Formazione

Un Souq a misura di citt

L’iniziativa promossa da una joint venture fra Casa della Carità e Oms.

di Sara De Carli

Oggi 3,2 miliardi di persone, nel mondo, vivono in città: sono più di quanta fosse l?intera popolazione mondiale nel 1960. Entro il 2050 saranno 10 miliardi. Questo significa che i problemi di salute in generale – e di salute mentale in particolare – saranno sempre più problemi di salute e di sofferenza urbana. Non vuol dire che la città fa impazzire, ma certo le dinamiche relazionali tipiche della città producono una diffusa sofferenza psicologica, a cui nessuno risponde: basti pensare alle solitudini di massa e all?aggregazione residenziale per etnie, ovvero per esclusione. Per tentare delle risposte, a Milano nasce il Souq – Centro studi sulla sofferenza urbana: viene presentato il 13 e 14 dicembre in un convegno internazionale che si intitola Città, sofferenza, salute mentale. Tutto inizia nel 2002, da un convegno sul valore terapeutico della cittadinanza: Benedetto Saraceno, direttore del dipartimento di Salute mentale dell?Oms, e don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità, lavorano sull?intuizione fino a creare il centro, che sarà diretto da Silvia Landra, psichiatra e psicoterapeuta. Si chiama Souq perché Franco Rotelli, l?erede di Franco Basaglia a Trieste, ha detto un giorno che non esiste miglior servizio di salute mentale del bazar arabo, un luogo (e non semplicemente uno spazio) dove si sperimenta la diversità. «Il centro nasce dallo scoprire similitudini tra le grandi città del mondo nei processi di salute mentale: da questo punto di vista Milano è molto più simile a Bangkok che alla Brianza», spiega Landra. «Ormai ci sono due filoni: c?è una psichiatria urbana e una psichiatria rurale. Avere uno sguardo internazionale consente lo scambio di buone prassi, l?elaborazione di strategie di intervento, pensando alla presenza degli immigrati ma non solo». L?aspetto che più toccherà Milano riguarda la zona grigia della sofferenza: la riflessione su come la città cambia l?essere cittadini. «La città produce benessere, salute mentale, se dà a tutti la possibilità di entrare e uscire dagli spazi che la compongono, senza confini rigidi», osserva ancora la neodirettrice. Non è solo una metafora, visto che i Nord e i Sud si incrociano sempre di più dentro le città moderne. «La città deve consentire permeabilità fra i mondi, un esercizio costante di surf. La cittadinanza attiva è questo esercizio positivo dei diritti, che permette di non ridurre le persone a una sola identità: solo l?immigrato, solo il matto, solo il tossicodipendente. Produrre salute mentale non è una questione di tecnici e di prestazioni, ma di una città che consente le identità plurali, riconosce a una persona il diritto di essere a più dimensioni e non solo un?etichetta». L?attività del Centro parte con tre progetti: una ricerca con l?istituto Mario Negri per rilevare quali sono i fattori di benessere in salute mentale, una formazione specifica degli operatori di strada, una serie di week end di formazione e convivenza in Casa della Carità, aperti alla popolazione.


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