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Auto aiuto, una famiglia anche quando manca

Sono ormai 4.500 in Italia i gruppi di self help

di Daniele Biella

Sono lo specchio parlante di ogni società. E hanno fatto boom anche in Italia. Si chiamano gruppi di auto mutuo aiuto, ovvero quelle ?famiglie? in cui, se hai un problema, sai di trovare chi lo condivide.
Le cifre ufficiali sono chiare: 3.265 gruppi censiti a fine 2006, contro i 1.603 del 1999. Lo dice l?Indagine conoscitiva curata dal Coordinamento toscano dei gruppi di autoaiuto, realizzato in collaborazione con la Fondazione Istituto Andrea Devoto e con i fondi del Cesvot, il Centro servizi volontariato della Toscana. Aumento del 203% in sette anni, quindi. Ma è solo la superficie. «A oggi saranno almeno 4.500», spiega Stefano Bertoldi, responsabile dell?associazione Ama -Auto mutuo aiuto di Trento e uno dei membri del coordinamento nazionale dei gruppi di auto aiuto. «Un numero enorme, se si pensa che dieci anni fa in Italia quasi non esistevano».
La svolta? «Abbiamo sconfitto la cultura del ?delegare?, ovvero il ricorso immediato a un professionista per problemi personali», racconta Bertoldi, «si è capito che la migliore terapia è il confronto tra esperienze». I gruppi legati all?alcolismo rimangono i più diffusi, il 31% del totale (ma nel 1999 erano il 54%), seguiti da quelli sulla tossicodipendenza (14%), disagio mentale e alimentare, entrambi al 9%. Le novità sono i gruppi di sostegno alla genitorialità e quelli legati alle solitudini. «I primi per la difficoltà dei genitori di oggi nella gestione dei figli, le solitudini sono invece una conseguenza dell?individualismo», chiarisce Francesca Gori, coautrice dell?indagine conoscitiva del coordinamento toscano.
A livello geografico, la fulminea diffusione dei gruppi di auto aiuto vede l?Italia settentrionale come principale terreno d?azione: ben il 63% (2.081 gruppi) di essi, infatti, si trova al Nord. Dei restanti, il 24% al Centro, il 9% al Sud e il 4% nelle Isole. Ma, nonostante i numeri siano inferiori, l?incremento più alto rispetto al 1999 è avvenuto nel Meridione: più 400% nelle Isole, più 300% al Sud. «Abbiamo da poco messo a punto un sito che vuole essere utile a tutti: utenti, professionisti, facilitatori», spiega Cristina Aleppi di Arc en Ciel, associazione che coordina la rete lombarda di aiuto aiuto. E proprio i facilitatori, gli helper, sono la novità dell?ultima rilevazione: se nel 1999 solo il 38% dei gruppi prevedeva questa sorta di ?mediatore?, oggi si arriva quasi a 7 gruppi su 10. «Sono sempre meno professionisti e sempre più gente comune», spiega Bertoldi, che con la sua associazione organizza periodici corsi di formazione per helper. La parola d?ordine è spontaneità. «Meglio un gruppo che nasca da solo che uno ?calato dall?alto?, cioè creato dai servizi sociali o sanitari».


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