Cultura

Ashcroft canta libero. E in modo classico

Recnsione del cd "Human Conditions" di Richard Ashcroft.

di Enrico Barbieri

Ma che s?è messo in testa questo Ashcroft? Si mette a filosofeggiare, parla delle condizioni umane neanche fosse Malraux e sentenzia, cantando, su missioni, Cristo, Dio nei numeri… Richard Ashcroft nel suo secondo disco da solista, dopo l?esperienza dei Verve, vuole fare musica che parli d?amore. Di quello terreno e anche di quello celeste. E lo fa bene: senza misticismi o presunzione. Human Conditions non è un disco dirompente. A metà strada tra il pop inglese e la più nobile tradizione della ballata americana, l?album inanella uno dopo l?altro pezzi leggeri e sinuosi, portati in alto da una solida base orchestrale. Niente di particolarmente innovativo, ma tutto di alta qualità. Questa musica di Ashcroft è un rock logorroico, nel senso che mette bocca su tutto – dalla natura alle grandi questioni esistenziali – e si fa accompagnare da violini, tablas, dai profumi del blues e da quelli corposi delle chitarre elettriche. Ma nella loro classica tessitura alcune ballate commuovono davvero, come Paradise o Lord I?ve Been Trying. God in The Numbers addirittura è introdotta da un organo: in odore d?incenso e in vena di confessioni, la voce di Richard il redento si fa profonda e pastosa. E insomma, mentre tutti fanno a gara per essere più trasgressivi, Ashcroft s?affida a una solida tradizione musicale e, dall?alto di questo bell?edificio solitario, riesce a cantare in piena libertà. Non è poco.


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