Formazione

Che fine hanno fatto gli Epa?

Dal 1 gennaio 2008 ha posto fine al trattamento doganale di Lomé/Cotonou per i Paesi verso i paesi ACP (Africa, Caraibi, Pacifico), ma gli Epa.... di Roberto Meregalli Beati i costruttori di pace -

di Redazione

Negli ultimi mesi del 2007 avevamo seguito il pressing finale della Commissione Europea verso i paesi ACP (Africa, Caraibi, Pacifico) per spingerli ad accettare gli accordi di partnership economica, noti con l’acronimo anglosassone EPA. Sono stati 31 i paesi che hanno accettato l’offerta europea, gli altri 41 hanno detto no. L’Europa non ha avuto alcun cedimento e dal 1 gennaio 2008 ha posto fine al trattamento doganale di Lomé/Cotonou, decisione che si è tradotta nell’aumento dei dazi doganali applicati alle merci esportate dai paesi ACP in Europa. In sostanza i 35 paesi che hanno concordato un EPA hanno ottenuto di poter mantenere il trattamento di Cotonou, gli altri no, e per loro il trattamento è quello che l’UE applica a tutte le merci che importa dai paesi in via di sviluppo. I paesi della categoria meno avanzata possono però sfruttare l’iniziativa “Tutto fuorché le armi” TFA che nominalmente è equivalente a quanto concesso ai paesi firmatari degli EPA, ma in pratica è inferiore per via della maggior severità delle regole di origine (le regole che stabiliscono se una merce può godere o non delle esenzioni doganali).
Nei primi mesi di questo 2008, è calato il silenzio su questo negoziato che non è terminato per tanti motivi. Il primo è che sino ad ora nessun accordo è stato ancora firmato e dal punto di vista legale nessuno dei partner è ancora tenuto ad applicarlo; il secondo è che molti paesi Africani e del Pacifico prima di firmare vogliono rivedere alcune clausole perché nella fretta di chiudere entro il 31 dicembre 2008 sono state scritte senza essere realmente negoziate. Terzo motivo perché l’Ue vuole convincere anche i 41 paesi recalcitranti a firmare un EPA, preferibilmente nell’ambito di raggruppamenti regionali. Ultimo (ma non per importanza), perché l’Ue negli accordi parziali che liberalizzano il commercio delle merci e dei prodotti agricoli, ha inserito gli impegni a proseguire nel settore dei servizi, della spesa pubblica e dei diritti di proprietà intellettuale, eccetera eccetera. Molti sono i dubbi legati agli EPA sinora concordati, una cosa però è certa: la conclusione degli interim EPA ha considerevolmente destabilizzato il gruppo dei paesi ACP che ora non possono più definirsi come un unico gruppo, avendo rapporti commerciali non più regolati omogeneamente. La Commissione europea ha fatto del suo meglio (o del suo peggio) per chiudere il discorso entro la scadenza che si era prefissata, dimostrandosi intransigente e facendosi scudo dell’impegno di dover rispettare la deroga stabilita a suo tempo dalla World Trade Organization. Ma la compatibilità con le clausole WTO era un pretesto e lo dimostra il nuovo accanimento che i commissari europei stanno mostrando per completare la loro opera, negoziando tutti quegli argomenti che non sono necessari per garantire la conformità con le regole OMC. Il commissario allo sviluppo Louis Michel durante l’ultimo incontro parlamentare Ue-ACP, svoltosi in Slovenia a metà marzo, si è mostrato insofferente alle critiche sollevate dai parlamentari, “se volete restare poveri, allora continuate a rimanere contro gli EPA” , ha lamentato, confermando per l’ennesima volta che la Commissione non ha alcun dubbio sulla bontà del proprio credo. Eppure proprio questa ostinazione e questa cecità di fronte a critiche piovute anche da autorevoli istituzioni internazionali, evidenzia la sua debolezza e incapacità a pensare che esistano strade alternative per migliorare la situazione economica delle sue ex-colonie. Il suo atteggiamento sembra voler tarpare le ali al desiderio Africano di de-colonizzazione, di diversificazione dei partners commerciali in modo da non dover più dipendere dall’Europa e di avere maggiore autonoma nelle proprie relazioni commerciali. Solo così si spiega la clausola MFN (Most Favoured nation – nazione più favorita) che garantirà all’Ue di avere sempre il miglior trattamento, rispetto ai concorrenti, probabilmente dettata dal disperato tentativo di evitare che la Cina e gli altri paesi emergenti prendano il suo posto nei rapporti commerciali col continente africano.
Una prima analisi dei diversi testi concordati indica che il prezzo pagato per mantenere in vita le facilitazioni di Cotonou è alto, ed è fuoriluogo insistere nel definire gli IEPA, come fa il commissario Michel, come strumenti di sviluppo poiché si limitano a stabilire la liberalizzazione del mercato delle merci senza concretizzare alcuna misura di aiuto allo sviluppo Di fronte ai problemi derivanti dai cambiamenti climatici, di fronte al dramma dell’aumento dei prezzi dei prodotti agricoli e del petrolio, gli IEPA appaiono ancor più deludenti ed avulsi dalla realtà. Molti paesi ACP non sono autosufficienti dal punto di vista alimentare e l’aumento dei prezzi dei prodotti agricoli fa salire la loro spesa in un momento in cui diminuiscono le entrate per effetto della riduzione dei dazi sui prodotti europei.
Il Programma Alimentare Mondiale (PAM) che sfama 73 milioni di persone in un’ottantina di paesi ha lanciato l’allarme denunciando un “buco” di 500 milioni di dollari, causato dal caro prezzi. Certo le ragioni di questa crisi sono molteplici, si pensi all’aumento dei consumi in Asia, all’aumento della domanda di mais generato dagli agro-carburanti, alle speculazioni finanziarie, eccetera. Di certo però siamo di fronte a una situazione estremamente critica che richiede interventi ragionati e innovativi, richiede interventi coordinati e il commercio non può esimersi dal fare la sua parte. Gli agricoltori dei paesi ACP in questo momento hanno necessità di investimenti in agricoltura, di fondi destinati alla ricerca agraria specifici, di avere facile accesso al credito, di sovranità alimentare per essere meno dipendenti dalle variazioni dei prezzi del mercato internazionale. Per questo continuare i negoziati EPA nella stessa direzione e con la stessa arroganza dimostrata dai due commissari europei lo scorso anno non porterà nulla di buono né per gli EPA, né per noi Europei, perché in questo mondo globalizzato i problemi si risolvono insieme o non si risolvono. Gli IEPA non sono incisi sulla pietra, non sono stati ratificati da nessuno e men che meno notificati in sede WTO, sono dunque ancora modificabili per far sì che servano prioritariamente a costruire una coesione regionale, che stimoli il meglio di questi popoli, ed eviti che semplici politiche predatorie siano barattate come strumenti per lo sviluppo.

Un documento cohe mostra la situazione degli EPA aggiornata alla data attuale è disponibile a questo indirizzo:
www.beati.org


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