Cultura

Cordoni ombelicali: le banche private chiedono la liberalizzazione

Nel 2007 solo lo 0,46% delle neomamme ha donato il cordone: il doppio, quasi l'1% l'ha congelato all'estero

di Sara De Carli

Si e’ tenuta oggi una conferenza stampa sulla conservazione del sangue del cordone ombelicale in Italia. L’onorevole Donatella Poretti e il professor Luca Marini, membro del Cnb, insieme ai rappresentanti di 11 biobanche e associazioni (italiane e non) che si occupano della conservazione di queste staminali, hanno ripresentato i dati comunicati dal Ministero della Salute in una recente interrogazione parlamentare dell’onorevole Poretti. A fronte di 560mila nascite, ascite (Istat) solo lo 0,46% (2.623) delle mamme decide di donare le staminali del cordone per uso allogenico. Mentre quasi l’1% (5.137, quasi il doppio delle altre) decide di portare queste staminali in banche estere.
«I dati dimostrano che lo Stato non e’ in grado di far fronte alla domanda, pur minima, che per questa conservazione c’e’ nel Paese», ha detto la Poretti. «I privati hanno dimostrato di essere all’altezza di far conciliare il proprio business con gli interessi dei singoli e dello Stato. Le strutture di raccolta potrebbero essere moltiplicate (oggi, quelle dello Stato si contano su una mano) e l’esperienza navigata di banche operanti all’estero da tempo farebbe fare un salto di qualita’. Una sinergia di mercato che si tradurrebbe in maggiore offerta, piu’ economica (soprattutto per lo Stato) e piu’ fruibile dai potenziali utenti. Per capire meglio questa sinergia, e’ bene ricordare che la commissione Affari Sociali della Camera si era espressa all’unanimita’ per “autorizzare la raccolta autologa del cordone ombelicale da parte di strutture pubbliche o private” indicando che queste staminali, su richiesta del centro Nazionale Trapianti per uso allogenico, dovevano essere comunque disponibili».
L’associazione Coscioni si è detta pronta ad ospitareil progetto di una “associazione di settore” (anche sotto forma di network virtuale) che curi gli interessi comuni delle biobanche: liberalizzazione del settore e accordi di cooperazione scientifica con universita’ ed altre strutture volte ad istituire piattaforme biotecnologiche di supporto per la ricerca scientifica.


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