Formazione

Ma quel tetto è incostituzionale

Il costituzionalista: "Lo Stato non può limitare il diritto dei cittadini a destinare una parte dell’Irpef. Perché quella non è più una tassa".

di Antonietta Nembri

E' passata sotto silenzio. Ma la sentenza della Corte Costituzione del giugno scorso (n. 202) che bocciava i ricorsi delle Regioni contro il 5 per mille offre chiarimenti fondamentali sui principi alla base del provvedimento e sul problema del contestato tetto. «Costituzionalmente illegittimo» perché lede un diritto fondamentale del cittadino, come dice con chiarezza Mario Miscali, professore straordinario di Diritto tributario all?università Liuc di Castellanza, che ha sollevato il velo calato sulla sentenza della Suprema Corte durante un incontro promosso dal coordinamento dei Csv della Lombardia. «Il tetto è ingiustificato e irragionevole, se non addirittura vìola un diritto costituzionale. Non è ragionevole, perché mettendo un tetto si pongono i presupposti per disparità di trattamento tra quanti hanno destinato questa somma. Mi spiego. Se tu, Stato, sei il mio mandatario per il 5 per mille, non puoi mettere un tetto; o riconosci il diritto di tutti i cittadini di versare quelle somme o non riconosci nemmeno il 5 per mille», dice con forza Miscali, che vede nella definizione inserita nella sentenza dello Stato come «mandatario», cioè incaricato, un punto fondamentale. «Non è un problema di corporazione del non profit che si vede ridurre i fondi, ma è il diritto del cittadino che fa la scelta del 5 per mille a venire leso dal tetto». In un passaggio della sentenza si dice che la quota del 5 per mille non è più un «tributo erariale», ma una somma che lo stesso Stato è obbligato, in quanto appunto «mandatario», a corrispondere ai soggetti indicati dal cittadino. Spiega Miscali: «Il tributo erariale si riduce perché si persegue una politica fiscale di valorizzazione della partecipazione volontaria dei cittadini alla copertura dei costi della solidarietà, a fronte del restringimento del ruolo dello Stato». Alla base ci sono gli articoli 2 – 3 e 118 della Costituzione, che riguardano i diritti fondamentali del cittadino, i doveri di solidarietà e la sussidiarietà. Per quanto riguarda il finanziamento del terzo settore, inoltre, «la Corte ha posto in evidenza che, a fronte di un restringimento del ruolo dello Stato, questi enti diventano destinatari delle somme in quanto perseguono fini di solidarietà sociale e ricerca. Si opera questo riconoscimento: la partecipazione volontaria dei cittadini alla copertura dei costi della solidarietà sociale può avvenire attraverso una politica fiscale». Ma il 5 per mille resta ancora ?provvisorio?. «È importante che la Corte abbia messo a base della norma l?articolo 118 della Costituzione. Nel momento in cui c?è un diritto costituzionale si può discutere sulla misura, cioè se sia il 5, il 10 o l?1 per mille, ma una volta introdotta, una norma di questo genere deve trovare una forma definitiva nel sistema fiscale». Per Miscali è «irragionevole», una volta riconosciuto al cittadino il diritto di finanziare gli enti non profit, limitarlo nel tempo: «Sarebbe come dire che l?articolo 118 della Costituzione ha una durata temporale. Ma non è la concessione di un principe, è un diritto del cittadino».


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