Mondo

Afro, notizie alla larga dai luoghi comuni

I perchè di un'agenzia secondo Leonard Touadi

di Emanuela Citterio

C?è tutto un repertorio di frasi che Jean Leonard Touadi non sopporta più. «Dare voce all?Africa» è una di queste. «C?è ancora troppo paternalismo», spiega. «La voce l?Africa ce l?ha. Ed è anche bella forte. Forse servono solo dei mezzi per farla arrivare, dei media, appunto». Assessore alle politiche giovanili, università e sicurezza del comune di Roma, nato 47 anni fa a Brazzaville (Congo), Touadi sostiene da tempo la necessità di un?informazione più oggettiva sul continente africano. E come presidente della Fondazione Afro sta per veder realizzato, in modo concreto, questo suo sogno.

Vita: Perché c?è bisogno di un?agenzia di stampa sull?Africa?
Jean Leonard Touadi: L?agenzia punta a fare emergere uno sguardo nuovo sul continente, che non è più quello travisante, interessato, commiserante a cui la maggior parte dei media sono abituati. Il tentativo di questo progetto è quello restituire all?informazione sull?Africa il sommerso cui i mezzi di comunicazione mainstream non riescono a dare cittadinanza comunicativa. Anzi, la sfida è far arrivare ai media mainstream questa voce in modo non intermittente ma con un flusso continuo di notizie che aiuti a rivedere il linguaggio quando parliamo dell?Africa, a uscire dai sentieri battuti dell?ovvio, a provocare in avanti.

Vita: Da dove nasce questo bisogno?
Touadi: C?è un cambiamento culturale in atto, la necessità di dare corpo e sostanza a una prospettiva euroafricana. Non parlo solo di uno spazio geografico, quello fra Europa e Africa, che in ogni caso si sta riducendo a causa dell?immigrazione. C?è stato un passato comune, nel bene e nel male. E c?è un destino che non può che essere in comune. Si sta diffondendo la consapevolezza che per l?Europa è impossibile costruirsi stabile, prospera e in pace senza una relazione costruttiva con il suo dirimpettaio. E l?Africa non riesce a mettere un piede dentro la globalizzazione senza un partenariato forte con l?Europa. «Our common interest», diceva Tony Blair nel 2005: la prospettiva è quella di un interesse comune da sviluppare, non di un continente da salvare.

Vita: Qual è il punto di partenza?
Touadi: L?Africa resta sostanzialmente un continente opaco, colto solo attraverso fenomeni drammatici come la siccità, la guerra, la fame, le malattie. C?è una sua verità più completa: un patrimonio culturale ancora poco conosciuto ed esplorato, un tessuto sociale estremamente ricco e articolato che sostiene la sua popolazione in momenti di crisi economica e politica. E poi c?è un?Africa in movimento, che negli ultimi tempi si è rimessa in marcia con interessanti processi di democratizzazione e di apertura, ancora difficili ma ormai in alcuni Paesi quasi irreversibili.

Vita: Che ruolo ha l?informazione?
Touadi: Può eliminare questa opacità, ha un ruolo di mediazione interculturale, permette di cogliere l?Africa prima di accoglierla. Altrimenti rischiamo, appunto, di ?accogliere? l?Africa sotto il segno dell?umanitarismo della beneficenza senza cercare di comprenderla per quella che è. L?informazione dovrebbe andare oltre la fotografia attuale, magari un po? sbiadita, di questo continente, per fare una radiografia più completa, magari anche della sua ordinarietà di vita e non solo dei suoi drammi. Il progetto Afro nasce anche dall?intuizione di una città a grande e storica vocazione universale, come Roma: che ha scelto di puntare su una prospettiva euroafricana.

Vita: «Smettete di salvare l?Africa» ha scritto di recente l?autore nigeriano Uzodinma Iweala sul quotidiano francese Le Monde?
Touadi: Troppe persone amano l?Africa e stimano poco gli africani. È facile amare l?Africa, questa meta generica dove possiamo proiettare qualsiasi cosa. Forse invece c?è bisogno di fare un passo indietro e ascoltare: i giovani, i sindacalisti coraggiosi, i giornalisti indipendenti e isolati? c?è tutto un tessuto di persone che laddove si trovano esprimono nuove capacità di organizzare la speranza dal basso.


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