Volontariato

Il peggior attore non protagonista

Leader dei Verdi, ministro dell’Ambiente, il mister No sui termovalorizzatori aveva scelto la linea dell’invisibilità sull’emergenza rifiuti in Campania. Ma invece...

di Paola Mattei

Il ministro all?Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio è – finalmente – finito sotto la luce dei riflettori. Quella giusta, di color nero. Nero monnezza, s?intende. Pecoraro Scanio è stato messo sotto accusa in diretta tv lunedì 7 sera, a Porta a Porta, assieme al presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino e poi crocefisso dai giornali della destra («Iniziamo a smaltire questi due», titolava Il Giornale la mattina seguente, sempre in accoppiata con il governatore Bassolino, «Rifiuto verde» lo apostrofava con simpatia Libero). Se lo meritava? Pensiamo proprio di sì. Eppure, ?mister No? (no agli inceneritori ma anche a molte altre cose, dalla Tav in Val di Susa al Mose di Venezia, dalle centrali nucleari ai rigassificatori, dagli ogm all?energia eolica?) aveva cercato di tenere un ?profilo basso? sull?emergenza rifiuti che sta incendiando la Campania, indignando l?Italia e rovinando l?immagine del Bel Paese nel mondo. Non c?è riuscito. Classe 1959, salernitano, avvocato e giornalista (pubblicista), Pecoraro si è limitato a dire no a inceneritori e termovalorizzatori e pochissimi sì, a partire dalla raccolta differenziata e promuovendo l?utopia del piano ?rifiuti zero?, in nome del riciclaggio (dei rifiuti, per carità) e della raccolta differenziata, che però in Campania non supera il 5,5% del totale.

Ma la svolta dov?è?
È stato sempre Pecoraro – nel 2007 – a chiedere la testa dell?ex commissario straordinario Guido Bertolaso, l?unico che aveva promosso un piano convincente per affrontare l?emergenza, che prevedeva la costruzione di una discarica a Serre, in provincia di Salerno. Di fronte alla (consueta) ribellione di amministratori e cittadini, Pecoraro si schierò con questi e contro Bertolaso. Motivo? La discarica era troppo vicino a un?oasi del WWF. I rifiuti di allora finirono a Macchia Soprana, dove però se ne potevano smaltire solo la metà. Pecoraro annunciò trionfante vittoria, Bertolaso si dimise, i rifiuti rimasero dov?erano. E aumentarono, fino alla tragedia di questi giorni. Per Pecoraro, del resto, che pure ora invoca l?intervento dell?esercito per liberare le strade dalla spazzatura e non si è sentito affatto chiamato in causa dal drammatico appello lanciato nel discorso di fine anno dal capo della Stato, i termovalorizzatori «sono un atto di violenza contro la popolazione» (parole del 2005) e il sito di Acerra, aperto dal centrodestra e contro il quale i Verdi si sono battuti con blocchi stradali, era «un ecomostro». Poi, da ministro, dovette accettare il via libera ai lavori, ma nel frattempo si erano persi anni. Un anno fa, dopo il decreto legge del governo (poi legge 87/2007) sull?emergenza rifiuti, annunciò trionfante: «Ora inizia la svolta». I risultati della ?svolta? sono sotto gli occhi di tutti. Anche quando Prodi si era messo d?accordo con il governatore della Sicilia Cuffaro per costruire quattro termovalorizzatori in Sicilia, Pecoraro fece di tutto affinché non se ne facesse nulla.

Chi di immagine ferisce…
Fin qua il Pecoraro che si occupa di rifiuti. Poi c?è il Pecoraro sprecone. Come quello messo sul banco degli imputati da La7 perché va in trasferta due settimane a Bali, alla Conferenza mondiale del clima, con 52 persone al seguito. Lui si giustifica dicendo che erano solo 18 e nessuna con il volo di Stato. Si vedrà chi ha ragione, ma il danno d?immagine resta. Mai quanto aver fatto eleggere il fratello Marco (ex calciatore) deputato. O come aver nominato il suo capo di gabinetto, Giancarlo Viglione, commissario dell?Apat, l?agenzia per la protezione del territorio. Poi c?è il Pecoraro politico. Comincia radicale, nonviolento e già ambientalista alla fine degli anni 80, che però con i poteri politici locali – da De Mita a Bassolino – tratta, più che scontrarsi. Deputato ininterrottamente dal 1992, presidente della commissione Agricoltura della Camera nel 1996, ministro dell?Agricoltura nel governo Amato (1999) e più volte consigliere comunale a Napoli, Pecoraro quando diventa ministro controlla già il partito. Per interposta persona, cioè grazie a Grazia Francescato, riesce ad esautorare – e far fuori dalle liste elettorali – ambientalisti storici come l?ex ministro Edo Ronchi e l?ex portavoce Luigi Manconi. Con Legambiente e con ?l?ambientalismo dei sì? di Ermete Realacci (ex Margherita, oggi Pd) è scontro aperto. I Verdi alla fine diventano finalmente una cosa piccola, ma soltanto ?sua?, di Pecoraro, che depone la Francescato e si autoincorona presidente: trampolino di lancio per tornare ministro. All?Ambiente, per ora, ma pare che sogni di tornare all?Agricoltura. Di certo, preferisce non occuparsi di rifiuti. La sua immagine – che cura con attenzione spasmodica – non ne ha tratto benefici. Il Paese e i suoi cittadini, quelli napoletani e campani in testa, collegi che pure controlla da vicino, neppure.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA