Cultura

Addio a Aimè Casaire. il cantore della Negritudine

Aveva 94 anni ed era stato ricoverato 8 giorni fa all'ospedale di ''Pierre Zobda-Quitman'' di Fort-de-France, capitale della Martinica

di Redazione

E’ morto il poeta martinicano Aime’ Cesaire, il cantore della ”Negritudine”, cioe’ la nozione che comprende i valori spirituali, artistici, filosofici dei neri dell’Africa; nozione che e’ diventata negli anni ’50 e ’60 del Novecento l’ideologia delle lotte dei neri per l’indipendenza dalle colonie europee. Aime’ Cesaire aveva 94 anni ed era stato ricoverato 8 giorni fa all’ospedale di ”Pierre Zobda-Quitman” di Fort-de-France, capitale della Martinica. L’annuncio della scomparsa e’ stato dato dal sindaco di Fort-de-France, Serge Letchimy, ricordando che il grande poeta era sindaco onorario della capitale martinicana. Cesaire con il senegalese Leopold Sedar Senghor e il guaianese Leon-Gontran Damas e’ stato uno dei cantori della ”Negritudine”. Esponente della poesia surrealista, Cesaire aveva come ideale la liberazione della sua isola natale dal giogo del colonialismo francese: grazie a lui la Martinica diventera’ nel 1946 un Dipartimento d’oltremare della Francia. Cesaire si impegnera’ attivamente in qualita’ di deputato della Martinica all’Assemblea generale francese, e sara’ a lungo – dal 1945 al 2001 – sindaco di Fort-de-France, a cui succedera’ Letchimy. Dopo aver militato nel Partito comunista francese, nel 1958 Cesaire fondo’ il Partito progressista martinicano. Aime’ Cesaire ha un posto di rilievo nella letteratura in lingua francese contemporanea: nel 1947 esce l’edizione del ”Diario” con prefazione di Andre’ Breton; tra le raccolte poetiche spiccano ”Le armi miracolose” (1946), “E i cani tacevano (1956), “Catene” (1959). A partire dagli anni ’60, per evitare che la sua attivita’ raggiunga solamente gli intellettuali africani e non le grandi masse, lascia la poesia per dedicarsi alla formazione di un teatro negrofilo popolare. Tra le sue opere teatrali piu’ rilevanti: “La tragedia del re Christophe” (1963), “Una stagione in Congo” (1967), ”Una tempesta” (1969). Nel 1955 pubblica il “Discorso sul colonialismo” che viene accolto al pari di un manifesto di rivolta.

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