Welfare
I Rom e il lavoro: ecco i loro nuovi mestieri
Raccolta rifiuti, servizi di lavanderia: l'esperienza di successo di alcune cooperative
di Redazione
“Il rapporto dei Rom con il lavoro? E’ buono, buonissimo, semmai sono gli altri a non fidarsi di loro”. Parola di Alessandra Longo, che per conto di Opera Nomadi Lazio ha seguito la nascita di una cooperativa di otto donne rom (italiane, romene, bosniache) che attualmente fornisce servizi di lavanderia e stireria per una grande casa di riposo del comune di Roma. ”La cooperativa e’ attiva da giugno 2007 -aggiunge Longo- e funziona bene perche’ il lavoro tra i rom passa in maniera tranquilla. Anzi, sono loro che chiedono di lavorare e ci sono donne che attraversano ogni mattina la citta’ per presentarsi sul posto di lavoro. Il problema vero e’ affermare la cooperativa sul mercato”. Fino alla fine degli anni ’50, le attivita’ dei Rom erano concentrate su antichi mestieri legati a una societa’ prettamente rurale: giostrai, venditori ambulanti, maniscalchi, arrotini, stagnini, allevatori di animali da tiro, questua e chiromanzia. E ai Rom, nel loro nomadismo, era anche affidata l’importante funzione di collegamento tra un paese e l’altro, un servizio importante in una societa’ contadina e prevalentemente analfabeta. Il lavoro era strettamente legato a precisi impegni o ricorrenze quali le fiere, i mercati, l’inizio dei lavori agricoli, le feste.
A testimonianza di questo rimane il fatto che molti dei nomi dei sottogruppi Rom si riferiscono a mestieri ben precisi come Kalderasa (calderai) o Lovara (allevatori di cavalli). ”Fino a prima della seconda guerra mondiale -spiega a LABITALIA Aleramo Virgili, dell’Opera Nomadi Nazionale- i lavori dei Rom si integravano talmente bene nel sistema produttivo che addirittura, per alcuni mestieri, come l’allevatore di cavalli, era indispensabile conoscere parole e frasi in lingua romani’ (la lingua parlata da Rom e Sinti)”. Tutto comincia a cambiare dagli anni ’60, quando l’industrializzazione provoca profondi mutamenti nel contesto socio-economico e gli antichi mestieri non garantiscono piu’ la sopravvivenza. ”Inoltre -ricorda ancora Virgili- prima il nazismo, poi i regimi comunisti dell’Est, cominciarono a decretare la fine del nomadismo”. I Rom, spesso stanziati in periferie urbane, in difficili condizioni economiche e sociali, lavorano in edilizia, fanno i mattoni, girano suonando e oggi si improvvisano rottamai o raccoglitori di carta. Attualmente, a Roma, operano due grandi cooperative: la ‘Phfralipe’ – Fraternita” dove lavorano circa 250 persone, che organizza mercatini Rom, recupero rifiuti ingombranti e pulizia dei cassonetti, e la ‘Romano Pijats’, impegnata nella rivitalizzazione dell’artigianato Rom (rame, abbigliamento, bigiotteria, oreficeria). Ambedue sono presenti nella gestione dello ‘Sportello’ per l’avviamento al lavoro delle comunita’ Rom, Sinti e Camminati, aperto da comune di Roma e Opera Nomadi.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.