Non profit
2008-2018, l’agenda del possibile
L'editoriale/ Quest'anno abbiamo pensato di fare un balzo in avanti. Immaginare come sarà il mondo tra dieci anni: il sociale, le case, l'ambiente
Con questo numero Vita vuole davvero guardare avanti. Non solo per il tema che abbiamo scelto di affrontare e che abbiamo anche affidato ai nostri amici di Yalla Italia. Immaginare come saremo tra 10 anni è stato un esercizio utile e per nulla gratuito. Guardarsi proiettati nel futuro significa mettere sulla carta le aspettative che si hanno. E le aspettative non sono una faccenda del futuro, ma del presente. Perché senza aspettative sarebbe impossibile vivere l’oggi prima ancora che il domani.
Ma non c’è solo il tema di copertina. Infatti nelle principali edicole il giornale avrà come allegato un nuovo numero di Communitas davvero da non perdere (tutti gli altri lettori lo potranno richiedere, o trovare comunque nelle librerie Feltrinelli). Communitas infatti raccoglie tre dialoghi di Aldo Bonomi con altrettanti personaggi estremamente rappresentativi della politica, della Chiesa e della società civile. Fausto Bertinotti, Angelo Scola e Danilo Dolci (quest’ultimo dialogo risale al 1995 ma è di un’impressionante attualità) sono chiamati a ragionare attorno a quella che Bonomi chiama «un’agenda del possibile».
Il percorso non fa sconti rispetto a quella condizione che Giuseppe De Rita ha delineato con l’ultimo rapporto Censis (lui stesso ne parla nell’intervista a pagina 6). È la condizione che, con formula ad effetto, lo stesso De Rita ha ribattezzato «poltiglia» o «mucillagine» per rappresentare un corpo sociale che ha subìto la scompaginazione provocata dall’apocalisse culturale di questi ultimi decenni.
De Rita contrappone a questo scompaginamento il protagonismo di tante e impreviste minoranze attive. Ma il grande compito è quello di capire come la progressione di queste ultime possa incrociare il destino della «mucillagine».
Questo, incalza Bonomi, è il compito che attende strumenti come Vita e come Communitas. E per questo ci vuole un’agenda del possibile: «Non possiamo accontentarci di essere sismografi dell’apocalisse culturale. Dobbiamo metterci le mani dentro, per costruire un vocabolario nuovo; dobbiamo fare racconto delle nuove forme del moderno che avanza, in modo da creare contaminazione». Le strade da percorrere sono quelle suggerite dai tre interlocutori protagonisti dei dialoghi in Communitas. Prendiamo il cardinal Angelo Scola. Lui indica nell’esperienza del meticciamento la via di uscita dal conflitto etnico e da tutte le tentazioni dei vari fondamentalismi. «Scola lo propone come una sfida, che può trovare dissensi anche in posizioni di tanti altri cattolici. Ma fare uscire allo scoperto il vocabolario di questo meticciamento è un’operazione importante, come dimostra il tentativo che Vita ha fatto con Yalla Italia. Perché o si avanti con coraggio su questa strada o ci si rifugia dentro la logica dei ?decreti sicurezza? che poi, come dimostrato, non hanno neanche le gambe per camminare».
Fausto Bertinotti invece all’agenda del possibile inserisce la voce ?lavori?. Un plurale ricco di significato. «È la prima volta», spiega Bonomi, «che una mente politica che si è nutrita di Novecento, oggi accetta di guardare alla svolta avvenuta non più in termini politici ma antropologici».
«Lavori», dice Bertinotti, perché non c’è più il ?lavoro? simbolo di una classe ben definita e circoscritta. Oggi quella classe si è spaccata, ha perso forza collettiva e capacità strategica. È diventata ?moltitudine?. La scomposizione ha poi trascinato con sé anche le famiglie, oggi più che mai fragili e impaurite davanti alle incognite del presente. «Nell’agenda del possibile», suggerisce Bonomi, «c’è il racconto di questi processi produttivi nuovi. Si devono collegare alcuni fili di questa moltitudine scomposta per capire come si provoca una scintilla. Come si generano forme moderne di produttività». La frontiera è quella dei ?lavori?, figli della terziarizzazione e del decollo delle professioni creative. Frutti di percorsi individuali, e tenuti sempre sotto pressione. Nuovi, ma soli. Senza una grammatica e ancora senza un linguaggio.
Per questo assume valore profetico l’intuizione che si ritrova al cuore del dialogo con Danilo Dolci. Spiega sempre Bonomi: «Dolci aveva chiaro cosa si dovesse mettere in mezzo tra i flussi – i grandi fenomeni della modernità – e i luoghi. In mezzo ci si deve mettere la scuola, la formazione. Perché dalla sua esperienza aveva capito che la questione decisiva era quella educativa».
Questo numero di Vita ha voluto seguire queste tracce. Per iniziare a mettere un po’ di materiali nell’agenda del possibile. E, come vedrete, termina proprio raccogliendo il suggerimento lanciato da Danilo Dolci: un viaggio visivo attraverso ?territori? globalizzati, commentato da Luca Doninelli. Oggetto del viaggio, la scuola, vero cantiere del futuro.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.