Cultura

Milano in barca

Intervista con Pietro Lembi

di Sara De Carli

Intervista con Pietro Lembi È una metropoli senza mare e senza il grande fiume. Eppure deve all?acqua tutta la sua storia. Che ha un valore simbolico ed economico. E oggi, per immaginare il suo futuro, scopre che di nuovo l?acqua è la vera carta vincente a sua disposizione. Acqua pulita, rispettata, e capita nel suo simbolismo. Uno storico ripercorre una vicenda affascinante. E più che mai attuale

La Terra di mezzo di Tolkien è percorsa da grandi fiumi, come l?Anduin e il Sirion. La ?terra di mezzo? di Milano, la latina Mediolanum, di fiumi invece ne ha pochini, e decisamente di carattere nient?affatto epico: Olona, Lambro, Seveso. Eppure il giorno dopo l?assegnazione a Milano dell?Expo 2015, il Corriere della Sera titolava: «Tornerà la città dell?acqua». Titolo un filo esagerato, pur ammettendo il fascino del progetto della «Via dell?acqua» che (pare) unirà Milano all?area dell?Expo, a Nord – Ovest, nella zona di Rho.

Eppure la fermata della metro dietro alla redazione di Vita, qui in città, si chiama Porto di mare: vista sui campi e la tangenziale. Il sospetto che Milano abbia un segreto legame con l?acqua c?è. Le prove arrivano in una chiacchierata-fiume con Pietro Lembi, architetto urbanista del Politecnico di Milano, autore appunto del libro Il fiume sommerso. Milano, le acque, gli abitanti. Che non solo racconta di come l?acqua, in città, sia sempre stata la protagonista dei ?salti evolutivi? che hanno segnato a storia, ma scommette che anche l?Expo, se punterà tutto sull?acqua, potrà davvero essere una rinascita per Milano e l?Italia intera. Ragionare sull?acqua, infatti, significa mettere in discussione il paradigma di sviluppo della modernità ed entrare finalmente in un?epoca post moderna.

Vita: Cominciamo dal nome. Milano, Mediolanum, significa ?terra che sta nel mezzo?. Lo ha ricordato anche il cardinal Tettamanzi, congratulandosi con le istituzioni: «Dovessimo coniarlo oggi, che nome daremmo alla nostra città? Milano sta ancora nel mezzo? È ancora una città dell?incontro? Lavoriamo per ridonarle il nome migliore, originario». È per forza di cose il cuore dell?Expo: essere luogo di incontro. A quali condizioni può verificarsi?
Pietro Lembi: In prima battuta io penso a Mediolanum come terra emersa in mezzo alle acque, che richiama la presunzione (comune a quasi tutti gli insediamenti) di essere al centro del mondo. È vero però che Milano ha lo strano destino di essere una terra di passaggio, dove le persone arrivano, portano qualcosa, le cose vengono elaborate e poi quando sono lì lì per sbocciare vanno a fiorire da un?altra parte. Però in alcune epoche le cose sono rimaste, hanno trovato il modo di uscire nello spazio pubblico: perché il problema di Milano è che spesso la bellezza rimane nei sotterranei, nel privato, nel luogo dove è covata, mentre la sfida è che esca allo scoperto, nello spazio pubblico. Il fatto che l?Expo si proponga come nodo di una rete è interessante: le cose sbocciano a Milano e vanno a fiorire altrove per statuto – un?università, una scuola, un ospedale in ogni Paese.

Vita: Sembra un paradosso dire che Milano è città d?acqua: non ha né mare né lago né grossi fiumi. Perché con l?Expo tornerà la città dell?acqua? E se ?tornerà? vuol dire che lo è già stata: quando?
Lembi: È vero, Milano non è su una costa e non ha un grande fiume e per questo vive di nostalgia del rapporto diretto con un fiume o un mare. Nei secoli c?è sempre stata una tensione forte a collegarsi al mare, perché Milano è nata su un luogo di transito che dal centro dell?Europa, attraverso il Sempione, il lago Maggiore, il fiume Olona, porta verso il Po e poi fino all?Adriatico. Certo quella di Milano è un?acqua sudata, ha un gran lavoro attorno. Tutti ricordano che i marmi per il Duomo arrivavano sull?acqua, fino al Laghetto, ma ancora negli anni 70 i barconi con la sabbia arrivavano fino alla Darsena. Porto di Mare è un?idea incompiuta del primo Novecento, quando Milano ha cominciato a coprire le acque interne – fino a chiudere i Navigli, nel 1929 – ma progettava di riportarle al suo esterno. È la stessa logica della Via dell?Acqua dell?Expo: non è più recuperabile l?acqua all?interno della città, però si può provare a fare qualcosa all?esterno.

Vita: Come l?Expo, con l?acqua, cambierà il volto della città?
Lembi: L?elemento della velocità ha sempre vinto a Milano, sacrificando l?acqua e i suoi ritmi lenti: è una lotta tra il cemento e l?acqua. Ma attenzione, cementificazione vuol dire asfalto, ritmi veloci, automobili, caldo, grigio, e d?altra parte l?acqua rappresenta una serie di altre cose: lentezza, il luccichio che cambia forma, che assorbe la natura che le sta attorno? È banale dire che l?acqua è fonte di vita, però è così: quindi una città che ha voglia di essere rinutrita, come dice lo slogan dell?Expo, non può prescindere dall?acqua. Anche se non è detto che il ritorno ad essere città dell?acqua debba necessariamente coincidere solo con una maggiore presenza dell?elemento H2O.

Vita: Però innanzitutto c?è questo progetto della Via dell?Acqua, che collegherà Milano all?area espositiva? Che ne pensa?
Lembi: Mi spaventerebbe se fosse una grande opera ingegneristica, uno scavo con le sponde cementificate, ma da quel che ho capito dovrebbe esserci un tratto navigabile, sostanzialmente quello che esiste già e che va dalla Darsena a San Cristoforo, e poi un percorso tra le acque, pedonale e ciclabile. La città da un po? di tempo sta lavorando a un piano delle acque, ha monitorato tutti i fontanili, i corsi d?acqua, i fiumi? Sarebbe utile se l?Expo fosse l?occasione per incrociare questo piano delle acque, avrebbe più senso, anche se capisco che al giapponese non interessa niente se tu hai riaperto un fontanile, mentre se fai la Via dell?Acqua e lui ci va a cena a lume di candela? Però sarebbe bello mirare a entrambi gli obiettivi. Quando è uscito il mio libro, tutti mi chiedevano: «Allora vanno riaperti i Navigli?». Io penso che i Navigli siano solo il modo in cui, in alcuni secoli, la città ha dato foma al proprio rapporto con l?acqua. Oggi dobbiamo trovarne altri: dobbiamo trovare un linguaggio contemporaneo, in grado di parlare anche alle altre nazioni. Contemporaneo, non moderno, poiché la modernità ce la siamo lasciata alle spalle già da un pezzo! Se vai sui Navigli ti viene tristezza, mentre l?acqua è vitale, è qualcosa che fa rinascere. E allora che rinasca qualcosa, che la si veda.

Vita: Ma chi ci andrà su e giù per la Via dell?Acqua, tornati a casa i turisti?
Lembi: Servisse anche solo per i turisti, è più bello così che pensarli incolonnati in autostrada. E poi io ci andrei, perché comunque il navigare porta con sé delle dimensioni che sono sempre affascinanti. Se ci fossero i battelli continui lungo i Navigli, li userei tutti i giorni. Un amico ingegnere per di più, chiacchierando, mi diceva che i tir potrebbero scaricare le loro merci a un certo punto della Via dell?Acqua, le merci poi arrivano nel centro di Milano via acqua e da lì altri mezzi più piccoli le caricano e le distribuiscono. Può essere un?idea, perché no?

Vita: Cosa cambia a livello sociale e urbanistico essere una città di terra o una d?acqua?
Lembi: Ci sono città lungo il fiume che si guardano dalle due sponde, come Budapest e Istanbul. L?essere città d?acqua per Milano, che non ha il fiume, non può essere questo. La cosa più evidente sarebbe togliere questo grigio uniforme dell?asfalto, che influisce sull?umore. I miei studenti dicono sempre che Milano è grigia nel senso che è soffocante: paradossalmente, l?acqua darebbe aria alla città.

Vita: Un po? poco per uno che si occupa di politiche sociali e che è innamorato dei significati sommersi dell?acqua?
Lembi: Il simbolo non è tanto a livello delle immagini, ma nel legame tra le tre cose, come vuole l?etimologia. Parlare d?acqua è parlare d?altro, parlare di ciò a cui l?acqua si ricollega. Forse dobbiamo rifare i Navigli o fare la Via dell?Acqua, ma innanzitutto dobbiamo chiederci quali sono le dimensioni dell?uomo che l?acqua richiama e attiva. E ripartire da lì per ripensare la città. Per esempio, la cosa più immediata: l?acqua richiama la lentezza, in alternativa alla presunta velocità del trasporto su gomma. Ma questo non vuol dire riportare a Milano i barconi: vuol dire pensare a come reimmettere nella città un ritmo più lento, chiedersi se ci sono luoghi, modi e occasioni in cui si può rallentare.

Vita: È possibile conciliare la città d?acqua col mito milanese della velocità?
Lembi: Il fascino della città è che è percorsa da tantissimi ritmi: si tratta di creare le condizioni per far coesistere ritmi diversi. Quando Milano ha voluto puntare tutto sull?essere moderna, ha giocato la carta della velocità e del machismo, mentre la sfida vera è far convivere le mamme col passeggino, le bici e le macchine. Non è questione di persone con esigenze diverse, ma di momenti diversi della vita e della giornata delle stesse persone. Occorre dare la possibilità di vivere il ritmo che ci si sente di vivere,

Vita: Che altre dimensioni dell?umano sono evocate dall?acqua?
Lembi: L?acqua ti muove e ti toglie dall?ortogonalità. La terra è legata alle quattro direzioni, al sopra e al sotto, è statica, definita, prevedibile, mentre nell?acqua c?è il senso di altro, ti senti sospeso, è lei che ti prende e ti ribalta. La città nasce sulla spinta della ortogonalità, è la torre che la Moratti giustamente vuole abolire, è lo stare dritti premendo sulla terra, l?acqua invece è accettare di essere portati. L?acqua poi ha un valore immenso come tratto d?unione: la stessa Via dell?Acqua più che come segno urbanistico è interessante per il fatto di unire il centro di Milano con il fuori, con questa nuova centralità che c?è nella periferia.

Vita: Perché l?acqua unisce?
Lembi: L?acqua scorre e poiché scorre unisce. Il grande dramma dell?acqua, il motivo per cui spesso i luoghi d?acqua sono brutti, trascurati, è che travalicano i confini amministrativi, gli steccati, mentre le politiche sono sempre fatte per recinti. L?acqua sfugge, va oltre, e costringe a creare comunità tra le amministrazioni, a dialogare, a lavorare insieme. Ribalta la logica. L?altro aspetto è che l?acqua è sempre in mezzo ai rapporti con le persone. È uno strano recipente, legato alla memoria. Una volta chiesero a Ivan Illich un giudizio su un progetto per una città americana, chiedendogli se si doveva o no fare un lago: che è un po? la stessa cosa che chiedersi se dobbiamo o no fare la Via dell?Acqua per l?Expo. Lui non rispose, ma raccontò del fiume Lete, il fiume che prendeva in sé tutta la storia dei morti e la portava in una fonte, Mnemosyne, memoria, la madre delle nove muse. Ecco, c?è un nesso profondo tra la memoria e le muse, la creatività: l?acqua è luogo di incontro perché è ad un tempo luogo di memoria e di ascolto. Accostarsi all?acqua è mettersi all?ascolto di altre persone ma anche di pensieri altri, anche nello spazio tempo, sia nel senso di ?lontani? sia in quello di ?passati?.

Vita: Il tema dell?Expo è nutrire il pianeta, che rimanda alla questione dell?acqua come bene comune. Come l?acqua potrebbe essere tematizzata in questo senso? E come Milano potrebbe incidere a livello globale? Certo non basta una mostra dentro i padiglioni dell?Expo?
Lembi: L?acqua è un bene pubblico, non ci sono dubbi, finalmente ne parlano anche alcuni sindaci italiani, però non vorrei che questa prospettiva, che è giusta, togliesse all?acqua tutto il suo aspetto simbolico, bello, ricreativo. Bisogna tenere insieme tanti piani: le fontanelle non sono uno spreco, ma hanno una funzione di aggregazione sociale, anche perché se per un bicchiere d?acqua ti chiedono 3 euro? È importante che nel tema ?nutrire il pianeta? ci sia anche la questione dell?acqua come bene comune, però in modo più ampio, senza limitarlo al dibattito ?privatizzazione sì o no?. Io credo che l?acqua vada innanzitutto sentita, esperita come bella e preziosa, e allora sì uno capisce quanto è assurdo privatizzarla. La battaglia politica crea subito schieramenti e divisioni, mentre la battaglia culturale porta naturalmente, conseguentemente, all?idea che l?acqua va curata e salvaguardata.

Vita: L?acqua è stata il motore dello sviluppo industriale di Milano. L?Olona, il Seveso, il Lambro sono stati travolti da questo sviluppo: il loro recupero sarà un recupero artificioso, ininfluente rispetto al nuovo sviluppo possibile o invece l?acqua diventa il simbolo di un?altra economia?
Lembi: Questi fiumi sono il simbolo della contraddizione di un certo modello di sviluppo. Prendiamo il Seveso: se lo guardi oggi lo vedi assolutamente rovinato dalla nostra sbornia di modernità, di produzione e di consumo. L?acqua è stata la prima a pagare il conto di tutte le contraddizioni del nostro sviluppo moderno, perché là tutto finisce, nella falda sotterranea o nei fiumi. Forse è vero che se l?Expo vuole parlare di una Milano post moderna, deve togliere invece di aggiungere. Allora oltre alla battaglia per l?acqua come bene comune c?è una battaglia culturale ancora più preziosa: l?acqua può essere il simbolo di una riflessione su che tipo di sviluppo vogliamo. L?acqua ha pagato durante la modernità e rimetterla al centro vuol dire ripensare lo sviluppo del territorio. Abbiamo coperto l?acqua perché era malsana, ok, però puoi chiudere e nascondere il problema, tenendo il tenore di vita uguale oppure puoi dire qui c?è un fiume che segnala che la vita inizia a fare i conti con qualcosa che non va, proviamo a pensare a qualcos?altro. Probabilmente la sfida maggiore dell?Expo sarà questa, che vale per Milano e non solo: una grande riflessione sulle contraddizioni della modernità.


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