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Se la politica è peggio degli ultras

Editoriale di Giuseppe Frangi

di Giuseppe Frangi

Domenica 11 novembre, all?autogrill di Badia al Pino, lo Stato ha perso un?altra volta la testa. L?ha persa per mano di un poliziotto incosciente che ha scambiato l?A1 per una strada del Far West; l?ha persa a causa dell?incompetenza di chi ci governa, che s?è fatto sfuggire la situazione, come veri sprovveduti; e l?ha persa per voce di un?informazione che ancora una volta ha cavalcato l?emergenza esasperando i toni a più non posso (che cosa si fa, di questi tempi, per un pugno di copie o di share in più?). Con protagonisti e in un contesto completamente diverso, gli elementi sono del tutto simili al terribile film visto qualche settimana fa dopo il delitto di Tor di Quinto. Anche in quel caso l?irrazionalità ha preso il sopravvento, rompendo gli argini della legalità (la responsabilità da individuale è stata trasformata in colpa di un intero gruppo etnico) e della correttezza: che cose vergognose si sono lette e sentite contro i rom!

Società ideali non esistono e chi governa dovrebbe saperlo. In ogni società esistono zone a rischio che vanno innanzitutto conosciute e quindi tenute sotto controllo, se possibile senza ledere la libertà di nessuno. I problemi sorgono quando chi governa resta così distante dalla realtà da farsi prendere ogni volta, drammaticamente in contropiede. E ogni volta, per tonare in sella e per illudersi (o illudere l?opinione pubblica) di avere ripreso la situazione sotto controllo, si fa ricorso a misure di emergenza.

Che sono soprattutto misure improvvisate, destinate a causare danni peggiori di quelli che vorrebbero arginare. Contestare ai tifosi responsabili degli assalti ai commissariati o alla sede del Coni l?aggravante di terrorismo, fa parte di questo film in cui gli spropositi vengono evocati per nascondere l?incompetenza e l?impotenza. Ma ricorrere ogni volta a questo copione è un segnale gravissimo e anche inquietante.
Il vero problema è che la politica (con tutti gli apparati che l?accompagnano) oggi è rinserrata nel suo fortino di Capalbio e nulla sa di quello che accade nel nostro Paese. Delle dinamiche che lo attraversano. Delle domande inevase che covano sotto la normalità. Che cosa sa, ad esempio, il ministro Melandri del tifo che ogni domenica riempie le gradinate degli stadi? Che cosa ne sa il ministro Amato che ha impiegato nove ore per dire la sua sul fatto gravissimo di cui si era reso responsabile un suo sottoposto? Forse pensano che aver messo qualche migliaio di tornelli intorno agli stadi abbia sistemato le cose.

E fanno il gioco facile, ma un po? sporco, di scaricare tutte le colpe su tifosi violenti, razzisti, fascisti, e chi più ne ha più ne metta. Invece la realtà è più complessa. E se un gruppo di ragazzi, teste calde, in modo un po? violenti, chiedono che le partite vengano sospese perché un amico è morto, può essere che abbiano davvero ragione. E che a dispetto dei modi, abbiano più buon senso di chi invece ha cercato di far come se nulla fosse. Del resto la cosa più civile in quella giornata buia, l?abbiamo letta alla sera, sulla curva dello stadio di Madrid. I tifosi spagnoli avevano esposto un grande striscione con la scritta «Gabriele rip». Gabriele riposa in pace.

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