Cultura

Vaticano: l’idratazione non è mai accanimento terapeutico

Il Vaticano smentisce le aperture dei mesi scorsi e rimette la barra sulla linea dura: non è mai lecito sospenedere idratazione e alimentazione artificiale, nemmeno quando lo stato vegetativo si protr

di Sara De Carli

La Congregazione per la Dottrina della Fede ha formulato la risposta a due quesiti, presentati da S.E. Mons. William S. Skylstad, Presidente della Conferenza Episcopale statunitense, con lettera dell?11 luglio 2005, riguardanti l?alimentazione e l?idratazione dei pazienti che versano nella condizione comunemente denominata “stato vegetativo”.

L?oggetto delle domande è se l?alimentazione e l?idratazione di questi pazienti, soprattutto se somministrate per vie artificiali, non costituiscano un onere eccessivamente pesante per loro, per i parenti o per il sistema sanitario, fino al punto da poter essere considerate, anche alla luce della dottrina morale della Chiesa, un mezzo straordinario o sproporzionato, e quindi non moralmente obbligatorio. Due domande secche, e due risposte altrettanto concise, approvate dal Papa il 1 agosto e pubblicate oggi dalla Santa Sede.

Primo quesito: È moralmente obbligatoria la somministrazione di cibo e acqua (per vie naturali oppure artificiali) al paziente in “stato vegetativo”, a meno che questi alimenti non possano essere assimilati dal corpo del paziente oppure non gli possano essere somministrati senza causare un rilevante disagio fisico?

Risposta: Sì. La somministrazione di cibo e acqua, anche per vie artificiali, è in linea di principio un mezzo ordinario e proporzionato di conservazione della vita. Essa è quindi obbligatoria, nella misura in cui e fino a quando dimostra di raggiungere la sua finalità propria, che consiste nel procurare l?idratazione e il nutrimento del paziente. In tal modo si evitano le sofferenze e la morte dovute all?inanizione e alla disidratazione.

Secondo quesito: Se il nutrimento e l?idratazione vengono forniti per vie artificiali a un paziente in “stato vegetativo permanente”, possono essere interrotti quando medici competenti giudicano con certezza morale che il paziente non recupererà mai la coscienza?

Risposta: No. Un paziente in “stato vegetativo permanente” è una persona, con la sua dignità umana fondamentale, alla quale sono perciò dovute le cure ordinarie e proporzionate, che comprendono, in linea di principio, la somministrazione di acqua e cibo, anche per vie artificiali.

Una nota della Congregazione per la dottrina della fede commenta così le risposte:
“Nell?affermare che la somministrazione di cibo e acqua è moralmente obbligatoria in linea di principio, la Congregazione della Dottrina della Fede non esclude che in qualche regione molto isolata o di estrema povertà l?alimentazione e l?idratazione artificiali possano non essere fisicamente possibili, e allora ad impossibilia nemo tenetur, sussistendo però l?obbligo di offrire le cure minimali disponibili e di procurarsi, se possibile, i mezzi necessari per un adeguato sostegno vitale.
Non si esclude neppure che, per complicazioni sopraggiunte, il paziente possa non riuscire ad assimilare il cibo e i liquidi, diventando così del tutto inutile la loro somministrazione. Infine, non si scarta assolutamente la possibilità che in qualche raro caso l?alimentazione e l?idratazione artificiali possano comportare per il paziente un?eccessiva gravosità o un rilevante disagio fisico legato, per esempio, a complicanze nell?uso di ausili strumentali.
Questi casi eccezionali nulla tolgono però al criterio etico generale, secondo il quale la somministrazione di acqua e cibo, anche quando avvenisse per vie artificiali, rappresenta sempre un mezzo naturale di conservazione della vita e non un trattamento terapeutico. Il suo uso sarà quindi da considerarsi ordinario e proporzionato, anche quando lo “stato vegetativo” si prolunghi”.

Info: www.vatican.va


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