Famiglia

L’adozione è cosa troppo seria per i giornali?

Accade che ci siano giornalisti che si lasciano prendere la mano dall’enfasi o dal desiderio di fare un pezzo sensazionale.

di Riccardo Bonacina

Spesso i mass media si occupano di problemi di attualità e di costume attraverso inchieste più o meno documentate e, purtroppo, accade che ci siano giornalisti che si lasciano prendere la mano dall?enfasi o dal desiderio di fare un pezzo sensazionale. Ci rendiamo conto che, in quanto genitori adottivi, siamo forse portati a vedere criticamente tutto ciò che riguarda un mondo che ben conosciamo personalmente ma, mai e poi mai, ci saremmo aspettati di leggere su un quotidiano come La Repubblica poche settimane fa, che «La fabbrica delle adozioni … costruisce famiglie». Le nostre famiglie non sono state certamente costruite dall?adozione o in vista dell?adozione come dice l?articolo, ma esistevano, erano vive ed aperte ai problemi della società, erano sensibili alle necessità del prossimo e in particolare dei bambini e hanno fatto la scelta dell?adozione non per soddisfare un proprio bisogno ma per rispondere al bisogno di una bambina o di un bambino. Scrivere poi che «in Italia nel dopoguerra c?erano molti pregiudizi ad adottare: non ci si mettevano volentieri in casa figli di prostitute, figli di nessuno con chissà quale carattere scritto nel dna» rende una grave ingiustizia agli italiani. Il fatto che non ci fossero molte adozioni fino al 1967 era dovuto al fatto che la legge allora vigente consentiva l?adozione solo alle persone che non erano più in grado di avere un figlio biologico e che la differenza minima di età fra adottante e adottato era 45 anni (oggi tale differenza di età è quella massima).Quando poi si scrive che «le pratiche per definire l?adottabilità sono giustamente lunghe (deve essere chiaro che nessun reclamerà quel bambino, che sia effettivamente solo al mondo), meticolose e a volte estenuanti le verifiche di compatibilità fra la coppia e il futuro figlio», significa che si è davvero poco informati. Le pratiche sono lunghe non perché deve essere accertato che nessuno reclamerà quel bambino, ma per essere certi che sia in stato di definitivo abbandono materiale e morale; sono meticolose perché il Tribunale deve accertarsi che chi presenta domanda di adozione sia effettivamente idoneo a diventare genitore perché quel bambino ha già subito una volta il trauma dell?abbandono; non ci sono, infine, verifiche di compatibilità fra la coppia e il futuro figlio perché l?abbinamento figlio/genitori viene fatto sulla base dei bisogni del bambino e delle caratteristiche dei genitori. Riteniamo che quando si affrontano argomenti delicati come quello dell?adozione occorra prestare una maggiore attenzione verso le persone (e ci riferiamo anche ai nostri figli) che ne vengono coinvolte. Grati per la pubblicazione

Giovanni Battista Minuto, Maurizio Galbiati, Sandro Borghesansoci di Batya – associazione per l?accoglienza, l?affidamento e l?adozione di Genova


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA