Formazione

Immigrazione. Una fotografia della Caritas. In Veneto l’integrazione supera la politica

166 nazionalità diverse in regione. E la seconda generazione è a quota 50mila. Senza allarmismi sociali.

di Davide Nordio

Immigrazione in Veneto, siamo entrati nella normalità. È quasi una non-notizia quella che caratterizza la sezione veneta del dossier 2007 Caritas/Migrantes presentata a Padova. Una non-notizia che però potrebbe avere come conseguenza la revisione di molte delle azioni delle pubbliche amministrazioni su un fenomeno che non è più tale. «Ormai non siamo più davanti a un?emergenza, lo dicono i numeri», spiega don Bruno Baratto, sacerdote trevigiano autore del capitolo Veneto. «Siamo al secondo posto in Italia per numero di neonati stranieri ,con 8.139 nuovi nati nel 2006, e siamo quasi a quota 50mila per le seconde generazioni. Stiamo parlando di una dimensione strutturale, e plurale: in Veneto coesistono 166 provenienze diverse, che rendono complicato un avvicinamento culturale». Nella terra dove il confronto con il mondo islamico è spesso origine di malintesi e strumentalizzazioni, per don Baratto un?attenzione particolare in quest?ambito non farebbe male: «Ci immaginiamo i musulmani come un blocco unico, in realtà è un universo molto diversificato». Non farebbe male poi una riflessione, da parte degli «indigeni?, sulla polverizzazione di una cultura che una volta era contadina e ora non lo è più, perché è in questo che si annida il timore verso gli immigrati. «Dobbiamo pensare che i bambini di oggi resteranno qui per sempre», aggiunge don Baratto. «Se partiamo da questo, il discorso sull?integrazione va visto sotto un altro profilo». Se la presenza straniera è strutturale, hanno ragione di esistere provvedimenti come il decreto Bitonci, l?ordinanza anti sbandati del sindaco di Cittadella: «Il decreto in sé non fa altro che applicare regole decise dal governo. Il problema è che c?è chi vuole continuare a soffiare sul fuoco della paura degli immigrati, utilizzando anche questo strumento, ed è pericoloso che lo faccia chi ha responsabilità istituzionali. D?altro canto, fa male il razzismo ma fa male anche il buonismo: occorre chiarezza nelle regole». E rendere la vita più semplice agli immigrati: «Occorre rendere meno precaria la permanenza e combattere il lavoro nero», conclude don Baratto, «ma soprattutto finirla con l?esasperazione della sicurezza».

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