Famiglia

Povertà: Caritas Ambrosiana e gli “equilibristi”

Presentato questa mattina il sesto rapporto sulle povertà nella diocesi di Milano

di Antonietta Nembri

Un osservatorio di 290 centro di ascolto collegati a Caritas Ambrosiana che operano grazie a oltre 2mila volontari ed è da 63 di queste antenne nella società che l’Osservatorio diocesano delle povertà e delle risorse trae il suo rapporto annuale, giunto quest’anno alla sesta edizione.
“Gli equilibristi. Tra vecchie povertà e bisogni emergenti” è questo il titolo scelto per raccontare e descrivere la situazione delle 15mila persone che si sono rivolte ai centri di ascolto Caritas scelti come campione.

La ricerca, comeha osservato don Roberto Davanzo, direttore di Caritas Ambrosiana «cerca di studiare le tante forme di esclusione sociale che gli operatori scorgono quotidianamente dietro ai volti delle persone che si rivolgono loro in cerca di sostegno e aiuto». Il profilo di chi si reca ai centri di ascolto presenta stranieri, donne, persone con un?età media di 40 anni, altre caratteristiche sono l?essere coniugati, con permesso di soggiorno per lavoro dipendente, gli immigrati hanno soprattutto una scolarità medio-alta e ovviamente non mancano i disoccupati. Circa il 70 per cento di chi va in un centro ascolto è straniero e le due nazionalità più raprpesentate sono Perù ed Ecuador con, rispettivamente, il 15.4 e il 13.5 per cento.
Quest’anno Caritas Ambrosiana ha acceso l?obiettivo sulla famiglia e questo, come ha osservato don Davanzo «ci ha portato a esaminare la fragilità e la vulnerabilità di tante storie di vita, attraverso il progetto Carta equa». Dall?avvio del progetto Carta Equa, nel 2004, sono state ben 600 le famiglie aiutate a fare la spesa, perché il problema del reddito è ciò che accomuna spesso italiani e stranieri in difficoltà. Una delle principali cause, soprattutto per gli italiani, è l?indebitamento, Luciano Gualzetti, vicedirettore della Caritas Ambrosiana e presidente della Fondazione San Bernardino nella sua analisi ha posto l?accento su due cause principali: l?acquisto di beni superflui o di prima necessità, tra i secondi spiccano le rate del mutuo, l?affitto, le utenze domestiche. «Le famiglie indebitate non hanno sempre la possibilità di affidarsi a una propria rete di sostegno», ha osservato ancora don Davanzo parlando della solitudine. La sensazione di disagio che molti hanno dichiarato agli operatori Caritas nasce anche dall?attuale situazione economica, fragile perché dettata anche dall?abitudine di vivere al di sopra delle reali possibilità, indotti dall?illusione dei facili crediti. Sono loro, gli equilibristi, ai quali basta un piccolo errore o una malattia, per scivolare verso la povertà reale. L’indebitamento, infatti, in base al rapporto è un fenomeno in crescita e molte persone non percepiscono il rischio di uno squilibrio economico.
Dai dati raccolti dagli operatori Caritas emerge che le caratteristiche comuni delle famiglie indebitate sono: incapacità di gestione delle risorse economiche, problemi occupazionali, famiglia monogenitoriale senza sostegno da parte del padre, eventi traumatici e problemi di dipendenza.

Da parte sua Eugenio Zucchetti della facoltà di sociologia della Cattolica di Milano ha ricordato come per gli italiani l?entrata in crisi può avvenire anche lavorando «si può essere lavoratori poveri. Uno se la cava se ha un patrimonio, ma se paga un affitto non riesce ad accumulare delle riserve», ha sottolineato. In pratica il cambiamento del mercato del lavoro, l?ampliarsi dell?area del precariato rende più facile lo scivolamento verso il basso. «La povertà non è un fenomeno statico, ma è una dimensione dinamica, un fenomeno di caduta o ricaduta» ha osservato.

«I risultati di questa indagine, ci portano a riflettere sull’importanza di comprendere sempre meglio le dinamiche della povertà: siamo desiderosi di poterle affrontare, prima di tutto con fede, ma anche con strumenti sempre più calibrati, a misura d’uomo, in un’ottica di accompagnamento che è difficile da realizzare ma sempre più necessaria in un tempo come il nostro, dove troppo spesso l’uomo è un mezzo, non il fine», ha concluso il direttore della Caritas Ambrosiana.


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