Cultura

Com’è contagiosa l’economia di comunione

Buone pratiche /1. Thierry des Lauriers è direttore di un’azienda di consulenza parigina. Ha seguito da vicino il caso Danone - Yunus

di Giuseppe Frangi

E’ un manager che come mission ha quella di spingere un po? più in là le frontiere. 47 anni, sette figli, oggi direttore generale di una grande società di consulenza francese, Thierry des Lauriers è stato tra i protagonisti della due giorni internazionale dedicata all?economia di comunione a Castelgandolfo. Lui non fa parte del Movimento dei Focolarini, da cui si è generata questa esperienza diffusa ormai a livello mondiale (sono oltre 800 le aziende che partecipano al network, quasi 2 milioni di euro gli utili messi a disposizioni per combattere la povertà). Ma ne condivide lo spirito. Anzi è convinto che questa sia proprio la frontiera da far avanzare e da portare nel cuore del capitalismo.

Vita: Non è un?utopia quella di un capitalismo che non lavori per il profitto?
Thierry des Lauriers:
Non lo è. Perché non si dice che il profitto non ci debba essere. Ma semplicemente lo si rimette nella gerarchia giusta: il profitto è un mezzo non è il fine dell?impresa. E allora dobbiamo intenderci su qual è questo fine. E io accolgo in pieno la risposta che Chiara Lubich ha dato fondando l?economia di comunione: è sviluppare il bene comune.

Vita: Oggi si parla di Csr. Un passo in quella direzione?
Des Lauriers:
Oggi c?è più coscienza delle ricadute globali del fare impresa. Ma il tema della responsabilità sociale non è una scoperta di oggi. Perché senza responsabilità sociale non c?è neppure impresa. Né oggi né ieri. Questa è la consapevolezza che gli imprenditori devono avere. Il legame sociale è una ricchezza reale che vale più di quella delle logiche finanziarie.

Vita: Lei ha seguito da vicino il progetto varato da Danone insieme a Yunus in Bangladesh per produrre uno yogurth ad alto potenziale nutritivo e a basso prezzo. Ce ne parli?
Des Lauriers:
Più che come consulente l?ho seguito come amico di Emmanuel Faber, il numero uno di Danone Asia, cha ha realizzato la partnership con Grameen. Anche lui segue l?esperienza dei Gruppi Emmanuel ed è intervenuto al forum della comunità nel maggio scorso a Paray Le Monial. Lì ha spiegato come la joint venture Danone – Yunus abbia lanciato un nuovo modello di business, che non poteva essere concepibile con i parametri del capitalismo finanziario. Il ritorno dell?investimento in questo caso è a due o tre anni. Ma la serie di vantaggi acquisiti dall?azienda vanno molto oltre.

Vita: Ad esempio?
Des Lauriers:
L?aver spinto l?accessibilità dei suoi prodotti alla base della piramide sociale. Aver raggiunto un mercato più ampio e aver quindi consolidato la propria posizione. Ma c?è anche altro. L?aver motivato i propri dipendenti, aver liberato molta creatività al proprio interno. Sono tutti valori per un?azienda. A volte mi sento dire che questo tipo di strategia appartiene più alla sfera della carità che a quella dell?impresa. Ma è una valutazione sbagliata. Così si lavora per rendere il business dell?impresa duraturo nel tempo.

Vita: C?è un nuovo protagonismo dei credenti nel capitalismo che cambia?
Des Lauriers:
Non sono uomo da grandi scenari. Ma esperienze come quella dell?economia di comunione riscuotono sempre più interesse. L?ho sperimentato anch?io quando sei mesi fa, per accettare l?offerta che mi era arrivata, ho proposto di lavorare allo sviluppo della consulenza alla sostenibilità. Uno dei due titolari è rimasto molto colpito dalla mia proposta e mi ha affidato la direzione generale dell?azienda.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.