Volontariato

Congo, nuovi scontri: 50mila persone in fuga

Da Goma la testimonianza di Edoardo Tagliani, rappresentante Avsi in Congo

di Redazione

Da Goma – 9 settembre, Edoardo Tagliani

Cinquantamila persone in fuga. Questo il bilancio provvisorio dell?ennesima guerra del Kivu, nell?Est della Repubblica Democratica del Congo, area nella quale Avsi è presente ininterrottamente dal 2001 con diversi progetti in sostegno della popolazione. L?intera zona, ufficialmente pacificata nel 2003 dopo quasi 10 anni di conflitto, non ha mai cessato di essere teatro di un?estenuante guerriglia tra forze regolari e ribelli. Dopo quasi sei mesi di relativa calma durante i quali gli scontri erano localizzati e sporadici, la ripresa del conflitto tra ribelli ed esercito regolare fa data dallo scorso lunedì 27 agosto.

Lo staff di Avsi si è trovato costretto ad evacuare 45 persone (muratori, carpentieri e manovali) che stavano lavorando a quattro cantieri per la ristrutturazione di diverse scuole nei pressi di Masisi. Un?altra quindicina di persone, tra formatori di insegnanti ed assistenti sociali, che lavorano per Avsi al progetto di sostegno a distanza, sono stati riportati a Goma, città capoluogo del Nord Kivu, da diverse zone periferiche come Mweso, Kitshanga, Rutshuru, Jomba, Karambi. Tutti luoghi dove, purtroppo, negli ultimi 15 giorni si sono verificati scontri a fuoco. Al momento, l?equipe Avsi sta cercando di monitorare costantemente la situazione e di organizzare una risposta adeguata che potrà avere luogo non appena gli scontri si calmeranno e sarà possibile uscire dai confini della città di Goma senza eccessivi rischi per il personale. Nel contempo, è stata avanzata anche una proposta a Unicef , partner di Avsi in Congo, per la creazione di squadre mobili per la formazione e l?assistenza psicosociale agli insegnanti e ai bambini vittime dei conflitti.

I soldati della Fardc (esercito nazionale) e quelli agli ordini del generale Laurent Nkunda, erano stati i protagonisti dell?ennesimo tentativo di unificazione dell?armata. Attraverso un processo chiamato ?mixage?, le differenti anime della guerriglia congolese si erano raggruppate sotto un?unica bandiera. Tale tentativo è però fallito drasticamente proprio a fine agosto, quando i miliziani di Nkunda hanno abbandonato le nuove brigate ?miste?. Il via alle ostilità l?ha dato un razzo anticarro che ha centrato un?auto della scorta di un ufficiale delle forze governative.
Lo scorso lunedì 3 settembre, che per inciso avrebbe anche dovuto essere il primo giorno di scuola per gli oltre 500.000 studenti della Provincia, la situazione è drasticamente precipitata, dopo sette giorni segnati da azioni di disturbo nei territori di Rutshuru e Masisi e da forti scontri in alcuni villaggi ad Ovest di Goma.

Tutto intorno alla città si sono aperti diversi fronti di combattimento che hanno obbligato più di 50.000 persone a fuggire verso zone considerate sicure. Alcuni hanno guadagnato la periferia di Goma, altri, tagliati fuori dalle linee di fronte, sono stati costretti a ripiegare in foresta. Le stime più prudenti prevedono l?aumento del numero di fuggitivi sino a 320.000 persone che, nelle prossime settimane, cercheranno di scappare dalle zone di guerra. Come sempre, la situazione resta volatile ed imprevedibile.
Nelle scorse ore (venerdì 7 settembre) i Caschi Blu delle Nazioni Unite sono riusciti ad ottenere una tregua momentanea arrestando l?avanzata dei ribelli su Goma. Gli uomini di Nkunda, infatti, come storicamente accade senza troppe eccezioni, stavano avendo la meglio sull?esercito regolare, male armato, peggio addestrato e perennemente affamato. Questo non significa però che le Nazioni Unite considerino terminata la partita, tanto che quasi tutte le truppe del Palazzo di Vetro sono rientrate in città per organizzare una perimetro di protezione. Inoltre, le agenzie Onu (Unicef, Pam, Fao) hanno diramato comunicati in cui consigliano di evitare spostamenti fuori città e di ridurre quelli interni dopo il tramonto.

Accanto al bollettino di guerra, esistono numeri e dati drammatici che riguardano la situazione d?emergenza in cui si trovano decine di migliaia di persone. Non solo l?esplosione della guerra ha coinciso con l?inizio del nuovo anno scolastico, ma anche con i primi giorni della stagione delle piogge. Ciò significa due cose: la prima è che coloro i quali non sono riusciti ad arrivare alla periferia di Goma, ma sono scappati in foresta, si troveranno a fare i conti con situazioni climatiche proibitive. La seconda è che se non potranno tornare a breve nei loro villaggi, non potranno coltivare i loro campi (spesso unica fonte di sussistenza) perché perderanno il periodo di semina.

Appena fuori Goma, le agenzie Onu e le Ong stanno organizzando un campo per dare riparo ad una parte delle persone in fuga. E? una pessima notizia: negli ultimi quattro anni, gli episodi di guerriglia non sono mancati, ma non erano più stati attrezzati campi d?accoglienza predisposti per il medio periodo (latrine, punti per la distribuzione dell?acqua, posti letto e scuole allestite in legno e plastica). E? il segno che, probabilmente, il rientro delle famiglie alle loro case non sarà immediato.
Ad aggiungere preoccupazione a un quadro già di per sé sconfortante, pesano notizie che arrivano dai piccoli centri ospedalieri sparsi sulle colline. In tre di questi sono stati segnalati episodi di violenza etnica che non si verificavano da tempo. Al dispensario medico di Masisi, per esempio, sono state ricoverate due donne alle quali sono state amputate entrambe le mani a colpi di machete. Inevitabile ascoltare terribili eco delle guerre che in passato seppero devastare l?area dei Grandi Laghi.

Tutte le famiglie con cui Avsi lavora da anni, sanno che questo è un brutto momento come tanti altri brutti momenti che hanno già dovuto affrontare. E forse non sarà l?ultimo. Sanno che non c?è modo di evitarlo o di fuggire. Ma sanno anche che non sono soli e che, non appena possibile, Avsi tornerà a fare ciò che stavano facendo prima della guerra. E se sarà necessario ricominciare da capo, da capo si ricomincerà. Insieme. Come al solito.


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