Non profit

Le caselle vuote dei ricchi

Nel 2006 i modelli 730, quelli dei dipendenti, hanno donato molto più degli Unico. Perché? Vediamo chi può salire sul banco degli imputati

di Gabriella Meroni

M a dove sono i ricchi? I grandi contribuenti, quelli con redditi sopra i 100mila euro, per non parlare dei milionari? Dove sono quelli che non fanno il 730 (chi ha uno stipendio a cinque cifre, poi?) ma il modello Unico, e che sono i veri latitanti di questo 5 per mille 2006?

I dati dell?Agenzia delle Entrate parlano chiaro: se circa il 70% degli italiani ha devoluto il contributo al volontariato, di questi meno del 28% ha compilato l?Unico. Stessa percentuale anche per le quote destinate alla ricerca sanitaria, mentre va un po? meglio per la ricerca scientifica (il 32% dei contributi da Unico) ma male per i Comuni (con gli Unico fermi al 24%). E in numeri assoluti, su 10,6 milioni di dichiarazioni che hanno compilato il campo del 5 per mille, i 730 sono ben 7,5 milioni. Come mai? Aveva ragione Elio Petri a dire che (solo) la classe operaia va in paradiso, o c?è qualche altra spiegazione? «Generalmente i 730 vengono compilati dai Caf, cioè dagli organismi di assistenza fiscale legati alle associazioni», commenta il professor Adriano Propersi, docente e commercialista, oltreché membro dell?Agenzia delle onlus, «mentre normalmente chi trasmette gli Unico è il commercialista. È evidente chi dei due, tra un?associazione magari beneficiaria del 5 per mille, e un professionista privato, ha la motivazione maggiore a ?spingere? il contributo». «Detto questo», continua, «c?è da considerare che spesso, soprattutto nei piccoli centri, a occuparsi delle dichiarazioni dei redditi non è un commercialista iscritto all?albo ma magari un ex impiegato dell?ufficio imposte, un tributarista, un contabile? tutte figure degnissime ma che magari non sono così informate e aggiornate sulle ultime novità. E nel 2006, anno di cui stiamo discutendo i dati, la misura era al debutto».

Scarsa informazione, dunque, maggiore efficienza dei Caf. Ma bastano a spiegare il fatto che il contributo medio del 5 per mille 2006 è stato pari a 25 euro, pari a una tassazione di circa 5mila euro? E come fare per convincere i contribuenti ?pesanti? a destinare la propria quota? «Come Agenzia delle onlus», continua Propersi, «avevamo pensato di lanciare una campagna pubblicitaria sociale per informare anche chi non è assistito dai Caf, magari segnalando che il 5 per mille si può donare non solo ai grandi enti ma anche alle piccole associazioni del territorio, che magari non hanno i mezzi per farsi conoscere». Intanto, una prima ricognizione ?sociologica? è offerta dai dati sul riparto delle somme diffusi dall?Agenzia delle Entrate. I risultati sono chiari: alle organizzazioni che gestiscono i Caf sono andati i 5 per mille più ?leggeri?, sotto i 20 euro, mentre i contribuenti ?di peso? hanno preferito convogliare le loro risorse verso l?area della ricerca scientifica. Tra le organizzazioni che hanno raccolto più di 15mila scelte, infatti, primeggia l?Istituto europeo di oncologia dell?ex ministro Umberto Veronesi, con una media di quasi 90 euro per dichiarazione (oltre 7,8 milioni per quasi 88mila firme); fanalino di coda è l?Istituto nazionale istruzione professionale agricola, legato alla Coldiretti, che con oltre 65mila firme si porta a casa ?solo? 836mila euro (media: 12 euro a dichiarazione).

Ci sono però alcuni casi eccellenti: chi non vorrebbe essere, per esempio, nei panni degli amministratori della Fondazione Bonoris ? La fortunata organizzazione, che sostiene progetti di formazione giovanile nelle province di Brescia e Mantova, con soli quattro sostenitori incassa più di 1.200 euro. Chi trova quattro amici…


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