Mondo

Il dialogo delle opere tra cristiani e Islam

A Mogadiscio gli aiuti della Chiesa cattolica arrivano attraverso la più importante ong musulmana. Una scelta dettata dal realismo. Ma che getta un ponte tra le due anime del Paese.

di Emanuela Citterio

A Mogadiscio, in Somalia, gli aiuti della Chiesa cattolica agli sfollati arrivano attraverso un?organizzazione non governativa islamica. A raccontarlo, nel suo ufficio di Nairobi, è Davide Bernocchi direttore di Caritas Somalia: «Aiutati da Caritas Italiana, che ha risposto all?appello che avevamo lanciato, stiamo rispondendo alla gravissima emergenza umanitaria in Somalia sostenendo l?azione di Islamic Relief Worldwide, un?organizzazione umanitaria di ispirazione islamica».A Mogadiscio e dintorni per le organizzazioni non governative, ma anche per le agenzie delle Nazioni Unite, è diventato quasi impossibile prestare aiuto alla popolazione. L?insicurezza in questi mesi è cresciuta di pari passo con il bisogno. Alla fine del 2007 il numero degli sfollati interni è arrivato a un milione. La breve guerra che, a cavallo tra il 2006 e il 2007, ha visto la cacciata delle corti islamiche da parte del governo di transizione somalo (con l?aiuto determinante del governo etiope) non ha risolto la questione del controllo della capitale. La tensione fra le forze pro governo ed elementi dell?estremismo islamista, alleati a fazioni claniche, non ha smesso di acuirsi. Finché la situazione è degenerata in una feroce guerriglia urbana, che va avanti dalla fine di marzo dello scorso anno.

Le ong impotenti
A ottobre una nuova ondata di civili in fuga ha abbandonato Mogadiscio a causa dei combattimenti: oltre 200mila sfollati, che si sono aggiunti agli altri 800mila fuggiti nel corso del 2007. Il 30 ottobre, 40 fra le organizzazioni non governative nazionali e internazionali che operano in Somalia hanno espresso la propria impotenza: «Non riusciamo a rispondere in modo efficace alla crisi», hanno scritto in un comunicato, «perché la possibilità di accesso alle aree di crisi e la sicurezza si sono deteriorate in modo pesantissimo proprio quando il bisogno è diventato drammatico». Le organizzazioni umanitarie hanno denunciato anche di dover affrontare minacce, intimidazioni, bombe e mine lungo le strade, e di dover attraversare check point dove è richiesto un prezzo sempre più alto per passare. A Mogadiscio non esistono uffici delle Nazioni Unite e poche sono le organizzazioni umanitarie con una presenza diretta nella capitale. A dicembre, persino l?ospedale di SOS Kinderdorf, aperto senza sosta dall?inizio della guerra civile, nel 1991, è stato chiuso definitivamente dopo un intervento dei soldati etiopi, a conclusione di un ciclo negativo apertosi per l?organizzazione con l?omicidio di suor Leonella Sgorbati, nel settembre 2006. Islamic Relief, una charity islamica basata a Birmingham, in Gran Bretagna, è una delle poche organizzazioni che riesce ancora ad operare sul campo, anche a causa della propria connotazione religiosa. A Mogadiscio e Afgoye, la città a una ventina di chilometri dalla capitale dove sono riparate decine di migliaia di persone, Islamic Relief porta aiuti coordinandosi con le agenzie delle Nazioni Unite. E nella capitale ha un ufficio con uno staff di dodici persone per coordinare l?intervento umanitario. La collaborazione con Caritas Somalia fa parte di un accordo più ampio, che coinvolge anche Cafod (la Caritas inglese) e Christian Aid: le tre organizzazioni cristiane hanno affidato i fondi raccolti per affrontare l?emergenza alla charity islamica. Nell?ufficio di Islamic Relief a Nairobi, in Kenya, Shihab Eldin Babiker, sudanese, direttore del programma in Somalia, spiega come funziona il progetto: «Nell?area di Afgoye ci sono 70 accampamenti di sfollati. Grazie alla collaborazione con Caritas, Cafod e Christian Aid siamo riusciti a intervenire in due di questi campi e a fornire aiuti alimentari, tende e coperte, servizi sanitari, acqua e medicinali». Un progetto costato 264mila dollari: 37mila sono stati stanziati da Islamic Relief, 39mila da Caritas Somalia (alti 43mila sono in fase di trasferimento), 104mila da Cafod e 84mila da Christian Aid. Una collaborazione basata sulla reciprocità. «In Paesi a maggioranza islamica, dove per noi è più facile operare, Cafod ha sostenuto i nostri progetti. E noi abbiamo fatto lo stesso in Paesi a maggioranza cristiana, per esempio in America Latina», spiega Babiker. «Abbiamo lavorato insieme anche in Pakistan e in Libano». Già nel 2004 Islamic Relief e Cafod avevano sottoscritto un accordo di collaborazione per portare insieme, laddove fosse possibile, «un aiuto umanitario libero da strumentalizzazioni politiche e costrizioni di ogni sorta».

Un ufficio negli Usa
L?attentato alle Torre Gemelle e il seguente periodo di sospetto verso le charity islamiche (molte sono state accusate di sostenere il terrorismo), Islamic Relief l?ha affrontato accreditandosi presso il governo degli Stati Uniti. «Abbiamo un ufficio anche negli Usa», racconta Babiker. «E abbiamo ottimi rapporti: molti dei farmaci che stiamo distribuendo in Somalia ci sono stati donati proprio dal governo americano». A novembre del 2007 anche Caritas Somalia ha sottoscritto un accordo con Islamic Relief. «In un ambiente caratterizzato da una conflittualità tanto forte fra identità differenti, a partire da quella dei clan, questo dialogo delle azioni vuole essere un segno di ciò che i credenti possono costruire insieme, a servizio dell?uomo, in nome dell?unico Dio», afferma Davide Bernocchi. «Del resto in un documento della Chiesa cattolica, Dialogo e Annuncio, del 91, la forma di dialogo interreligioso proprio a chi fa lavoro umanitario è definita ?dialogo delle opere?». Caritas Somalia è tornata a operare direttamente nel Paese del Corno d?Africa a maggio del 2006, aprendo un dispensario medico a Baidoa, nel Sud, a 250 chilometri da Mogadiscio. Nel 95, Caritas Italiana aveva dovuto lasciare la Somalia dopo l?uccisione della dottoressa Graziella Fumagalli, che gestiva un ospedale a Merka. E anche oggi la presenza di Caritas in Somalia è discreta. Sono molti i religiosi cattolici caduti sotto i colpi del fondamentalismo in Somalia: a partire dall?89, con l?uccisione del vescovo di Mogadiscio, monsignor Salvatore Colombo. La stessa sorte era toccata nel 91 al francescano Pietro Turati, nel 2003 alla missionaria laica Annalena Tonelli e nel settembre 2006 a suor Leonella. Per monsignor Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio, la collaborazione fra organizzazioni di diversa ispirazione religiosa è un segno di speranza per la Somalia: «Le diverse crisi dell?Africa orientale hanno almeno due elementi comuni: da un lato il diffondersi di un certo estremismo che usa in maniera irresponsabile la religione per perseguire i propri scopi politici, dall?altro la lotta di diverse potenze per il controllo delle risorse locali» afferma. «Ma c?è anche chi collabora per costruire un mondo migliore, proprio in nome di valori etici e religiosi».

Solidarietà in nome di Dio

Islamic relief worldwide (Irw) è un?organizzazione umanitaria internazionale che si occupa di cooperazione allo sviluppo e aiuti di emergenza. È nata a Birmingham (Gran Bretagna) nel 1984. Ha uffici in 25 Paesi e progetti di sviluppo in 30 Paesi del mondo. Ha un?ispirazione religiosa. La sua azione umanitaria è basata sulla neutralità e l?assistenza a qualsiasi persona nel bisogno di qualsiasi credo o convinzione politica.
Caritas Somalia è nata nel 2006, è un organismo non governativo della Chiesa cattolica. Fa parte di Caritas Internationalis, una confederazione di 162 organizzazioni cattoliche che si occupano di cooperazione allo sviluppo, aiuti nelle emergenze e servizi sociali in più di 200 Paesi del mondo. Il presidente di Caritas Somalia è il vescovo di Gibuti, monsignor Giorgio Bertin.


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