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La favela che piace a Bertinotti

Otto anni fa solo il 20% degli abitanti di questo ex inferno era collegato alle fogne, oggi è l’85%. E nel 97% delle case ora c’è il bagno.

di Paolo Manzo

Salvador de Bahia può essere un paradiso ma anche un inferno; può essere bianca ma anche, e soprattutto, nera. Del resto la convivenza degli opposti è alla base del Candomblé, religione sincretica che qui, dove il 90% della popolazione discende direttamente dagli schiavi, è molto in voga, e abbina a ogni santo cattolico una divinità animista. Il bene e il male convivono nel Candomblé come a Salvador. Dipende da dove uno inizia a visitarla. La chiesa di San Francisco, nel Pelourinho, quartiere dichiarato dall?Unesco «patrimonio mondiale dell?umanità», contiene 600 chili d?oro ed è uno dei più straordinari esempi di barocco coloniale dell?intera America Latina. A parte i turisti che ne affollano navate e altare, è un paradiso in terra. Le 357 favelas dove vivono circa un milione di persone costrette spesso al ?fai da te? per liberarsi di scarichi organici e immondizie, neanche fossimo a Napoli, sono un mezzo inferno. E proprio in quest?inferno da circa 15 anni lavora l?Avsi, ong italiana storica e tra le più attive in Brasile, con l?obiettivo di trasformare il male in bene, l?inferno in paradiso, le palafitte puzzolenti del complesso di Bojadero, all?interno di Novos Alagados, una delle dieci favelas che formano l?enorme agglomerato di terre occupate dai poveri a Ribeira Azul, a nord di Salvador, in case dove vale la pena vivere. «Siamo arrivati nel 1993, chiamati per un progetto su Novos Alagados dall?allora arcivescovo Moreira Neves, che conosceva la nostra esperienza nella riduzione della povertà urbana», spiega a Vita Fabrizio Pellicelli, architetto, coordinatore dell?Avsi in questa città di 3 milioni e mezzo di abitanti affacciata sulla baia più grande del Brasile, quella di ?tutti i santi?. Del resto a Salvador ci sono 365 chiese, una per ogni giorno dell?anno, quasi una per ogni favela.A Novo Alagados l?Avsi non ha lavorato bene. Ha lavorato benissimo, e non lo testimoniano le chiacchiere ma i fatti, i numeri. Oltre 70 organizzazioni di base coinvolte, 1.339 agenti comunitari formati, 984 famiglie risistemate in nuove case, 373 case costruite da zero, 221 ristrutturate, quattro piazze, un ?lungomare?, tre piste ciclabili e collegamenti alla rete idrica passati in pochi anni dal 36,6% del 2000 al 70,7% di oggi. Ciò che però ha cambiato di più la vita dei favelados delle palafitte puzzolenti di ieri è la costruzione di una rete fognaria che oramai raggiunge quasi tutte le famiglie di Ribeira Azul. Oggi le persone collegate alle fogne sono l?85% rispetto al 20% di inizio millennio, mentre le abitazioni senza bagni sono meno del 3%. Nel 2000 erano una su tre. Forse non è ancora un paradiso, e nel giro di qualche anno tutta Ribeira Azul sarà sottoposta a un programma di ?riduzione della povertà urbana? che abbatterà le ultime 2.500 palafitte, migliorando la vita di altre 40mila persone. Per questo l?architetto Pellicelli continua a presidiare Salvador, ma di certo l?inferno di Ribeira Azul oggi è solo un ricordo. Basti pensare che grazie all?Avsi sinora 135mila persone sono state trasferite dalle palafitte sul mare, antigieniche e pericolose, in vere e proprie case. Una rivoluzione urbana o, come l?ha definita durante la sua visita nel marzo scorso il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, «un?esperienza che insegna come povertà ed emergenza possano essere combattute». Anche attraverso un atto simbolico come l?intestazione di un asilo per 200 bambini a don Luigi Giussani, «un rivoluzionario che ha cambiato, sta cambiando e continuerà a cambiare il mondo» e che, racconta Pellicelli, lì a Salvador de Bahia, nell?area di Ribeira Azul, ha contribuito al «compimento della lotta». La lotta contro la povertà e la miseria.

Per saperne di più: Avsi

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