Famiglia

Donne e immigrate: discriminate due volte

Le donne migranti con figli hanno un tasso di occupazione piu' basso anche delle italiane (41,5% contro 48,3%). A denunciarlo è Linda Laura Sabbadini (Istat)

di Chiara Sirna

Le donne immigrate sono doppiamente discriminate. E’ quanto evidenziato dal direttore generale per le indagini su condizione e qualita’ della vita dell’Istat, Linda Laura Sabbadini intervenuta questa mattina alla prima sessione del ”Global Forum on gender statistics”, organizzato dall’Istituto di Statistica e dalle Nazioni Unite in collaborazione con il Dipartimento delle Pari Opportunita’, il ministero degli Esteri e la Banca Mondiale. Incontro che si prefigge di rilanciare a livello internazionale, dopo la Quarta Conferenza Mondiale delle donne di Paechino del 1995, le statistiche di genere , prezioso strumento per la progettazione di politiche mirate.
”Il nostro Istituto- ha affermato aprendo i lavori il Presidente dell’Istat, Luigi Biggeri- e’ fortemente impegnato su questo terreno da vari anni, gia’ prima della Conferenza mondiale delle donne di Pechino. Il nostro percorso e’ stato segnato da una costante attenzione alle esigenze della societa’ civile, degli organismi di parita’, dei policy makers. Le statistiche di genere sono cresciute nel nostro Paese cercando di far fronte alla domanda emergente”.
Biggeri ha quindi ricordato come l’Istituto ha ”avviato un processo di ridisegno delle statistiche ufficiali. Ma -ha concluso- il nostro lavoro non si ferma qui: dovremo porre l’attenzione anche su altre tematiche come la discriminazione, terreno difficilissimo ma che ormai necessita di essere misurato in tutte le sue manifestazioni”.
E a questo propostito Sabbadini ha sottolineato come ”misurare la sistematica posizione svantaggiata nella societa’ dovuta a caratteristiche personali considerate differenti dalla norma e’ fondamentale”.
”Le analisi condotte -ha evidenziato poi Sabbadini- mettono in luce in alcuni casi come non solo si esprima una discriminazione per etnia, o per generazione, ma che questa e’ accompagnata da una discriminazione di genere, che si configura come una ‘discriminazione nella discriminazione”’.
Facendo quindi l’esempio degli immigrati nel nostro paese, che pur presentando piu’ alti tassi di occupazione degli italiani (67,3% contro 57,9% nella media del 2006) cio’ avviene al prezzo dell’inserimento nei lavori di piu’ bassa specializzazione, minor reddito, in aziende piu’ piccole e maggiormente vulnerabili, Sabbadini ha sottolineato come ”la condizione delle donne immigrate e’ comunque peggiore (tassi di occupazione dell’84,2% per gli uomini e del 50,7% per le donne)”.
”Le donne migranti -ha spiegato Sabbadini- presentano tassi di occupazione piu’ bassi degli uomini e piu’ alti delle donne italiane. Ma se si analizzano i tassi di occupazione per ruolo in famiglia emerge che le donne migranti in coppia con figli hanno un tasso di occupazione piu’ basso anche delle italiane (41,5% contro 48,3%)”. ”I problemi di conciliazione lavoro e famiglia -ha proseguito- sono per le migranti molto piu’ gravi in un Paese come l’Italia dove la rete di servizi sociali per l’infanzia e’ scarsa, i servizi privati alle famiglie sono molto costosi e le migranti non possono avvalersi delle reti di aiuto informale, fondamentale supporto per le donne italiane. Le immigrate dunque, in Italia soffrono un doppio problema e spesso una doppia discriminazione sia essa diretta o indiretta rispetto al lavoro”.
”Ma -si chiede Sabbadini- che succede rispetto agli altri aspetti della vita sociale ed economica? Quanto e come si esprime la discriminazione nella discriminazione? Esistono scarsissime fonti per rispondere a questa domanda, dovremmo cominciare a lavorare di piu’ su questi aspetti”.
Ad esempio ha evidenziato ancora il direttore centrale dell’Istat, e’ ancora poco studiata la discriminazione dovuta alla condizione di disabilita’ anche nel mondo del lavoro rispetto ad altre cause di discriminazione quali sesso, razza e origine etnica, e eta’. ”Dai dati dell’Istat in Italia -ha aggiunto- emerge che la disabilita’ e’ un fattore che fa incrementare l’esposizione al rischio di poverta’. Complessivamente tra le persone con disabilita’ ben il 47% riferisce risorse scarse o insufficienti contro il 31% della popolazione non disabile e tale differenza si mantiene stabile nelle diverse classi di eta”’. ‘
‘Sono peraltro i segmenti meno istruiti della popolazione ad essere maggiormente disabili, in particolare tra gli ultrasessantacinquenni e’ disabile il 21,2% delle persone con basso titolo di studio contro il 10,1% delle persone con titolo di studio medio alto (tra le donne anziane meno istruite la quota aumenta al 25% contro il 15% degli uomini). Le persone con disabilita’, inoltre, subiscono una discriminazione anche in termini di segregazione occupazionale, perche’ spesso svolgono lavori con scarse barriere di entrata, o che prevedono delle quote dedicate alle cosiddette ‘categorie protette’, in occupazioni specifiche, o svolgono le mansioni meno qualificanti all’interno delle stesse occupazioni. Restano in ogni caso tra i piu’ vulnerabili”. “Gli ultimi ad essere assunti, i primi a doversene andare” come detto dall’ Ilo (2003)”.
”La quota di persone disabili tra le donne -ha evidenziato ancora Sabbadini- e’ circa il doppio rispetto a quella degli uomini (6,1% vs 3,3%) ma la differenza e’ imputabile soprattutto alle differenze di genere che si registrano dopo i 65 anni (22.5% contro 13.3%)”.
”Le donne anziane peraltro cumulano piu’ facilmente degli uomini le diverse tipologie di disabilita’: quella motoria fino al confinamento, della comunicazione, delle funzioni dell’attivita’ quotidiana: il 13,2% ne ha almeno due, mentre per gli uomini la quota scende al 7,2%. Sarebbe fondamentale capire -osserva Sabbadini- quanto anche in questo caso lo svantaggio femminile si esprime anche nell’emergere di una diversa esposizione al rischio di discriminazione”.
Per il direttore centrale dell’Istat , e’ quindi fondamentale ”che in un piano di rilancio delle statistiche di genere si ponga al centro anche la misurazione delle discriminazioni e cio’ venga fatto con un approccio di genere, perche’ la discriminazione di genere potrebbe essere trasversale a tutte le discriminazioni”.

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