Cultura

Gavino Sanna: «Una campagna elettorale cimiteriale»

In un’intervista a VITA il più famoso pubblicitario italiano giudica i manifesti delle coalizioni. E rivela: «Nel 2006 lavorai per Berlusconi. Ma poi rompemmo. Per colpa sua ebbi quasi un infarto»

di Maurizio Regosa

Veltroni? «Ha fatto compitino fatto benino, però non ha inventato niente: sta facendo l?Obama di paese, mentre Obama fa il Kennedy di una volta». Berlusconi? «Quando strappa il programma del Pd, raggiunge un obiettivo: che si parla sempre di lui. È sempre lui in groppa, e la sinistra a dirgli che il cavallo non ha gli zoccoli lucidi…» Alla vigilia della tornata elettorale, Gavino Sanna, uno dei più famosi pubblicitari italiani, in una lunga intervista concessa al settimanale del non profit VITA, torna a dire la sua su slogan e manifesti delle coalizioni in lizza. Drastico il giudizio sulla caduta di qualità delle comunicazioni: «I manifesti elettorali sono ormai del tutto inefficaci. Servono solo a trasformare il paese in un?istantanea cimiteriale. Un grande cimitero dove tutti si sono preoccupati di farsi fotografare al meglio. Non c?è inventiva. I manifesti sono come la campanella della scuola: utili solo a dire che le elezioni sono cominciate». Gavino Sanna nell?intervista rivela particolari inediti delle sue esperienze di pubblicitario ?arruolato? dalle diverse forze politiche. Nel 2006 venne chiamato da Berlusconi in occasione delle Politiche. «Mi chiamò dopo il successo che avevo ottenuto per la campagna che aveva portato Soru alla presidenza della Regione Sardegna. Attraverso un comune amico, mi invitò a cena, ad Arcore, assieme ad altre persone. Poi mi disse: ?Lei ha fatto la più bella campagna pubblicitaria quasi di sempre. Peccato l?abbia fatta per un pazzo? Il pazzo per lui era Soru». Il rapporto dopo un inizio promettente però si interruppe. Racconta Sanna: «Presentai una prima campagna, senza la sua faccia, lo slogan era “Italia, forza”. Non l?ha apprezzata immediatamente, ma poi l?ha comprata. Poi abbiamo visto due ipotesi. Una molto aggressiva, che rispettava il diktat degli americani, rispetto alla quale io non ero d?accordo. La seconda proposta che rilanciava le malefatte dello schieramento avversario, scondo lui, chiudeva con lo slogan “No grazie”. È uscita per un po?. Poi non ho più sentito nulla. Un giorno ricevo una telefonata dal tipografo a proposito dei nuovi manifesti. Io non ne sapevo niente: me li faccio descrivere e capisco che aveva preso un pezzo di una campagna, un pezzo da un?altra, aveva aggiunto la sua fotografia… Mi sono arrabbiato così tanto che mi è venuto un quasi infarto». Sanna rivela anche particolari curiosi del suo rapporto con Berlusconi: «Tutte le foto del cavaliere sono ritoccate da un centro stampa. Loro fanno delle proposte, lui sceglie. Quando vanno fuori, Berlusconi a volte usciva di persona per Milano e dintorni a controllare se la luce batteva bene sui manifesti e eventualmente annotava quella messa male e la faceva correggere».

La lunga intervista in versione integrale per gli abbonati a questo indirizzo


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