casa, in curia, senza bisogno di tanti discorsi no global. Altra figura chiave, in Campania, è quella del vescovo emerito di Acerra, il combattivo e generoso monsignor Antonio Riboldi, che della lotta alla camorra ha fatto una bandiera: non mancano, però, figure di vescovi meno noti, ma in prima fila, nell?affrontare i problemi sociali come il vescovo di Ariano Irpino, Gennaro Pascariello, focolarino, e quello di Avellino,Antonio Forte, francescano. Veri e propri ?vescovi del lavoro? sono considerati poi monsignor Salvatore Nunnari, a capo della diocesi di Sant?Angelo dei Lombardi, sempre in Irpinia, e il vescovo della diocesi calabra di Locri-Gerace, Giancarlo Bregantini, responsabile della Cei per i problemi sociali e il lavoro, promotore di una vera e propria rete di economia sociale in loco. Ma il Sud sta nel Mediterraneo e la sua vocazione sarebbe di essere «terra e mare di pace»: lo diceva una grande e profetica figura nella storia recente dell?episcopato meridionale, quella di don Tonino Bello, il fondatore di Pax Christi, vescovo di Molfetta e pacifista integrale. Nel 2003, a Pasqua, Pax Christi lo ricorderà con una importante serie di manifestazioni e iniziative proprio a Molfetta, dove oggi opera il suo successore e continuatore, il vescovo don Luigi Martella. Nuovo presidente nazionale di Pax Christi è diventato, non da molto, monsignor Tommaso Valentinetti, vescovo di Termoli e Larino. Una diocesi sotto i riflettori ?causa sisma? e capeggiata da un prelato giovane e preparato che, senza estremismi, ci tiene a difendere, proprio con Vita, le scelte e l?operato di monsignor Agostino: «Quella del Forum sociale europeo di Firenze è stata una bella e positiva esperienza per Pax Christi. Abbiamo discusso di diritti umani, libertà religiosa e dialogo. Fatta salva l?autonomia della magistratura, in questo movimento vedo tanti giovani che vogliono dialogare di salvaguardia del creato, diritti e pace. La loro criminalizzazione non fa bene a nessuno. Per quanto riguarda gli arresti, escluse le eventuali responsabilità specifiche, esprimo forti perplessità. Da quando pensare è diventato reato?». Eppure, Valentinetti tutto è tranne che il tipico prete no global: moderato e moderno, giovane, sa muoversi con discrezione tra richieste della società civile, sentimenti di una comunità ferita dal sisma e rapporti con le istituzioni e i poteri locali su temi delicati quali la ricostruzione, la crisi Fiat alle porte, la protesta contro le centrali a turbogas che stanno per essere installate in Molise. Discretamente, Valentinetti invita la politica a porsi« il problema della difesa dell?ambiente e del territorio e a rivitalizzare l?agricoltura e l?artigianato locale». Dal Molise alla Sicilia In Sicilia, invece, la forza di denuncia dei prelati antimafia si è un po? affievolita, di recente, e soltanto il vescovo ausiliario di Messina, Francesco Montenegro, tiene alta una bandiera della difesa dell?obiezione di coscienza. Anche da Basilicata e Puglia giungono pochi segnali se si esclude una figura nota e controversa, quella dell?arcivescovo di Lecce, Cosmo Francesco Ruppi: la Fondazione Regina Pacis, contestata dai no global e che da lui dipende, lavora molto sul tema dell?accoglienza. D?altronde, sempre meglio discutere in modo appassionato che ballare sul nulla, direbbe monsignor Agostino. Molise Voci da dentro/2 Qui Larino. Il nuovo mestiere di Bianca Cosa vuoi che ti racconti. Qui abbiamo difficoltà e piccole gioie tutti i giorni. Quando è venuta la Nazionale, a San Giuliano, erano tutti contenti, poi però è ripartita. Pensa a Larino, dove vivo e che tu ben conosci: il centro storico è completamente inagibile, chiuso, transennato, deserto. è un gioiello, come la cattedrale di San Pardo, a rischio anche quella. Ora è nato un comitato a difesa del paese vecchio, speriamo che possa darci una mano, ma le polemiche non mancano. Inoltre, il tribunale è inagibile, sì quello che deve indagare sul crollo della scuola. E molte scuole anche. C?è ancora molto caos e poi qui a Larino non c?è nemmeno il sindaco, ma il commissario prefettizio?». Bianca Bondi è insegnante, ha 58 anni, un bell?accento larinese nella voce e un sorriso dolce: dal giorno del terremoto non s?è mai fermata. Inchiodata al telefono, gestisce l?emergenza e lavora al centro servizi per il volontariato Il Melograno, fondato da don Antonio Mastantuono, una figura forte e ormai nota, per i lettori di Vita, e del parroco in prima linea è il braccio destro. «Facciamo da supporto logistico alla Caritas e alle sue raccolte, ma siamo dei mezzi sfollati anche noi, sul piano personale: adesso il Centro operativo mobile della Protezione civile lo hanno spostato dalla scuola elementare al seminario per poter permettere la ripresa delle lezioni ai bambini larinesi, ma qua è sempre un via via continuo di aiuti, arrivi, offerte. Ecco, appunto, le offerte: sono davvero troppe. Servirebbe una gestione ordinata e più razionale, invece arrivano soprattutto generi alimentari deperibili e vestiario inutilizzabile. Come Melograno lavoriamo da tanti anni per cercare di stimolare la coscienza e la formazione del volontariato locale, ma è dura. Qui entrano ed escono tanti giovani, per fortuna, tutti volenterosi e pieni di voglia di fare: ora stanno lavorando sull?animazione e il supporto psicologico nelle tendopoli e con gli sfollati».


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