Cultura

Quel giorno l’Italia scoprì il non profit

10 anni con le onlus/ Stefano Zamagni: 10 anni fa presiedeva la commissione che mise a punto la nuova legge. Oggi il professore bolognese guida l'Agenzia delle onlus

di Maurizio Regosa

Fra le date che hanno cambiato la storia del terzo settore italiano, un posto a sé merita il 2 gennaio 1998. È il giorno in cui la Gazzetta Ufficiale pubblicò il decreto sugli enti non commerciali e le organizzazioni non lucrative di utilità sociale. Nascevano le onlus. A capo della commissione che scrisse la legge (approvata con modifiche dal Parlamento), c?era Stefano Zamagni, che oggi guarda le onlus dal punto di vista di presidente dell?Agenzia per il terzo settore.

Vita: Come si giunse a quel decreto?
Stefano Zamagni: La legge fu il punto di arrivo di un processo istituente nato nel decennio precedente ed è valsa a fissare tre punti fondamentali. Il primo oggi forse è meno importante, ma in quel contesto lo era: trovare la soluzione a un?emergenza. Molte realtà associative, infatti, sarebbero state travolte da indagini di tipo fiscale. Secondo: ha fatto capire agli italiani che il terzo settore è un sistema, poiché tutte le leggi precedenti erano riferite a segmenti. Infine, la legge ha attirato l?attenzione di studiosi e di osservatori: dalla legge in poi la produzione scientifica sulle onlus e il terzo settore ha superato ogni più rosea previsione. Che significa? Che ha fatto capire al mondo della cultura e dell?accademia che esiste questa realtà.

Vita: La presa d?atto che il terzo settore è un sistema, che ricadute sociali ha avuto?
Zamagni: Due cambiamenti. La vera novità dell?acronimo onlus è nella seconda parte. Le organizzazioni non lucrative ci sono sempre state; erano ammesse anche dal Codice civile del 1942. Quando si dice ?utilità sociale? si afferma che ci possono essere dei soggetti che non perseguono fine di lucro ma che si impegnano a generare utilità sociale. Utilità sociale è un concetto più ampio di solidarietà: il primo comprende il secondo, ma non viceversa. Questo è il punto che molti non hanno compreso. La legge sull?impresa sociale, che porta alle estreme conseguenze l?idea delle onlus come soggetti che producono utilità sociale, è figlia del decreto del 1997.

Vita: La legge introdusse anche cambiamenti nella mentalità?
Zamagni: Negli anni 80 fu coniata l?espressione ?privato sociale? riferita a soggetti privati, dunque non pubblici, che però non si confrontavano con il mercato. Tipicamente il privato sociale era il volontariato. Ora l?espressione ?privato sociale? si usa meno proprio perché finalmente in Italia si può parlare di soggetti che hanno valenza economica perché producono e vendono beni e servizi, senza avere lo scopo del profitto. Prima della legge c?erano molte difficoltà a comprendere questo concetto. Le stesse che ho incontrato nella commissione che presiedevo. Mi dicevano: «Vuoi dare spazio a soggetti che operano nel mercato senza essere di mercato».

Vita: E che quindi avrebbero goduto di ?privilegi?…
Zamagni: Esatto. In quegli anni andavo elaborando la mia nozione di economia civile e le difficoltà erano molte. Oggi è un concetto che usano in molti. Basti pensare alle Camere di commercio (Milano, Torino, Bologna) che hanno costituito l?Osservatorio sull?economia civile. La gente ha capito che si può produrre valore rispettando i canoni del mercato (competizione, efficienza) senza avere i fini del profitto. Il prossimo passo sarà la costituzionalizzazione del civile.

Vita: Come ci si arriva?
Zamagni: La Costituzione è già pronta. Pensi all?articolo 2, che riconosce spazio ai cosiddetti ?corpi intermedi?. È un prerequisito. Abbiamo perso l?opportunità di costituzionalizzare il civile nel 2001, quando abbiamo modificato il Titolo V della Costituzione, con il principio di sussidiarietà. Se quella riforma si facesse oggi, si arriverebbe a dire che il principio di sussidiarietà ha senso solo se i soggetti del terzo settore hanno una copertura costituzionale. Non a caso, dopo il 2001 la sussidiarietà non ha fatto molti passi in avanti.

Vita: Con un fondamento costituzionale non c?è il rischio che il terzo settore tiri i remi in barca?
Zamagni: È esattamente il contrario. Adesso il terzo settore è stretto fra pubblico e privato e deve appoggiarsi o all?uno o all?altro. Se si appoggia troppo al pubblico, ne diventa la longa manus, se si appoggia al privato si snatura. Per questo serve riconoscergli la sua autonomia. La sentenza del 29 novembre della Corte di giustizia dell?Aja è destinata a fare epoca.

Vita: Perché?
Zamagni: Afferma che un?associazione di volontariato che gestisce una croce verde o rossa per conto dell?Asl è considerata impresa e che quindi l?ente pubblico non può attribuire a queste associazioni la gestione del servizio se non passando attraverso gare d?appalto a evidenza pubblica. L?associazione di volontariato è equiparata a un?impresa capitalistica. Succederà un putiferio. Questa sentenza ci dice che è irrilevante il fine per cui l?associazione fa quello fa. E dato che non è riconosciuto uno spazio civile autonomo, può prevalere il criterio oggettivistico e non soggettivistico. Si disconosce la specificità dell?azione volontaria. È dunque necessario riconoscere al civile una cittadinanza che merita la copertura costituzionale.

Vita: Quali sono i limiti del decreto?
Zamagni: Sono due. Uno è il suo carattere fiscale. Non c?è bisogno di essere giuristi per capire che la legge fiscale dovrebbe essere fatta dopo quella civilistica. Nel 1997 non è stato possibile. Adesso però la commissione Pinza ha messo mano al Libro I, Titolo II. Quanto al secondo limite, il decreto approvato dal Parlamento rivela la cultura del sospetto all?epoca prevalente. Cioè l?idea per cui questi soggetti avrebbero distorto la concorrenza e quindi sarebbero stati competitori sleali verso le imprese.

Vita: Un sospetto non superato?
Zamagni: Ora c?è molto meno. All?inizio, sia da parte sindacale che da parte della Confindustria ci furono difficoltà: oggi la maggioranza ha capito che le onlus hanno aiutato il sistema produttivo. Dieci anni fa invece c?era il muro contro muro. Mi auguro che dopo la riforma Pinza, si metta mano anche al decreto per le onlus, perché allora sarà diventato obsoleto.

Vita: La proposta dalla commissione Pinza passerà?
Zamagni: Per me, sì. Solo chi ha interessi egoistici può dire no a questa riforma. Se uno vede solo il volontariato o solo l?impresa sociale o solo la cooperazione sociale, non ha interesse alla riforma Pinza, ma se uno ha a cuore l?obiettivo di costituzionalizzare il civile, allora si batte a favore.

Vita: Questo obiettivo presuppone una trasformazione del terzo settore e dell?Agenzia?
Zamagni: Direi un?evoluzione. Il terzo settore è in una fase di transizione, deve evolvere arrivando al rango del civile, con la stessa dignità del pubblico e del privato. Questa è la scommessa. Senza questa riforma non ci sarà evoluzione possibile: ci sarà una crisi irreversibile. L?Agenzia invece deve diventare un?autorità come le altre e come in altri Paesi. Altrimenti ha le mani legate. Inizieremo un rapporto dialogico perché nel giro di poco tempo si arrivi a questa trasformazione.

Vita: Ipotizziamo che la proposta Pinza passi. Su quali punti poi intervenire per la legge onlus?
Zamagni: Sono tre le cose in sospeso. Primo: i titoli di solidarietà, prerequisito per arrivare a un mercato dei capitali non profit. Come abbiamo il Mac, il Mercato alternativo dei capitali, per soddisfare i bisogni delle piccole imprese escluse dalla Borsa tradizionale, analogamente dobbiamo creare un mercato dei capitali per questo mondo. In quest?ottica si inseriscono i titoli di solidarietà, che sono uno strumento. Secondo: occorre trovare il modo per applicare quanto approvato nel maggio 2006 con il Codice degli appalti. L?Italia, recependo una direttiva europea, ha approvato il nuovo codice secondo cui l?ente pubblico può derogare al principio dell?economicità a condizione che si dimostri che c?è un valore aggiunto. Il problema è che non si riesce ad applicare questa legge perché i soggetti di terzo settore non sono in grado di fornire parametri per misurare il loro valore aggiunto sociale. Per questo l?Agenzia che presiedo ha istituito un gruppo di lavoro che fra quattro mesi produrrà linee guida con un atto di indirizzo per indicare i parametri sulla base dei quali un ente può dimostrare il proprio Vas. Così la nuova legge sugli appalti potrà funzionare. Tenga presente che in Italia la Pubblica amministrazione è il primo consumatore (con il 17% di tutti i consumi), ma è socialmente irresponsabile. È un problema veramente grosso.

Vita: E il terzo punto?
Zamagni: La rappresentanza. In questa Finanziaria, il Forum del terzo settore non è stato neppure interpellato. Perché non è stato sciolto il nodo della rappresentanza e il governo chiede: «Con chi devo parlare?». Ma è solo un esempio. Il punto è che occorre pensare un modello specifico, non possiamo rifarci al modello dei sindacati, dei partiti, delle associazioni d?impresa, che hanno come principio la negoziazione o il contratto e definiscono la rappresentanza sulla base di una tessera. Il problema è difficile ma deve essere sciolto. Altrimenti il terzo settore sarà sempre offeso e svilito. Ci sono alcune proposte. Io preferisco il metodo deliberativo.

Vita: In che cosa consiste?
Zamagni: Per avere una rappresentanza di interessi adeguata, secondo me dobbiamo usare i forum deliberativi, in cui si conta per la capacità di persuasione. Funzionano in America, in Gran Bretagna, in Francia. Forum in cui tutti i soggetti discutono, con un limite temporale di tre o quattro mesi, sulle questioni importanti. Poi si sceglie una linea e si delibera delegando temporaneamente la rappresentanza. A quel punto il portavoce ha una rappresentanza piena, ma specifica. Bisognerà stendere un regolamento ex ante, in cui si stabiliscono i tempi e i modi del forum deliberativo.

Vita: I portavoce nel Forum ci sono?
Zamagni: Nel Forum attuale chi non è d?accordo non si considera vincolato. Ma nei forum deliberativi se vai in minoranza non ti puoi chiamar fuori. Se i metodi di democrazia deliberativa venissero attuati, sarebbe il più grosso contributo che il terzo settore potrebbe dare al resto della società italiana.

Vita: Come immagina il mondo delle onlus fra dieci anni?
Zamagni: Dieci anni sono un orizzonte sufficientemente lungo per rendermi ottimista. Prevedo si realizzi un mercato alternativo dei capitali: Banca prossima e Banca etica sono begli esempi. Mi aspetto che si tocchi l?assetto costituzionale. Infine, spero che il terzo settore si dia una forma di rappresentanza che eviti aporie e umiliazioni.


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