Famiglia
Badanti, quando la casa si fa prigione
Ricerche. Indagine Ires rivela il disagio delle assistenti familiari.
di Chiara Sirna
Quasi una su cinque si ritiene sfruttata, un altro quinto maltrattata. Il 17% ha subito discriminazioni, o addirittura abusi sessuali. È l?universo-incubo raccontato dalle badanti straniere in Italia, le cui testimonianze sono state raccolte dall?Ires-Acli in cinque città. Un disagio che nessuno vede, ma che riguarda un milione e mezzo di persone.
Delle badanti straniere si sa tutto o quasi. Si sa che in pochi anni sono passate da 134mila (dati del 2000) al milione e 600mila circa (2007), che le irregolari varierebbero tra le 250 e le 900mila. Si sa che il loro stipendio medio si aggira intorno agli 800 euro al mese. Quello che non si sa, invece, è come vivono nelle case delle famiglie per cui lavorano. Le Acli hanno cercato di scoprirlo con un primo monitoraggio in cinque città italiane: Torino Treviso, Roma, Napoli e Cagliari, su un campione di 702 persone, rintracciate attraverso i gli sportelli immigrati e colf del patronato. Più della metà regolari, il resto clandestine. E quello che dicono le voci del silenzio è allarmante. I risultati dipingono un disagio che nessuno vede, ma che loro vivono sulla propria pelle. Un dato su tutti. Il 17,5%, dice di aver subito discriminazioni. Di che genere? A riportare casi di abusi sessuali, più o meno velati -dal linguaggio eccessivo all?avance mal celata, fino alla vera e propria aggressione fisica – è il 16,9%. Non è un caso infatti che tra i rischi percepiti il 45% abbia indicato «l?essere giovani» e il 38,7% «l?avere un bell?aspetto». Il 23,1% dichiara di essere vittima di sfruttamento economico e lavorativo. E, anche qui, gli episodi sono i più svariati. «Si va dal mancato pagamento o versamento di contributi», spiega Gianfranco Zucca, ricercatore dell?Ires (?istituto di ricerche educative e formative delle Acli), «fino a ferie non concesse, orari e mansioni eccedenti rispetto a quelli previsti nel contratto, per chi ce l?ha». Trattandosi di persone che magari vivono a casa dei datori di lavoro per risparmiare le spese di vitto e alloggio, infatti, diventa difficile stabilire dove inizia e finisce il riposo. «Spesso capita che lavorino la domenica o nel giorno libero», spiega infatti Zucca, «oppure in piena notte, soprattutto se hanno in cura non autosufficienti, senza vedersi riconosciuti gli straordinari o la paga notturna». Ma non è tutto. Il 23,1% dice di essere stata vittima di maltrattamenti e umiliazioni, che possono variare da «accuse ingiustificate» fino al mangiare da soli, magari «solo gli avanzi». Il 19,4% ha subito offese e insulti, più o meno pesanti, il 17,5% discriminazioni razziali. Il termine però è da prendere con le pinze. «Il fatto di appartenere a una certa nazionalità», chiarisce Zucca, «può influire sul trovare lavoro o sulle mansioni per cui si viene richiesti. Una persona di colore quasi sempre viene cercata per le pulizie, i filippini per la casa, le sudamericane per la cura dei bambini». Come escono alla fine da una situazione di difficoltà? Quasi la metà (47%) arriva alla scelta drastica: il licenziamento. «E questo vuol dire», conclude Zucca, «che non hanno una rete di riferimento».
Per saperne di più:
Ires – <a href="http://www.ires.it">Ires</a>
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