Cultura

Istat: 7,5 minioni di italiani poveri

Al Sud va sempre peggio al Nord in difficoltà famiglie giovani e lavoratori dipendenti

di Riccardo Bonacina

I poveri sono sempre tra noi e continuano a piangere: l’annuale rilevazione dell’Istat ha riscontrato 2.585.000 famiglie in condizione di indigenza, pari all’11,1%. Nel 2004 erano l’11,7%, una differenza che viene giudicata “statisticamente irrilevante”. Le persone che vivono in condizione di povertà sono complessivamente 7.577.000, pari al 13,1% della popolazione. Si avverte solo qualche miglioramente per quel che riguarda gli anziani, ma al Sud l’Istat ha invece riscontrato un ulteriore peggioramento: l’incidenza della povertà nelle famiglie con un elevato numero di componenti è passata infatti dal 36,4% del 2004 al 42,9%.
Il fatto che la situazione in Italia rimanga nel complesso inalterata tutto sommato da anni, ha ricordato l’Istat, è stato giudicato come un dato “inquietante” dal presidente della commissione parlamentare sulla povertà Giancarlo Rovati.
Più povere le famiglie numerose. A pesare al Sud è anche la presenza di famiglie con cinque o più componenti, che presentano decisamente livelli di povertà più elevati: in Italia il 26,2% di queste famiglie vive in povertà, ma al Mezzogiorno la percentuale di attesta al 39,2%.
Al Nord in difficoltà giovani e dipendenti. Se al Sud soffrono le famiglie numerose, al Nord si riscontra comunque un elevato tasso di povertà tra le famiglie con genitori soli (13,4%) e tra quelle che hanno come persona di riferimento un giovane. Le famiglie che hanno a capo un giovane con meno di 35 anni infatti passano dal tasso di povertà del 2,6% a quello del 4,8%. In difficoltà nelle regioni settentrionali anche le famiglie con a capo un lavoratore dipendente: per loro l’incidenza della povertà passa dal 3,5 al 4,2%.
Single e famiglie senza figli più agiati. La diffusione della povertà è più contenuta tra i single e le coppie senza figli di giovani e adulti (di età cioè inferiore ai 65 anni). Secondo l’Istat infatti, solo il 3,5% dei singles e il 4,8% delle coppie senza figli di giovani e adulti vive al di sotto della soglia di povertà.
L’indagine sulla ‘povertà relativa’ dell’Istat si basa sul livello di spesa delle famiglie e dei singoli (e non dunque sul reddito dichiarato, parametro che può essere fuorviante per tante ragioni). Ogni anno, tenendo conto soprattutto dell’inflazione, viene stabilito un livello mensile di spesa al di sotto del quale una famiglia viene considerata povera. Il livello standard del 2005 è di 936,58 euro al mese per una famiglia composta da due persone (la cifra cambia naturalmente al variare del numero dei componenti della famiglia: si arriva a 2.247,79 euro per le famiglie con sette e più componenti).
Dati che imporrebbero di riscrivere completamente il Protocollo sul Welfare tutto di ispirazione novecentesca.

Poveri, poverissimi e a rischio povertà. Oltre alla differenziazione tra poveri e non poveri, l’Istat ne fa di ulteriori distinguendo le famiglie “sicuramente non povere” e quelle “sicuramente povere”. Tra le famiglie non povere infatti c’è una percentuale del 7,9% che presenta livelli di spesa per consumi superiori alla linea standard di non oltre il 20%. “Sono famiglie – spiega Linda Laura Sabbadini, direttore centrale dell’Istat – a forte rischio povertà, è sufficiente un evento imprevisto per farle scendere sotto la soglia”. Oltre la metà delle famiglie “sicuramente non povere” (53,8%) risiede al Nord, mentre i tre quarti di quelle “sicuramente povere” al Sud.


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