Volontariato

Olimpiadi: Play Fair Campaign, sfruttamento nelle aziende

Lo rivela il nuovo rapporto della Play Fair Campaign 2008 ''Vincere gli ostacoli'' pubblicato oggi in contemporanea in tutto il mondo. Disponibile su: www.abitipuliti.org

di Redazione

Le condizioni che gli operai vivono in questi stessi giorni nelle fabbriche che in tutto il mondo producono articoli sportivi per le Olimpiadi di Pechino 2008 sono inumane. In particolare in Cina dove, ad esempio, i lavoratori incollano le scarpe da training per meno di 2 dollari al giorno e cuciono palloni per 50 centesimi di dollaro l’uno. Lo rivela il nuovo rapporto della Play Fair Campaign 2008 ”Vincere gli ostacoli” pubblicato oggi in contemporanea in tutto il mondo e che, nella versione disponibile sul sito della campagna italiana www.abitipuliti.org, ospita la prefazione del sociologo del lavoro Luciano Gallino e la postfazione della presidente della Federazione sindacale europea del tessile, abbigliamento e cuoio Valeria Fedeli.

Sulla base di interviste fatte a piu’ di trecento lavoratori del settore sportivo in Cina, India, Thailandia e Indonesia, il rapporto dimostra che, nonostante 15 anni di codici di buona condotta che i principali e piu’ popolari marchi sportivi hanno adottato per rispondere alle critiche delle organizzazioni non governative e dei sindacati, i lavoratori impegnati nella produzione dei loro articoli sono ancora sottoposti a ritmi estremi, a straordinari eccessivi, non registrati e non pagati, abusi verbali, minacce alla salute e alla sicurezza anche dovuti all’esposizione a prodotti chimici tossici, senza alcuna tutela e assicurazione prevista.

”Pensiamo che le imprese debbano raccogliere questa sfida e dimostrare che vogliono davvero mettere in campo politiche di responsabilita’ sociale che incidano sulle condizioni reali dei lavoratori impiegati nelle filiere produttive internazionali” spiega Deborah Lucchetti, presidente di Fair e coordinatrice nazionale della Campagna Abiti Puliti. Il rapporto integrale include informazioni sulle fabbriche che producono per Adidas, ASICS, Baden, Converse, Diadora, Domyos, Ecco, Everlast, Fila, Frankin, Lotto, New Balance, Nike, Mikasa, Mizuno, Miter, Puma, Reebok, Russell Athletic, Umbro, VF Corporation, Wilson, Yue Yuen, Spalding e Rawlings.

I ricercatori di Play Fair hanno sollevato il velo sulla Yue Yuen, il piccolo produttore di Hong Kong che fabbrica 1/6 delle scarpe mondiali e conta fra i suoi clienti piu’ importanti marchi come Adidas, Nike e New Balance. Un operaio che lavora per la Yue Yuen in Cina racconta loro: ”Sono stanco da morire adesso. In due dobbiamo incollare 120 paia di scarpe all’ora… Stiamo lavorando senza riposo e abbiamo sempre paura di non lavorare abbastanza in fretta per fornire le suole alla linea successiva… Siamo stanchi e sporchi” . Il rapporto fa luce anche sulle condizioni dei lavoratori che cuciono palloni sportivi in Thailandia, India e Cina. Alla Joyful Long sul Delta del fiume Pearl in Cina, che fornisce Adidas, Nike, Umbro e Fila, lo straordinario puo’ arrivare a 232 ore al mese mentre i salari medi sono quasi la meta’ del minimo legale. ‘

‘Non abbiamo risparmi percio’ non abbiamo soldi per le emergenze…. Una volta ho dovuto impegnare la mia bombola gas per la cucina per avere il denaro necessario a curare mia moglie in emergenza. La situazione e’ simile per tutti noi. Un mio amico ha venduto persino il suo sangue per avere i soldi necessari a fronteggiare una emergenza”, aggiunge invece un confezionatore di palloni a domicilio in India. Lo scorso anno la campagna Play Fair aveva gia’ prodotto un rapporto sulle violazioni dei diritti riscontrati nelle fabbriche che producevano prodotti per le olimpiadi e da allora sta attendendo un impegno concreto da parte del CIO sulle azioni che intende intraprendere.

Quattro sono le violazioni-chiave sulle quali, secondo le ong promotrici del rapporto, le imprese dovrebbero intervenire al piu’ presto: i bassi salari, l’abuso di contratti temporanei e altre forme di precarizzazione, la violazione del diritto di associazione sindacale e di contrattazione collettiva e la chiusura di stabilimenti dovuti alla ristrutturazione dell’industria. Per questo Play Fair ha invitato tutti i responsabili del settore ad un incontro convocato a giugno a Hong Kong per discutere su come dare risposte concrete alle proposte della campagna. ”Per anni i grandi marchi del settore sportivo hanno dichiarato che non potevano aumentare i salari da soli, ma noi pensiamo che insieme lo possano fare”, ha detto Jeroen Merk, della Clean Clothes Campaign internazionale. ”Queste imprese controllano il mercato di abbigliamento e scarpe sportive: se lavorano insieme sul tema dei salari e delle condizioni possono veramente contribuire a ridurre la miseria e gli abusi che colpiscono questi lavoratori”.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA