Volontariato

Anna, nata nonostante tutto

La prima figlia di un embrione adottato

di Gabriella Meroni

L?hanno chiamata Anna, ma non è il suo vero nome. È la prima bambina nata, un mese e mezzo fa, da un?adozione di embrione da parte di una coppia della Comunità Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi.

Alcuni membri della comunità (circa dieci coppie, più altre dieci di ?esterni?) avevano da tempo dato la disponibilità ad adottare gli embrioni scartati nei programmi di fecondazione assistita; alcune gravidanze erano iniziate, ma poi si erano interrotte quasi subito. Questa volta, invece, il fiocco rosa è arrivato davvero in casa di due coniugi responsabili di una casa famiglia in cui vengono accolti minori in difficoltà. Genitori per cui è la prima figlia naturale.

«Noi vogliamo dare una famiglia a un embrione, cioè a un bambino, che è stato scartato dagli scienziati, e che quindi una famiglia non l?avrà mai», spiega il responsabile del servizio Maternità difficile della Comunità, Enrico Masini. «Per questo alcuni di noi sono andati più volte in un centro per la fecondazione assistita di Barcellona, con cui collaboriamo». I genitori di Anna erano al secondo tentativo: dopo aver accolto tre embrioni senza risultati, hanno accettato di prenderne altri due: uno in buone condizioni, l?altro meno, «ma non sappiamo quale dei due sia Anna», sorride Masini.

Ora il prossimo passo dell?associazione sarà ripetere le adozioni in Italia, proponendosi di adottare gli embrioni creati per la fecondazione ma poi scartati perché malati («la nostra missione è accogliere i più poveri»), oppure quelli congelati da molto tempo e quindi a rischio sopravvivenza. «Ci fa piacere», conclude Masini, «che recentemente il ministro Livia Turco abbia aperto a questo tipo di adozione anche nel nostro Paese («rendiamo adottabili gli embrioni in esubero», ha detto la Turco a Grazia, ndr). Al più presto le chiederemo un incontro per concordare tempi e modi di una possibile collaborazione».


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