Formazione

Il rischio è la guerra tra poveri. Italiani e rumeni

Il mio sì. Parla Touadi, assessore e migrante

di Riccardo Bonacina

Jean Léonard Touadi (congolese dal 1979 in Italia), 48 anni, immigrato, intellettuale e giornalista, ha la delega più difficile in questi giorni a Roma, quella alla Sicurezza del Comune. Un mese fa mi raccontò della sua angoscia di amministratore di fronte ad un flusso migratorio nuovo come quello dalla Romania. Lo risentiamo oggi, dopo l?omicidio di Giovanna Reggiani, aggredita a Tor di Quinto da un rumeno di 24 anni. «La tenuta sociale dei quartieri di fronte alla nuova immigrazione è la vera emergenza che ci troviamo ad affrontare. Quello che per noi era un incubo si è materializzato».
Vita: Come si è arrivati a questa situazione?

Jean Léonard Touadi: Nei mesi successivi all?ingresso della Romania nell?Unione europea, alle stazioni Anagnina e Tiburtina abbiamo avuto picchi di 400 arrivi al giorno. Arrivi non solo quantitativamente importanti ma anche qualitativamente nuovi, senza pianificazione, senza coordinamento, e che hanno fatto saltare tutti i modelli di intervento e di accoglienza sino ad oggi messi in campo dalle politiche sociali del Comune. Eppure si tratta di modelli di intervento che avevano tenuto di fronte ai vari flussi migratori che Roma ha affrontato: i polacchi, gli etiopi, gli albanesi. Ma questo nuovo flusso ha sbancato tutti i modelli: per esempio, i nuovi immigrati arrivano senza mettere in conto l?affitto di una stanza (sia pur sovraffollata) o il contatto con un centro di accoglienza, e allestiscono con cartoni e lamiere un tetto di fortuna lungo il Tevere. Le stesse associazioni si sono trovate spiazzate. Noi abbiamo provato ad approcciare questi insediamenti abusivi con le logiche sperimentate nei campi nomadi attrezzati. Ma ci siamo trovati di fronte a qualcosa del tutto inedito e dalla composizione complessa: abbiamo infatti trovato rom e persone che lavoravano mischiati a delinquenti che utilizzavano gli insediamenti come base di attività criminose. E insediamenti in cui in soli dieci mesi sono approdate circa 10mila persone.

Vita: Di fronte a un fenomeno così, un amministratore cosa mette in campo?
Touadi: In questi mesi ho visto crescere un?esasperazione da far paura perché nutre sentimenti di intolleranza. La gente che chiede «noi, chi ci protegge?», «voi da che parte state?». Capisci la pericolosità di questo modo di ragionare. Cosa può fare allora un amministratore? Provare a mettersi in mezzo a queste due debolezze. Quello di una popolazione locale fragile che chiede sicurezza e quella di chi arriva e ha bisogno di tutto. La via all?inclusione sociale oggi deve tenere insieme questi due aspetti senza confonderli, altrimenti scoppierà la guerra tra poveri, e nella guerra tra poveri la vittima diventa bersaglio.

Vita: Cosa è successo nel campo di via dei Gordiani?
Touadi: Via dei Gordiani è davvero un caso emblematico. Un insediamento di persone bisognose in cui il modello di intervento sociale e di accoglienza tiene e dà i suoi frutti. In quel campo arrivano dei banditi con le loro attività illegali compromettendo la normalità di vita e di integrazione in corso da anni. Compromettono tutto dentro il campo e nei rapporti tra campo e quartiere. Il quartiere e gli stessi assegnatari del campo chiedono che si faccia qualcosa. Che fai? Volti la faccia dall?altra parte oppure intervieni, anche con le ruspe, cercando di dividere il grano dalla zizzania?


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