Mondo

Kenya, atteso per oggi Kofi Annan

Oggi a tentare una mediazione sarà l’ex segretario generale dell’Onu. Intanto continuano gli episodi di violenza a Nairobi e in altre città del Paese africano

di Emanuela Citterio

<b>Non si ferma la violenza in Kenya</b> dopo le elezioni del 27 dicembre scorso che hanno visto rieletto il presidente uscente Mwai Kibaki e che sono state contestate dal suo avversario Raila Odinga. Anche la scorsa domenica nella baraccopoli di Mathare, a Nairobi, gruppi etnici kikuyu e luo, a cui appartengono rispettivamente <b>il presidente Kibaki</b> e <b>il leader dell’opposizione Odinga</b>, si sono affrontati a colpi di coltello, con l?esito di tre vittime e tredici feriti. Per giovedì 24 gennaio il partito di opposizione ha indetto un?altra giornata di protesta contro la rielezione di Kibaki. <b>Oggi è atteso a Nairobi l’ex Segretario generale dell’Onu, Kofi Annan,</b> incaricato di mediare tra Kibaki e Odinga per risolvere la crisi. Il governo di Nairobi ha pero’ gia’ fatto sapere che ad Annan, “non essendo stato invitato”, non sara’ riconosciuto alcun ruolo particolare. In arrivo per le stesse ragioni, e con identici obiettivi, pure il presidente ugandese Yoweri Museveni: il suo Paese ha accolto gran parte del flusso di profughi da oltre frontiera e, oltre a subire le ripercussioni di una crisi istituzionale che mette a repentaglio la stabilità dell’intera regione, vede in stallo la propria economia a causa della difficoltà ad accedere al porto kenyota di Mombasa, di fatto unico sbocco al mare per l’Uganda. <b>Riportiamo un?intervista a padre Kizito Sesana,</b> che vive nella baraccopoli di Riruta, a Nairobi, di Die Tagespost – <i>Katholische Zeitung für Politik, Gesellschaft und Kultur</i>, sugli scenari possibili a partire dalla visita di Annan. <b>La missione del presidente del Ghana è fallita. L? ultima speranza è con l?annunciata e rimandata visita di Kofi Annan?</b> Le posizioni di Kibaki e Raila sono molto distanti, e molto difficili da riconciliare. Kibaki sostiene di essere stato eletto legittimamente, e quindi non ha la necessità e la volontà di negoziare con nessuno, mentre Raila dice che ci sono stati brogli. Ma Raila diceva questo già una settimana prima delle elezioni, e non era e non è certamente disposto a perdere. Èuna vita che insegue la presidenza del Kenya, e se gli sfugge questa volta avrà non ci sarà un? altra occazione. Ma d?altro lato devono necessarimente negoziare. Secondo la costituzione in vigore il governo è formato dal Presidente, ma questo governo non potrà governare perche Raila ha 5 o 6 voti in piu? in parlamento e può bloccare tutto? Però Raila non ha i due terzi dei voti, che protrebbero permettergli di sfiduciare il presidente e chiedere nuove elezioni. È un? impasse difficile da superare. ? Non credo che neanche l? abilità diplomatica di Koffi Annan sia sufficiente? <b>E se questo incontro fallirà cosa quali vie resteranno aperte?</b> Certamente Kibaki e Raila dovranno venire ad un compromesso, ma perchè questo avvvanga ci vuole un pò di tempo, di modo che possano ammorbidire le loro posizioni salvando la faccia. Dieci giorni fa Raila diceva che l? unica soluzione possibile era che Kibaki si dimettesse? Adesso è disposto a negoziare e dalle ultime notizie sembra sia disposto ad un governo di unità nazionale. Entrambe le parti hanno bisogno di tempo. Ci sono però personaggi in tutti e due i campi che sembrano determinati a convincere i leaders a resister sulle loro posizioni e usano il tempo per alzare ulteriori steccati invece che per aprire strade al dialogo. L? attuale confornte per le strade è una scelta che vain questo senso, che non tiene assolutamente conto di ciò che la maggioranza della gente veramente vuole. <b>Se la Comunità Europea intervenisse aumentando la pressione politica e commerciale?</b> Potrebbe essere controproducente. I kenyani sono molto orgogliosi e in questi giorni a Nairobi molti commentano che l? abbastanza chiaro supporto che Gran Bretagna e USA danno a Raila è dovuto al fatto che il governo di Kibaki, per la prima volta dall? indipendenza, ha fatto un contratto per acquistare le auto del governo e della polizia non dalla Land Rover ma dalla Toyota. Ed è un contratto di milioni di euro. Kibaki ha pure rifiutato agli USA il permesso di installare una base navale sulla costa keniana, e non ha firmato il trattato secondo cui i militari americani possono essere processati solo negli USA. Una pressione eccessva potrebbe far scattare sentimenti nazionalisti molto forti. <b>Una situazione drammatica allora. Come sta intervenendo la Chiesa Cattolica?</b> Dobbiamo ammettere con rammarico che la chiesa in questa situazione particolare non ha una grande autorità morale. Troppi vescovi sono stati percepiti già dal tempo del referendum dell? ottobre 2005 come di parte. Che sia vero o no, non ha importanza, la percezione è questa. Ieri ero con un gruppo che lavora per la difesa dei diritti umani. Un parteciapnte ha proposto un sit-in nel parcheggio della cattedrale, che è in posizione strategica perchè vicinissimo al parlamento, ma subito altri hanno obiettato che la scelta del posto era inopportuna perche la gente li avrebbe percepiti come di parte. <b>E perchè è così difficile per la chiesa, per la conferenza episcopale cattolica fare un appello pubblico agli politici e alla gente?</b> Ci sono già troppi appelli, qui ne viene fuori uno o piu? al giorno, e anche troppi mediatori che si autopropongono! La chiesa è capqace di fare formazione delle persone a lungo termine e deve fare questo, purtroppo secondo me al momento non ha la credibilità di proporre soluzioni immediate. Questo è un problema di tutta la chiesa in Africa. Dopo il genocidio del Ruanda si fece qui a Nairobi nel ?97 una consultazione con una settantina di caridnali, arcivescovi e vescovi da tutta l? Africa sul problema dei Grandi laghi e quindi sul problema del tribalismo. Ma il documento che ne usci fu molto deludente, e che io sappia non è seguita nessuna azione. Dopo questi fatti la chiesa in Kenya e in Africa dovrebbe impostare dei piani pastorali a lunga scadenza che affrontino il problema del tribalismo sui tempi lunghi. Altrimenti quando esplodono queste situazioni non si ha la credibilità necessaria per farsi ascoltare. A livello di base i laici sono a volte piu? lucidi e piu? capaci di interventi ricchi di spirito cristiano. Gli appelli all? aiuto umanitario che parrocchie e associazioni cattoliche hanno fatto in questi gironi hanno avuto riscontri molto positivi, e l? impegno di alcuni laici in associazione che promuovono pace e riconciliazione è straordinario. Conosco diverse persone che hanno tenuto in casa loro amici e conoscenti che avevano paura a viaggiare, condividendo con loro il poco che avevano. <b>Come vede il futuro del Kenya?</b> I kenyani sono capaci, come hanno ben dimostrato in molti anni, di una convivenza positiva e reciprocamente arricchente. Sono stati traditi dai loro uomini politici che in questi ultimi due anni hanno fomentato in una piccola minoranza – vulnerabile perchè povera e disperata ? sentimenti di odio tribale. Ora ci vorrà molto tempo per riparare al male fatto. Ma la sociatà civile è sana e saprà lavorare seriamente. A questo punto devo dire che mi preoccupano molto le interferenze esterne. Mi pare sempre piu? chiaro che quanto sta succedendo è anche dovuto a fortissime pressioni dall? esterno. Europa, Cina e USA stanno giocando una partita importante per il controllo dell? Africa e delle sue risorse, e il Kenya è solo una pedina. E i politici locali che vogliono arrivare a tutti i costi al potere o che vogliono restarci, sono troppo facilmente corruttibili. E la gente paga.

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